Linea d'ombra - anno IX - n. 57 - febbraio 1991

I DI Riffi DELL I UOMO SONO UN NUOVO IMPERIALISMO? Emmanuel Levinas traduzione di Saverio Esposito Eccoci lontani da ogni imperialismo. Alla nozione dei diritti dell'uomo appartengono ormai- inseparabili e in numero che è in continua crescita - tutte le regole legali che condizionano l'esercizio effettivo di questi diritti. Ed ecco, dietro i diritti alla vita e alla sicurezza, alla libera disposizione dei propri beni e ali' eguaglianza di tutti di fronte alla legge, alla libertà di pensiero e di espressione del pensiero, ali' educazione e alla partecipazione al potere politico, tutti quegli altri diritti che li prolungano o li rendono concretamente possibili: i diritti alla salute, alla felicità, al lavoro e al riposo, alla casa e alla libera circolazione, eccetera. Ma anche, al di là di tutto questo, il diritto di opporsi allo sfruttamento capitalistico - diritti sindacali - e finanche il diritto al progresso sociale; al perfezionamento - utopico o messianico-della condizione umana, il diritto all'ideologia così come il diritto alla lotta perii diritto integrale dell'uomo e il diritto di assicurare le condizioni politiche di questa lotta. La modernità dei diritti dell'uomo arriva certamente fino a tanto! Certamente è anche necessario chiedersi quali siano l'urgenza, l'ordine e la gerarchia di questi svariati diritti e se essi non compromettono i diritti fondam~ntali qualora si esiga tutto sconsideratamente. Ma non si tratta, così facendo, di riconoscere un limite alla difesa di questi diritti; non si tratta di contestare, si tratta di porre un problema nuovo a proposito di un diritto incontestabile e, senza pessimismo, di dedicargli una riflessione necessaria. In questo senso la pienezza, dinamica e sempre crescente, dei diritti dell'uomo si presenterebbe come inseparabile dallo stesso riconoscimento dei diritti dell'uomo detti fondamentali, dalla loro esigenza di trascendere, in qualche modo, ciò che la natura pura può comportare di inumano e il corpo sociale di cieche necessità. L'unicità e l'irriducibilità della persona umana si trovano rispettate e si affermano concretamente attraverso l'attenuazione della violenza a cui si trovano esposte nell'ordine o nel disordine èfel determinismo del reale. Ma lo sviluppo della scienza e della tecnologia, dovendo rendere possibile il rispetto effettivo dei diritti allargati dell'uomo può a sua volta introdurvi degli ostacoli. La tecnica stessa può comportare esigenze inumane, che si costituiscono in un nuovo determinismo, che minacciano i liberi movimenti che essa dovrebbe rendere possibili. In una società completamente industrializzata o in una società totalitaria - che è proprio il risultato delle tecniche sociali che si vogliono perfezionate - i diritti dell'uomo si trovano compromessi dalle pratiche stesse di cui hanno fornito la motivazione. Meccanizzazione e asservimento! E questo prima di evocare il tema banale della concomitanza del progresso tecnico e del progresso di armamenti distruttori e della manipolazione abusiva delle società e delle anime. Di qui una dialettica che sarebbe troppo facilmente possibile condurre fino alla contestazione o alla condanna della tecnica, senza ç1spettarsi una possibilità di equilibrio da un eventuale ritornar su se stesse del la scienza e della tecnica. Problemi che non si possono passare sotto silenzio, poiché dal progresso tecnico non dipende soltanto un nuovo sviluppo dei diritti dell'uomo nei paesi "civilizzati" bensì il rispetto dei diritti elementari dell'uomo nel "terzo" e "quarto" mondo minacciati dalla malattia e dalla fame. Ma i diritti dell'uomo-e cioè la libertà di ciascuno, l'unicità 68 della persona~ non corrono anche il rischio di venir smentiti o soffocati dai diritti dell'altro uomo? Ciò che Kant chiama "regno dei fini" è una pluralità di libere volontà, unite dalla ragione.Una libertà non è tuttavia, per l'altra volontà, la sua possibile negazione e di conseguenza, quantomeno, una limitazione? Principio di guerra tra libertà molteplici o conflitto che, tra volontà ragionevoli, deve risolversi tramite la giustizia: un diritto giusto, conforme alle leggi universali, si lascerebbe trarre dall'opposizione tra molteplici volontà. E certamente, attraverso o con il rigore della giustizia che si impone alle "incomparabili unicità" delle persone, libere, si assiste alla nascita meravigliosa- nascita "nel dolore"- dello spirito oggettivo del vero. Ma questa giustizia costituisce nondimeno una certa limitazione del diritto e della volontà libera. È poi certo che, in effetti, la volontà intera sia ragion pratica in senso kantiano? Non comporta una parte incoercibile che il formalismo dell'universalità non può riuscire a obbligare? E possiamo perfino chiederci se, nonostante Kant, questa incoercibile spontaneitàche testimonia e della molteplicità degli umani e dell'unicità delle · persone - non sia già patologia e sensibilità e "cattiva volontà". Rimane anche il problema di sapere se la limitazione del diritto tramite la giustizia non possa essere già stato un modo di trattare la persona come un oggetto, sottoponendola - lei, l'unica e incomparabile - al paragone, al pensiero - al passaggio sulla famosa bilancia della giustizia-e, in tal modo, al calcolo. Di qui la durezza essenziale della legge, che offenderebbe nella volontà una dignità altra da quella che accede al rispetto delle leggi universali. Nient'altro che la dignità della bontà! L'universalità della massima dell'azione che vorrebbe la volontà assimilata alla ragion pratica può non rispondere a tutta la buona volontà. Limitato così dalla giustizia, il diritto dell'uomo non rimane diritto represso, e la pace che instaura tra gli uomini una pace ancora incerta e sempre precaria? Cattiva pace, migliore, certo, di una buona guerra! Ma pace astratta, che cerca stabilità nei poteri dello Stato, nella politica che assicura l'obbedienza alla legge con la forza. Di conseguenza, ricorso della giustizia alla politica, ai suoi stratagemmi e alle sue astuzie: ordine razionale che si ottiene a prezzo di necessità proprie dello Stato, che vi sono implicate. Esse costituiscono un determinismo altrettanto rigoroso di quello della natura indifferente all'uomo, anche qualora la giustizia - il diritto della libera volontà dell'uomo e il suo accordo con la liberà volontà di un altro - dovesse aver servito, in partenza, di fine o di pretesto alle necessità politiche. Finalità presto misconosciuta nelle deviazioni che si impongono nella pratica dello Stato. Finalità presto perduta nel dispiegamento dei mezzi messi in azione. E nell'eventualità di uno Stato totalitario, ecco l'uomo represso e i diritti dell'uomo sbeffeggiati e la promessa di un ritorno finale ai diritti dell'uomo tontinuamente rinviata. Il marxismo, di cui sarebbe ingiusto misconoscere l'originaria amicizia per l'altro uomo, diffidente verso una filantropia solo ispirata - senza doveri, senza obblighi, senza i diritti dell'altro uomo, - ha riposto tutta la sua fiducia nei calcoli di una politica. Lo stalinismo ne fu l'indimenticabile smentita. Questo significa anche-è importante sottolinearlo - che la difesa dei diritti dell'uomo risponde a una vocazione esterna allo

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