Linea d'ombra - anno IX - n. 57 - febbraio 1991

IL CONTESTO Dentro la guerra Glianni Ottanta vanno alla guerra Gianfranco Bettin "La verità fugge dai vincitori": le parole di Simone Weil dovrebbero risuonare alte in questi giorni, sul Golfo e ovunque si sia preparato il macello che lì si compie. In effetti, i probabili "vincitori" della guerra in corso, la verità l'hanno forse perduta nel momento stesso in cui hanno scelto la via militare come unica risposta all'invasione irakena del Kuwait. Dopo il 2 agosto infatti sarebbe stato possibile attivare una strategia differente: inviare una forza dissuasiva nel Golfo sotto un comando veramente unitario da parte dell'Onu; attuare un embargo strettissimo che avrebbe potuto funzionare per la prima volta, non essendoGi nessuna grande potenza a far da sponda a Saddam "nutrendolo" (il presidente della Commissione Forze Armate del Senato Usa, Sam Nunn, ha dichiarato nel dibattito che ha preceduto l'intervento militare: "Il blocco ha ridotto quasi al 100%le esportazioni dell'Irak, ha ridotto più del 90% le sue importazioni, dimezzando il suo prodotto interno lordo che sarebbe presto diminuito di un altro 20%. Il Paese sarebbe stato messo in ginocchio e ciò avrebbe esposto Saddam alle rappresaglie di una popolazione esasperata"). Si poteva, ancora, agire nella prospettiva di un tavolo di mediazione per tutte le questioni aperte nel Medio Oriente, escludendo l'Irak invasore, strappando di mano a Saddam la bandiera dei diritti dei Palestinesi (e, anzi, ritorcendogli contro quella e quell'altra, dei Curdi, oltre che del Kuwait). C'era dunque un'altra via, articolata e credibile, forte. Aveva bisogno di tempo e di raziocinio, non di ultimatum. Si è scelta invece "l'avventura senza ritorno", con (!na facilità che dovrebbe sgomentare chiunque e che risponde in primissimo luogo alla volontà di ridisegnare le gerarchie del mondo uscito dalla "guerra fredda", ma forse anche a più meschine ragioni, a cause più banali (come banale, appunto, è spesso il "male"). Gtinther Anders ha sostenuto che la catastrofe rischia di venire non per causa di qualche "genio malefico" o scienziato pazzo, ma per l'insensatezza e la sciatteria di uomini potenti che non sanno immaginare le conseguenze delle loro azioni. E questo del Golfo sembra un caso esemplare del genere. Che dire di due potenti che si scambiano battute di questo tenore? Saddam: "Bush non oserà bombardare, perché non ha le palle". Bush: "Ah sì? Lo prenderò a calci in culo, quel Saddam!". In queste mani è la guerra e, prima, era la pace. Ovvio che Woytila sia parso un gigante di saggezza in un simile coro, pressoché l'unico potente del mondo a pronunciare parole appropriate. E quanto all'Italia, ai suoi governanti, lo spettacolo è stato davvero il più repellente fra tutti quelli offerti, in sede decisionale, dagli "alleati". Essi sono i più falsi fra i politici dei paesi "avanzati". Gli unici a tentare perfino di nascondere che di guerra autentica si trattava, usando sofismi e perifrasi, del resto come sempre si usa da noi (nel caso "Gladio" se n'è fatto altrettanto sfoggio). Gli unici, anche, a dimostrare un servilismo assoluto nei confronti di ogni mossa statunitense, senza osare alcun distinguo. Tra il Papa e i suoi dubbi e appelli drammatici e le tetragone certezze di Bush, Andreotti ha scelto quest'ultimo, cioè il Padrone invece del Curato. E forse non 4 la pagheranno nemmeno cara, i nostri poitticanti. Forse hanno detto le falsità che la gente, molta gente, voleva sentire. Il nostro non è un paese che ama la verità. Non quella trasparente e diretta, almeno. E questo non per paura o per evangelica ripulsa dello scandalo, bensì per cinismo e calcolo. Si dicano le cose a metà, le si edulcori e addomestichi, un passo alla volta, una parola alla volta, e si potrà far passare ogni cosa, andare ovunque, perfino alla guerra.L'enormità di una tale decisione, la prima guerra cui l'Italia partecipi nella sua storia repubblicana, violentando la propria stessaCostituzione, è avvenuta così, nel più andreottiano e meschino dei modi. La verità è fuggita da un pezzo da queste parti, qualunque esito abbia la guerra.L'armata alleata sotto il comando statunitense probabilmente vincerà, alla fine, nelle sabbie e sui cieli delle "Mille e una notte". Vincerà con i missili e i computer, con i morti, i feriti, i perduti tra le proprie e altrui file e soprattutto tra le file degli inermi. Con le devastazioni forse irreparabili inflitte a luoghi ricchi di storia e di bellezza. Ma inflitte anche alle proprie iniziali ragioni - il "diritto violato" da Saddam - che fuggono pur esse, come la verità, di fronte a una tale spaventosa "vittoria". Anche la profezia di Gtinther Anders trova conferma nell'andamento della guerra. Tutti i calcoli sono stati sbagliati, da parte "alleata" (inrealtà, statunitense). Fatta salva lapervicacia militarista, tutto il resto - modalità concrete e scenari - si è discostato .dalle previsioni dei Comandi. La guerra chirurgica, telematica ed elettronica, descritta in prèsa diretta, la guerra perfino bella cantata a caldo da Giorgio Bocca e che esce dalle parole affabulate di un "top gun" reduce dal primo bombardamento di Baghdad ("il cielo si è illuminato di luci rosse e verdi ... sembrano le celebrazioni del 4 luglio sotto il monumento di Washington ... la città assomiglia a un gigantesco albero di Natale: .."), questa guerra fulminea e asettica ed entusiasmante si è ben presto rivelata lunga, complicata, sanguinosa, devastante, oscura. Una guerra, come tutte le guerre, che suscita soprattutto orrore e pietà. E protesta, anche. Sentimenti i primi due ancora tollerati e anzi perfino esibiti dagli stessi che la guerra hanno voluto o difendono sui "media". Ma la protesta invece no, la si bandisce e insulta. L'Italia di oggi è un paese in cui parlare di pace fa scandalo. Parlarne concretamente, ora, chiedendo di cessare il fuoco e di tornare a trattare, ché di pace generica parlano anche i nostri Signori della Guerra (Signori proprio nel senso del Dylan di Masters of War, cioè fabbricatori e venditori di armi, oltre che. militaristi e'bellicisti, e allevatori di tiranni: ora sappiamo che oltre ad aver aiutato Saddam in vari modi, finanziandolo con la Banca Nazionale del Lavoro, per esempio, l'Italia è il paese che gli ha venduto, oltre alle armi vere, anche ì carriarmati e le rampe missilistiche finte, in plastica, di cui i "top gun" hanno fatto inutile strage, e addirittura uno dei paesi che ha perfezionato il rendimento degli Scud iracheni che piovono sugli "alleati" e su Israele). La guerra, insomma, rivela molte cose anche di noi, di ciò che il nostro Paese è diventato in questi anni. In,i'mcerto senso, anzi, essa è il frutto perfetto e autentico del decennio appena trascorso, gli Ottanta che l'hanno preparata e resa possibile oltre che nei rapporti politici, economici e strategici internazionali, oltre che nelle tecnologie militari, dentro le coscienze (nelle "false coscienze") degli abitanti del nostro ricco lembo di mondo. L'immensa, colorata, confortevole menzogna degli anni Ottanta, il solo vero, lungo, osceno week-end post-moderno che abbiamo vissuto, sembra

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