Linea d'ombra - anno IX - n. 57 - febbraio 1991

CAMBIARE GLI ORIZZONTI Incontro con Yusef ldris a cura di Luisa Orelli Fotodi FuodElkoury. Prima o poi il premio Nobel doveva venir assegnato a uno scrittore arabo. È stato scelto, per il 1988, lo sappiamo, Naghib Mahfuz, l'ultimo rappresentante di una generazione. Molti però hanno contestato questa scelta, avrebbero invece scommesso su Yusef Idris, il precursore: l' il'Jnovatore, l'audace._ Nato nel 1927 in un villaggio çi.ellaprovinciG;egiziana, Yusef ldris era medico prima che scrittore, e ancora oggi resta, per il suo pubblico, il "dottore che scrive", ormai da quasi cinquant'anni, novelle soprattutto, ma anche commedie in dialetto egiziano, e articoli spesso polemici sulle colonne della più grande istituzione della stampa araba,ilquotidiano "'ElAhram". Gli resta un che di taumaturgico in quesJo riuscire ad agire, e magistralmente, su più registri, nella sua capacità di trasformare, personalizzare quasi, generi letterari peraltro diversi. Yusef ldris è punto di riferimento e esempio per tutta la nuova generazione di scrittori arabi che si vuole più eclettica nei temi e forse un po' meno artefatta nel linguaggio dell'ultimo eccellente modello, Naghib Mahfuz. Se Naghib Mahfuz rappresenta insomma la tendenza più classica, Yusef ldris è certamente il capofila del filone espressionista di una letteratura araba in cui la spaccatura è forse ancora più marcata che nella nostra. È unpo' il Gadda del mondo arabo: di un Egitto che Yusef ldris utilizza-colorNinguaggio contraddizioni- per comporre i suoi spaccati di realtà, sempre estremi, lo,ntani dai modelli convenzionali. Può sembrare strano che il più raffinato sperimentatore arabo esca dalla provincia, contadina, ancestrale, del delta del Nilo ... Tutto quello che ho scritto è legato ali' ambiente in cui sono cresciuto. Da sempre ho voluto scrivere qualcosa che fosse prima di tutto egiziano. Sono nato in un villaggio della provincia di Sharqiyya, fra il canale di Suez e il ramo orientale del Nilo. È una provincia ricca, di folclore, il trait d' union fra l'Egitto e tutto l'oriente arabo, un punto di passaggio, e quindi un luogo di continui contatti, scambi. L'epoca faraonica, copta, islamica, quella greca e romana, tutte hanno lasciato le loro tracce. Abbiamo addirittura 44 generi di danza, e la maggior parte delle canzoni popolari egiziane provengono dalla nostra provincia. Per questo la chiamano la provincia degli artisti. È un po' come la Firenze del Rinascimento ... un Rinascimento, il nostro, limitato, anche se popolare. Io ho avuto la fortuna di nascere in uno dei villaggi di questa provincia, di vivere tutta la mia infanzia fra ifellah, i be56 duini, i curdi, i gitani ... È stata proprio una fortuna, perché è nel villaggio che si trovano tutti i caratteri dell 'egizianità. La grande città invece ... prendiamo il Cairo: è un grande khan, un enorme albergo, luogo di soggiorno per i commercianti, di riposo per i loro cavalli: è un grande ostello, si respira meno l'Egitto profondo. Il villaggio egiziano invece è rimasto intatto, tale quale era, fino a dopo la seconda guerra mondiale ... l'economia egiziana continua a ruotare attorno al villaggio, alla campagna, e dal villaggio m'è venuta l'aspirazione per sondare la personalità egiziana, il parlato egiziano, per inventare un genere di novella profondamente egiziano. Ho iniziato a scrivere per ribattere alla letteratura che predominava all'epoca, una letteratura d'imitazione della letteratura europea, di Cechov, di Maupassant, in risposta alla scelta dell'Europa come punto di riferimento e motivo d'ispirazione artistico. Pen_savoche sì, dobbiamo iniziarci alle scienze, alla tecnologia, ma che nel l'arte bisogna essere noi stessi, portarci al.mondo tali e quali siamo, e non forzare il mondo verso di noi. Che ho quindi il dovere di far conoscere la personalità egiziana al mondo, e prima ancora che al mondo agli egiziani stessi. Della mia infanzia ricordo la povertà, la grande povertà. Io vengo da una famiglia che nel villaggio era considerata mediamente benestante: "contenta", come si dice in Egitto, I miei compagni erano però ragazzi che lavoravano nei campi, stavo con loro, con i poveri, i fellah, mi sembravano molto più interessanti di coloro che appartenevano alla mia classe sociale. Avevo l'impressione c):ie questa gente fosse sì povera ma felice. Non felice di essere povera, ma capace di far nascere nella povertà la felicità, di riuscire ad aver la meglio sui problemi e le difficoltà della vita. È gente forte, tanto da poter sopportare nientemeno che la povertà, l'indigenza, l'ignoranza. Fra loro ci sono molti artisti, tutti sconosciuti, ma chi sa che esistono? Forse lo scopo dei miei primi racconti era proprio quello di far uscire allo scoperto certi personaggi, di parlarne, con amore e soprattutto con piacere. Mi arrabbio quando sento parlare di "periodo realista", di "fase socialista nella vita di Yusefldris". È assurdo, non ho parlato dei poveri per salvarli, ma per la bellezza che c'è in questa gente, una bellezza che non vedo nella città o nelle altre classi sociali. Ma come è arrivato alla scrittura? Il suo percorso è particolare: giunto al Cairo, ha studiato medicina, e ha esercitato la professione, quella di medico ... Ci racconti unpo' le tappe di un percorso poco comune per uno scrittore ... Penso di essere diventato scrittore prima di tutto per i tanti sogni che mi sono inventato fin dall'infanzia. Stavo in un villaggio che distava quattro o cinque chilometri dalla scuola elementare. Dovevo svegliarmi molto presto, aHe cinque di mattina, per arrivare a scuola alle otto. Tornavo poi al villaggio· sotto il solleone. Era una gran fatica, per le gambe di un bambino il tragitto era molto lungo. Per distrarmi inventavo, immaginavo cose strane. Storie, come l'isola del tesoro, il conte di Montecristo, in cui entravo come personaggio. E immaginavo tutto tanto bene che, camminando lungo la strada (mio padre prudentemente rhi aveva proibito di prendere il treno o l'autobus per andare a

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