CONFRONTI La filosofia mancata. (acciari, Agamben e altri pensatori Giorgio Giovannetti Massima Cacciari in una foto di G. Giovannetti. È sempre difficile definire che cosa ci si debba aspettare da un libro di filosofia che non abbia finalità puramente accademiche.· Vi si possono, per esempio, cercare approfondimenti, a carattere storico o teoretico, su alcune tematiche o categorie-chiave. Oppure un libro di filosofia può offrire risposte o orientamenti per una migliore comprensione •del nostro mondo. Va da sé che i due approcci non necessariamente si escludonp a vicenda, ma ciò nondimeno la seconda tipologia è quella che in genere suscita maggior interesse e garantisce maggior diffusione ai testi che vi appartengono. In questo senso due libri pubblicati di recente da filosofi italiani sembrano ben rappresentare pregi e difetti dei due tipi di approccio. Mi rìferisco a Dell'Inizio di Massimo Cacci ari (Adelphi), e a La comunità che viene di Giorgio Agamben (Einaudi). Il primo. libro è una riflessione sul concetto di "inizio" che, facendo riferimento alla trattazione che sull'argomento è stata fatta nell'ambito del pensiero filosofico e teologico occidentale, cerca di articolare possibilità e impossibil_ità_dipensare un "cominc~amento" che non sia qualcosa di mediato. È evidente che un'opera del genere, nonostante la sua formaespositivacerto poco accademica - in ogni capitolo il tema è esposto prima in forma dialogica, poi in forma di trattato e infine in modo aforistico - sembra comunque rivolgersi a un pubblico di addetti ai lavori e comunque non avere corrie proprio fine immediato un'analisi del presente. Ben diverso sembra essere il caso de La comunità che viene di Agamben. Anche qui l'autore muove.dall'analisi di una categoria filosofica, quella del quodlibet ens, dell' '"essere qualsivoglia", categoria di cui si cerca di dimostrare la c,apacità d_isfuggire ali 'annoso dilemma filosofico "che obbliga la conoscenza a scegliere fra l'ineffabilità del- )'individuo e l'intelligibilità dell 'universale" (p. 3). Il libro non è però solo un'analisi di una categor.ia filosofica ma vuole anche proporsi come galleria di figure o manifestazioni dell' "essere qualu_nque" non solo nel1 'ambito della storia del pensiero o della letteratura ma anche in quello della cultura di massa e, soprattutto, della società contemporanea. La "quodlibetalità" è ben di più di una categoria filosoficamente feconda, per esempio nel campo dell'etica (cfr. pp.3031), essa è un destino, un "essere che viene" (p.3), che ha le sembianze sociali di una piccola borghesia planetaria che ha superato ogni forma di identità nazionale o culturale per essere appiattita dalla pubblicità e dal consumo di merci (cfr. pp. 42-44). Tuttavia questo sradicamento totale della piccola borghesiaè a 4n tempo condizione di un possibile superamento di questo stato di cose, poiché solo nella irrimediabile perdita di ogni identità particolare si potrà affermare una comunità nuova, radicata non in-un linguaggio ma nel linguaggio stesso, nell'appartenenza in quantotale,cheè il luogodell 'esserequalunque e anche destino del mondo (cfr. pp. 5860). . L'originalitàdell 'approcciodi Agamben non elimina però perplessità di fondo, derivanti proprio dal fatto che le categorie, o meglio la categoria, usate siano esageratamente onnicomprensive. Appare infatti evidente l'estrema disinvoltura con cui si propongono analisi sociologiche della realtà attuale; se in occidente è, forse, in patte possibile individuare l'esistenza di una sorta di piccola borghesia generalizzata votata al consumo e sradicata da ogni identità, per il resto, peraltro maggioritario, dell'umanità caratterizzazioni del genere sembrano assai improbabili. Il problema è allora nell 'approccio di Agamben, che, in ciò simile ad altri filosofi italiani, utilizza categorie filosofiche dilatandole al punto da far assumere loro il carattere di una filosofia della storia. Nell'arco di poche pagine, infatti, I' "essere qualunque" diventa il fondamento teorico . per l'interpretazione di avvenimenti recenti, come la strage di piazza Tien An Men, e per la formulazione di un progetto di liberazione, senza che peraltro risulti chiaro in che . cosa sul piano pratico la "quodlibetalità" si distingua da un punto di vista universalistico che è certamente alla base di ogni movimento rivoluzionario. Da questo punto di vista il libro di Cacéiari pare costituire un' operazione più corretta, anche se si ferma ad un livello puramente teoretico e le riflessioni che propone possono in qualche caso lasciare perplessi. Soprattutto la scelta, ardua e affascinante a: un tempo, di affontare la tematica del "cominciamento" con un percorso filosofico che ha innumerevoli interlocutori situati in tutti i ' periodi della storia del pensiero presenta il rischio di operare forzature non dissimili da quelle rilevate in Agamben. Va peraltro detto che Cacciari si muove tra- le varie correnti filosofiche che perc_orrono la sua trattazione con notevole rigore analitico. Lo scacco del pensiero di fronte aÌla problematica dell' "inizio" è mostrato attraverso un 'analisi di alcurii momenti chiave dell'idealismo tedesco, in particolare nella trattazione hegeliaria del problema dell'inizio logico (cfr. pp. l 01115) e nel tentativo di superamento dell 'approccio dialettico del problema da parte di Schelling (cfr. ipp. 115-133). La trattazione ·continua con un lungo percorso attraverso il pensiero greco per approdare infine ali' "età 'del figlio", ovvero al momento più propriamente teologico del libro, in cui la tematica dell' "inizio" è affrontata alla luce del significato che essa viene assumendo nel cristianesimo. Anche a questo livello, dopo una disamina di passi biblici e interpretazioni teologiche, di fronte ai dilemmi posti dalla problematica escatologica inevitabilmente connessa al cristianesimo, e che rimandano ancora al senso e alla possibilità stessa di un inizio, Cacciari lascia irrisolte le antinomie in cui si involge il pensiero non negandone però la necessità (cfr. ipp.646-654). Il libro di Cacciari è quindi un'opera radicalmente e coerentemente teoretica, che tuttavia, proprio per la sua ricchezza e analiticità di riferimenti, al limite, spesso superato, dell'incomprensibilità, non può non susci tare perplessità, di natura diversa da quelle prodotte dal libro di Agamben ma non meno fondate. Un libro del genere infatti non solo finisce con l'esse,re illeggibile per i più, ma rischia anche di diventare una sorta di gioco dialettico, dove la'problematica teorica passa in secondo piano rispetto al puro valore estetico che possono assumere gli arditi passaggi argomentativi e l'intrico delle citazioni. 39
RkJQdWJsaXNoZXIy MTExMDY2NQ==