Linea d'ombra - anno IX - n. 57 - febbraio 1991

svaporare come un miraggio sulle sabbie del deserto. Ma non era nemmeno il miraggio. Era invece il segno del dominio e del privilegio, della contabilità fredda che assegna al 20% della popolazione mondiale l'uso e il consumo dell'80% delle risorse. Il segreto degli anni Ottanta è questo, banale e brutale, ed è anche il segreto ultimo della guerra in corso, che proprio per questo è la continuazione con altri mezzi dell'euforia e del!' "edonismo" reaganiani. Ben al di là dei suoi motivi contingenti, dunque, la guerra sta rivelando molte cose. Rivela anche limiti, vecchiezza e novità del "pacifismo". SopnHtutto del pacifismo più politico, eredità delle precedenti fasi di mobilitazione, legate al tempo e al mondo dei "blocchi". I guerrafondai e i sepolcri imbiancati che insultano marce e veglie e assemblee per la pace di queste settimane si sbagliano o provocano coscientemente. La gran parte dei giovani e det ragazzi che si sono mobilitati non è ascrivibile a vecchi schieramenti, e tantomeno allacausadi Saddam. Nemmeno dimostra certezza assoluta, anzi è davvero frequent~ il ricorso a un linguaggio dubitativo, indice di pensieri e sentimenti che si interrogano e mutano spesso. Perfino i sondaggi lo confermano, ma del resto basta osservare - se non parteciparvi - le espressioni pubbliche di questa volontà di pace, nettissima comunque sul punto del "cessate il fuoco". A essere in ritardo, ancorati a vecchi schemi, sono piuttosto i "pacifisti" storici. Lo si è visto dopo il 2 agosto, IL CONTESTO quando non si è saputo articolare una vera e credibile linea di intervento alternativa alla scelta bellicista prevalente. Le parole di Pietro Ingrao, in quell'occasione, furono in Parlamento piene di passione ma prive di indicazioni, e la spaccatura nel Pci fra chi si asteneva dal votare l'embargo e chi addirittura non partecipava al voto (come Ingrao) lori velava clamorosamente. Ora l'incalzare dei' fatti costringe a ripensare la linea pacifista, e la discesa in cainpo di nuove generazioni prive dei retaggi delle vecchie stagioni può dare a questo ripensamento una spinta vitale, un orizzonte più chiaro. Si pensi per esempio alla questione di Israele. Il mod~ ·n cui se ne ~ discusso nelle scuole, quasi ovunque, dopo gli attacchi irakeni, è davvero incoraggiante. L'idea che Israele abbia diritto di esistere in pace, a fianco di uno Stato palestinese è apparsa, salvo becere eccezioni, ovvia e giusta come mai era accaduto in questi anni. Le ultime generazioni, che ripetono soprattutto le parole del Papa sulla pace, sembrano laicissime sulle questioni che più spinose erano state per il vecchio pacifismo. Non è affatto scontato che le cose continuino così. La guerra rende brutali, semplifica, accieca. La polemica politica, specie in un paese come il nostro, fa strame anche delle migliori intenzioni, e disgusta, allontana, riapre il camp'o ai "professionisti" (anche nella parte di "movimento"). Ma non è scontato che vada così. Se andrà diversamente, uno spiraglio si aprirà nel conformismo dominante e nello stesso abbuiatoe insterilito fronte dell'opposizione. · E così, le peggiori previsioni si vanno avverando e anche quella piccola area privilegiata del mondo preservata dalle guerre e dai grandi conflitti alla quale noi apparteniamo è stata coinvolta, e niente sarà più come prima. Il carnevale degli anni Ottanta ha chiuso i battenti, anche se ne restano echi e presenze nei modi di fare politica, nelle vociferazioni dei media e degli opinionisti "pubblici" e "privati", mai così solerti, e nelle reazioni delle maggioranze. Cambiamenti Goffredo Fofi per collaboratori e tematiche. Proseguirà nel frattempo la pubblicazione dei libretti della collana "Aperture", e altre iniziative sono previste, a cominciare da un convegno sulla figura di Leonardo Sciascia da tenersi in primavera a Milano - suggerito anche dalla necessità di reagire al nuovo e crescente distacco Nord-Sud in atto nel nostro paese. Pensiamo inoltre, per l'autunno, a un convegno sul- !' opera di Elsa Morante e a un altro sulla "fine del comunismo" affrontato con giovani storici di varie parti d'Europa. È probabile infine che si possano ripetere, con altre modalità, i nostri incontri "NordSud-Est-Ovest" tra artisti e studiosi di varia provenienza che noi stimiamo per il ioro pensiero e per la loro azione, e dai quali ci attendiamo testimonianze di altre realtà e contributi alla nostra chiarezza. La guerra è una presenza, è un incubo divenuto ben reale nonostante le mistificazioni di cui viene quotidianamente ammantato. Comunque vada, niente sarà più come prima. E non basta più, nel minimo che ci riguarda, una vigilanza solo intellettuale al limite del cassandrismo, la proposta di altre culture e dimensioni, il ragionare del presente con occhi non accecati dalle false coscienze e dai narcisismi, il rifiuto della supinità culturale e morale ai poteri e quello congiunto degli ideologismi, così forte nella vecchia sinistra ma anche in quei brandelli di nuova malamente sopravvissuti al disastro dei tardi Settanta. Come rivista (non come suoi singoli redattori e collaboratori, va da sé), non si tratta certamente di rinnegare il lavoro fatto nel corso dello scorso decennio, né di proporsi compiti che non ci sembra spettino a una rivista, o quantomeno a una rivista come è la nostra. E peraltro i pochi cambiamenti che annunciamo erano in preparazione da mesi, dettati appunto dalla coscienza di "salti di qualità" indispensabili, dall'assunzione di compiti più precisi. Quello che cambierà soprattutto sarà probabilmente un certo spirito, un certo modo di vedere e fare la rivista, e insomma un rapporto con la realtà del nostro tempo che diventi meno evasivo, più radicale. Che i primi di questi cambiamenti avvengano proprio oggi, ancora dentro il primo mese di una guerra odiosa, è casuale, ma nondimeno significativo. Da questo numero, la direzione di "Linea d'ombra" si allarga ad alcuni dei collaboratori più assidui, quelli che più hanno contribuito alla sua elaborazione e alla sua crescita. Questo dovrebbe portare ad assicurare in particolare alla "critica della politica" una presenza e una incisività maggiori. Avevamo pensato a lungo, nei mesi scorsi, ali' eventualità di un. cambiamento nella periodicità, passando da mensile a quindicinale. Per motivi molto oggettivi e molto comprensibili e in alcuni per qualche soggettiva perplessità, il progetto non ci è parso attuabile. Non siamo purtroppo in grado - economicamente, e di conseguenza organizzativamente - di ipotizzare per il momento una periodicità diversa da quella del mensile, pur in un paese in cui il sistema dei media produce quotidianamente eccesso e spreco, una sarabanda dell'inutile e del dannoso. Alcune delle trasformazioni che avevamo previste cercheremo bensì di attuarle lo stesso. La prima è l'apertura di uno spazio trimestrale da riempire in collaborazione con altre testate e con gruppi attivi nel tessuto sociale del nostro paese su temi di interesse primario, ma anche per far conoscere e documentare iniziative, interventi, posizioni che ci sembrano importanti per tutti e con i quali avvertiamo affinità di fondo. La seconda, è l'elaborazione di una rivista trimestrale, dapprima in forma di supplemento di "Linea d'ombra", dedicata alla analisi della realtà e delle possibilità delle figure di "educatori" e trasmettitori di cultura presenti dentro e fuori le istituzioni (insegnanti soprattutto, e assistenti sociali, operatori e animatori, preti, ecc.); alle etiche di quelle professioni suscettibili, nonostante tutto, di un intervento degno nella società; alle modalità negative e positive della trasmissione di valori e cultura. Questa rivista dovrebbe rendersi presto autonoma nelle nostre speranze, restando evidentemente legata al suo lavoro, · Tutto questo può essere fatto. solo con l'aiuto dei lettori. Più concretamente, proporremo, in tempi brevi, una qualche forma di loro aiuto finanziario (per esempio, per dire la cosa più semplice e più immediata, con l'abbonamento sostenitore) che ci permetta di affrontare queste e altre iniziative, il potenziamento del nostro lavoro, il contatto e scambio con le iniziative cui ci sentiamo più vicini, il rapporto con quei lettori interessati non solo alla lettura di testi belli e intelligenti e utili e alla miglior conoscenza di altre culture, ma anche a progetti il più possibile comuni di critica attiva dell'esistente. 5

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