Linea d'ombra - anno IX - n. 57 - febbraio 1991

UN EGIZIANO A BAGHDAD Amitav Ghosh traduzione di Anna Nadotti · È passato più di un anno dall'ultima volta che ho parlato con Nabeel. Lui era a Baghdad. Io a New York. Non fu facile mettersi in contatto. Il servizio informazioni indicava un prefisso per Baghdad, ma dopo vari giorni di tentativi, tutto quello che ero riuscito a ottenere era un messaggio registrato che mi comunicava che il numero da me composto non esisteva. Fui c.ostretto a prenotare la chiamata. L'operatrice impiegò parecchio tempo, ma finalmente dall'altra parte si sentì una voce che parlava l'arabo brusco e·rotondo dell'Iraq: - Sì? Chi parla? I familiari di Nabeel mi avevano detto che lavorava come commesso in un negozio di fotografia il cui proprietario ·era irakeno; Nabeel lavorava per lui dal 1986, quando aveva lasciato il suo villaggio in Egitto ed era andato in Irak. C'era un telefono, nel negozio, e il proprietario era abbastanza gentile, un iraqueno abbastanza gentile, che permetteva a Nabeel di ricevere telefonate. Lo immaginavo come un grosso uomo obeso, il boss-di Nàbeel, seduto a un'estremità del bancone, dietro la cassa, con accanto il telefono e un poster Kodacolor di una montagna bianca di neve sulla parete alle sue spalle. Indossava una gallabeyya blu e un copricapo di trina bi;mca; aveva baffi accuratamente spuntati e un paio di occhiali da sole infilati nella tasca sul petto. Il telefono· accanto a lui era di un modello antiquato, nero e pesante, e Nabeel e gli altri commessi dovevano chiedergli il permesso quando volevano tel.efonare. A New York era notte fonda, perciò a Baghdad doveva essere mattina presto. n·negozio doveva aver aperto da poco. Probabilmente.non c'erano ancora clienti. - C'è Nabeel?- chiesi. - Chi?_:_ disse la voce. - Nabeel Idris Baòaway, - gridai, - l'egiziano. Grugnì. - Wa min inta?- disse, - e lei chi è? - Sono un suo amico, - dissi. - Gli dica che è il suo amico indiano. Capirà. - Che cosa? Di dove? - Indiano ya raiyis, _:_ dissi io, - può dirglielo, per favore? E un po' alla svelta. C_hiamodall'America. -'Dall'America?- gridò quello nella cornetta. -Ma non ha detto che è indiano? - Sì, lo sono, sono in America solo di passaggio. Mi passi Nabeel, per favore, ya raiyis ... Lo sentii gridare attraverso la stanza: - Ya Nabeel, c'è un tizio che ti vuole parlare, un indiano o qualcosa del genere. Fin dalle sue prime parole di sal1;1tocapii che la mia telefonata aveva colto Nabeel completamente di sorpresa. Era del tutto naturale. Erano passati otto anni da quando avevo lasciato il suo villaggio. Lui e la sua famiglia mi avevano aiutato nel periodo in cui ero stato laggiù, nel 1980 e 1981, per una ricerca. Avevo circa venticinque anni a quell'epoca; Nabeel era un po' più giovane. Eravamo diventati molto amici, e nei primi anni dopo la mia · partenza ci eravamo scritti regolarmente, tra India e Egitto. Poi però lui era andato a fare il servizio militare, nell'esercito, e aveva smesso di scrivere. Dopo qualche tempo avevo smesso anch'io. Non poteva assolutamente immaginare che quell'anno sarei stato negli Stati Uniti. E fino a poche settimane prima io non sapevo che lui fosse a Baghdad. Adesso lo sapevo perché ero stato in Egitto e avevo fatto visita al suo villaggio e alla sua famiglia. _- Nabeel non c'è, ya Amitab, - mi aveva detto Fawzia, sua cognata, dopo essersi ripresa dallo shock di vedermi sulla porta. Non è al villaggio, è andato in Irak. · Mentre mi invitava a entrare, si aggirava per la casa nervosamente, alimentando la stufa a kerosene, cercando· il tè e lo zucchero. Era una donna graziosa, di buon carattere, che mi aveva sempre accolto in casa con simpatia. Io mi trovavo al villaggio quando aveva sposato Aly, fratello maggiore di Nabeel. - Nabeel se n'è andato due anni fa, - disse, - insieme con suo cugino Ismail. Ti ricordi di lui? Me ne.ricordavo. Era il miglior am:icodi Nabeel, oltre che suo cugino, anche se non avrebbero potuto essere più diversi. Ismail era vivace, energico, sempre pronto allo scherzo e alla battuta; Nabeel, al contrario,. era riflessivo e serio, con una marcata noninclinazione per qualunque attività che richiedesse vigore. Quando procedeva lungo i sentieri del villaggio lo faceva con aria solenne, meditabonda; in netto contrasto con l'andatura saltellante di suo cugino. - Se ne sono andati in-Irak subito dopo il servizio militare, - disse Fawzia, - ci sono andati per far soldi. Avevano affittato una camera con altri uomini del villaggio, · mi raccontò, e vivevano, cucinavano e mangiavano tutti insieme. Prima della loro partenza lei aveva insegnato a Nabeel e Isrrìail a cucinare alcune cose, in modo che potessero cavarsela. Ismail faceva l'operaio edile. Si guadagnava bene nell'edilizia; Nabeel guadagnava meno come commesso di un fotografo, ma il lavoro gli piaceva. Ismail aveva cercato di convincerlo a lavorare nel1'edilizia, maa NabeeLnon interessava. -Tu lo conosci, - diss~ ridendo, - ha sempre desidyrato un lavoro in cui non ci fosse da sporcarsi _ivestiti. Più tardi, dopo che suo marito Aly fece ritorno dai cainpi, e tutti finimmo di mangiare, mi diede il numero del negozio di Baghdad. All'incirca ogni due mesi, lei e i fratelli di Nabeel si recavano all'ufficio postale di una città vicina e gli telefonavano a Baghdad; - Costa molto, - disse. - ma ri.esci a sentirlo come se si ·trovasse nella casa accanto. Naturalmente Nabeel non poteva telefonare, ma di tanto in tanto parlava al regis'tratore e mandava una cassetta. Lui e i suoi fratelli erano andati tutti alla scuola superiore; Nabeel aveva perfino imdiploma del college. Ma continuavano a considerare la parola detta più rassicurante della parola scritta. · Devi sentire la sua voce al registratore, - disse Aly, e tirò fuori una cassetta. La sistemò con cautela in un grosso apparecchio radio registratore e noi ci mettemmo in cerchio ad ascoltare. La voce di Nabeel era assai solenne, e parlava come un cairota, sembrava quasi che avesse dimenticato il dialetto del villaggio. - Parla sempré così, adesso?- chiesi a Fawzia. · - Oh, no, - rise lei, - parla così perché è una cassetta. Al telefono è sempre il solito. 4'7

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