CONFRONTI lettori non adulti. E D' Arzo si mise al lavoro coh passione, scrivendo e riscrivendo, con grande consapevolezza e impegno, e dichiarando per esempio, a proposito di una parte di Gec, di avervi "lavorato attorno come se fosse un libro per uomini: e anche più", evidentemente molto in sintonia con quello che avrebbe scritto, trent'anni più tardi, nel '73, Ursula K. Le Guin: "Sicuro che è semplice, scrivere per i ragazzi. Semplice proprio come alle','.arli." (U.K. Le Guin, Il linguaggio della notte, Editori Riuniti 1986). Penny Wirton e sua madre è davvero un "resultato magjco", ed è un libro per tutti, non solo per ragazzi. Come Peter Pan di Barrie, come Ilpiccolo principe di Saint-Exupéry, come.Pinocchio, come Le avventure di Huckleberry Finn di Mark Twain, come certo Kipling, come L'isola del tesoro di Stevenson. A quest'ultimo - e mi· piace ricordare che recentemente ne è stata pubblicata da Adelphi una nuova traduzione molto bella di Lodovico Terzi, con le illustrazioni di N.€.Wyeth-D' Arzo è particolarmente vicino. La storia di Penny si svolge infatti in una immaginaria contea settecentesca, tra orfani indomiti e figli spocchiosi di mamma e papà; tra locande e brughiere; tra briganti inetti e feroci e cantastorie ciechi sempre in bilico tra suggestive panzane e scomode verità; tra desiderio e disincanto; tra cinismo e passioni; tra procedere fitto di eventi e squarcianti ma vive vicende interiori. E tra vivere e vivere, che è qualcosa di più e di diverso dall'essere· al mondo. Il padre di Penny non c'è più, e lui non l'ha mai conosciuto; ma lamadre di Penny ogni notte raggiunge il cancello sulla Collina-anche a Spòon Riverc'era la collina, anch'essa ben viva di voci-, e parla col padre di Penny, e discutono a lungo; e saluta e scambia parole anche con altri che si trovano lì, sulla Collina, e scopre ogni tanto che qualcuno di loro non c'è più, è finito davvero, è svanito nel nulla perché scomparso dalla memoria dei vivi, di quelli che si trovano al mondo. Silvio D' Arzo rimase incantato a trentadue anni, figlio di un . padre sconosciuto e di una "cartomante". Stevenson, tisico per tutta la vita, aveva quarantaquattro anni quando un embolo al cervello lo fermò per sempre su un'isola dei Mari del Sud. Un figlio di Kenneth Grahame si suicidò a vent'anni; anche il padre di Salgari si tofse la vita, e così pure un figlio di De Amicis. Kipling da bambino fu picchiato e perseguitato da una "zia" a cui era stato affidato e una volta che sua madre andò a trovarlo e gli si avvicinò per ~bbracciarlo lui alzò un braccio per difendersi dal colpo che si aspettava di ricevere; poi ebbe un figlio che morì in guerra. Andersen aveva undici anni quando suo padre morì; poi, brutto e diverso, inseguì sempre amori infelici. La moglie di Ted Hughes si suicidò. Una figlia di Dahl morì a sette anni, un figlio ebbe un incidente e rimase menomato; sua moglie restò paralizzata e la storia di Roald bambino è proprio come quellè raccontate da Dickens. Rushdie è condannato a morte - e, dall'antro buio deJla sua condizione, non potendo raccontare alcunché al proprio figlìo, ha scritto per lui, e p~r.sé, e per tutti noi, l'incantevole Harun e il Mare delle Storie. C'è sempre qualcuno pronto a sdilinquirsi sulla dolcezza e sulla levità dell'infanzia, delle infanzie, e di coloro che· vi si dedicano; e invece anche sull'infanzia, sulle infanzie, su coloro che vi si dedicano - e ognuno di questi ha le sue privati.ssime ragioni per farlo - incombe sempre qualche ayatollah, naturale o culturale, biologico o storico. E contr.oquesti - tutti - si dovrà pur fare qualcosa. · Intanto fare di tutto perché davvero i grandi cantastorie continuino a incantarci, e che il loro sia quindi davvero un essere incantati e non già un essere morti, scomparsi anche dalla memoria di coloro che sono rimasti qui. E.poi, forse, o piuttosto senza forse, fare qualcosa anche un po' più a mopte, e più alle radici. Silvio D' Arzo ~i aveva pensato e provato: in una lettera a Vallecchi del dicembre 1943 racconta di avere in ballo una storia in cui sarebbe comparso anche un "Buon Pirata che, vecchio ormai, sfinito, abbandona ai flutti la sua vecchia nave: si fa col legno della 'vecchia nave' la gamba di legno: gamba di legno che, lui morto, si pianterà in un albero di terra, e verrà su, dopo un poco, albero grande dove sorgerà la vecchia, indimenticabile Scuola di Pictaun". ~eco, forse sì; una scuola all'ombra della gamba di un pirata, all'ombra di un burattino di legno, d'una bambina magica, di un grande gigante gentile, delle onde multicolori del Mare delle Storie, potrebbe essere davvero qualcosa in cui investire passione, allegria, inventiva, desideri, futuro. Cotton va ad Harlem Chester Himes. e la violenza Francesco Binni Non basterà certo il breve paragrafo nella storia del genere poliziesco di Ernest Mandel (Delitto per diletto, Leonardo 1990) a richiamare in vita per iÙettore italiano la figura e l'opera di Chester Himes(l909-84), come non bastò in America la sequela di rivolte urbane nere negli anni Sessanta (e Malcolm X, George Jackson, la resurrezione di Nat Turner) a consolidare una volta per:sempre la convinzione, che allora qualcuno pur ebbe, di avere in casa uno scrittore nero forse maggiore, anche se esiliato da tempo in Francia sulle orme di Richard Wright. Himes nasce scrittore in due tempi e luoghi straordinariamente diversi tra loro: fine anni Venti-inizio anni Trenta, in un penitenziario dell'Ohio dove lui, missouriano, sconta una pena per rapina a mano armata; fine anni Cinquanta, in Francia, dove viene sottratto a una vita stentata da Marce! Duhamel, che gli commissionerà il primo di una serie di romanzi su Harlem per la sua fortunata collana Série Noire. 42 •. Cominciamo col discutere brevemente le conclusioni diMandel su Himes, contenenti - diciamo subito - errori di fatto, giudizio e analisi: l'opera di Himes, quella nata in Francia e che sembra raccogliere ora la massima attenzione per lll miscela di studio razziale e intrigo poliziesco, darebbe un quadro (grottescamente) realistico di Harlem nera nei decenni Cinquanta e Sessanta viziato tuttavia da questi fattori: 1) la lotta nero contro nero praticata in nome della legge bianca, cominciando dalla coppia di agenti neri protagonista della serie di romanzi nove che Himes definì "domestica"; 2) la creazione himesiana di un antigenere che contraddirebbe la forma tipicamente americana del detective nove!; 3) il "deplorevole riformismo" che non offre alcuna via d'uscita plausibile alla maggioranza dei neri oppressi; 4) l'anomalia per cui un autore è capace di comprendere un ambiente sociale senza averci mai inesso piede, come appunto Himes a Harlem. . In realtà Himes visse per almeno due periodi a Harlem, abba-
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