Foto di Giovanni Giovannetti. mento di orizzonte 1o sto pagando in perdita di competenza specifica, perché oggi - mentre non sarei più assolutamente in grado di firmare un articolo sulla retina come ho fatto in passato - non ho ancora acquisito un'altra competenza ugualmente solida nel campo della psicologia cognitiva. , Mi rendo conto che, purtroppo, o si sa una cosa, o non se ne sanno due. È un problema di scelte. A suo tempo hai intrapreso una nuova strada per l' insoddisfazione che ti veniva ddl tuo modo di vita, dal iuo ambiente di lavoro. Dopo L'occhio e l'idea, il tuo primo libro di una certa risonanza chepiacque molto alta/o Calvino; dopo Forma fluens, di cuifu tra l'altro particolarmente apprezzata l'eleganza dello stile; soprattutto dopo il recente esordio nella narrativa con Segesta, domani, ti consideri uno scrittore a pieno titolo? Sinceramente direi di no. A parte il fatto che ho scritto con onestà, perché avevo qualcosa da dire, devo ammettere di aver trovato molta difficoltà nel farlo. Mi rendevo conto giorno dopo giorno che incontravo problemi tecnici, professionali, per i quali non sono attrezzato. Per esempio, l'enorme difficoltà di scrivere i dialoghi senza farli piventare una tua dichiarazione di principio, odegli artificiosi interventi di tipomaieutico perfarprocedere l'azione o una scoperta ... Temo che nel mio romanzo si alternino ancora due topoi classici: il dialogo e la descrizione, còsì come ho imparato a suo tempo al liceo. In realtà, uno scrittore fa ben altro: inventa le condizioni espressive, non le subisce, non le perpetua. Per questo sòno molto dubbioso; comunque, ci ho provato. E il tuo "sconfinamento scientifico" verso la storia dell'arte ti ha dato delle soddisfazioni professionali? . Direi di sì. La storia dell'arte, qui da noi, è un argomento delicato, cui forse l'aggettivo provinciale non si attaglia male; ho la sensazione che molti manuali e libri si muovano su direttrici storiografiéhe un po' superate, nobilissime ma arcaiche. Di Forma fluens ha colpito molto l'approccio diverso, che isola una caratteristica del mondo percettivo- il movimento-· secondo un'ottica tipica del mondo anglosassone. Per questa· SCIENZA/PIERANTONI ragione, è stato giudicato un libro un po' anomalo, ma stimolante dal punto di vista della curìosità intellettuale. Non ti sembra chç la tua attuale dimensione di intellettuale "a largo raggio" risulti un po' ambigua? E ilfatto di spostarti continuamente per partecipare a conferenze, seminari, tavole rotonde, stàges, dibattiti ecc. non ti costringe, per forza di cose, a trascurare la ricerca in senso stretto, con un conseguente slittamento di appartenenza verso la ribalta mondana? Spero proprio di no. Pur non dedicandomi più alla ricerca sulla retina, uggi sto facendo altri studi di percettologia, sempre eon una ben definita finalità scientifica: il mio campo di ricerca riguarda adesso il disegno infantile, con un progetto della Comunità Europea che sto organizzando e di cui stiamo producendo i primi lavori, compresa una banca-dati. Certo, mi rendo conto che il mio impegno scientifico può aver subito qualche danno da questo mio andar~ sovente qua e là, che forse ha anche . un aspetto·mondano; cioè di contatti, di immagine eccetera. Ma non sarei così manicheo. Comunque il pericolo esiste e i.o lo avverto, anche se finora credo di essermi salvato perché sono riuscito a evitare di ripetermi o di lasciarmi trascinare a parlare di cose di cui non mi intendo. Mi rendo conto che questo comportamento inevitabilmente deteriorerà, se non prenderò delle precauzioni, se cioè non istituirò un codice di decisionalità. In questi anni sono àndato in giro un po' troppo, e ho perso del ·tempo. Queste occasioni si stanno accumulando troppo, dovrò essere più precfao e deciso: qui vado, là no. Anche perché le richieste da parte di comuni, provincie, enti pubblici che vogliono fare attività culturale aumentano sempre. Sarà che hanno più soldi, non hai idea dei soldi che si spendono in Italia! Al limite· della. bestemmia, starei per dire che non bisognerebbe più finanziare le cosiddette attività culturali! Negli ambienti della ricerca scientifica, come è visto questo aspetto "mondano"? Andare a congressi che non siano quelli curricolari è considerato una perdita di tempo poco adatta al comportamento medio di un ricercatore. C'è quindi un atteggiamento fra- lo stupito e il critico, un senso di vago malessere. E si può capire: noi siamo stati sempre rigorosamente invisibili, e questa invisibilità - un po' a torto secondo me - è stata considerata una caratteristica nobile: lo scienziato sta chiuso nel suo laboratorio e parla solo attraverso quello che è l'atto formale della sua attività, la pubblicazione scientifica. Di conseguenza, si deve andare solo ai congressi deputati. Ma anche quelli, quelli internazionali a cui si continua ad andare, sono molto cambiati, sia come andamento morale che scientifico: molti di questi congressi sono organizzati da grandi società farmacologiche, da compagnie di viaggi; si svolgono in località di rinomanza turistica, in complessi plurialberghieri; vi partecipano migliaia di persone, ci sono moltissime sessioni che vanno in parallelo e a cui non si può certo essere presepti contemporaneamente. Ci si riduce quindi a correre da una parte all'altra, a incontrarsi nei corridoi, mangiare assieme ecc. Il tessuto vero di questi congressi è ormai . l'incontro fra le persone: un po' come la mia Scuola di Erice. Insomma, mentre un tempo - ancora quando io ho iniziato la 75
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