Linea d'ombra - anno IX - n. 57 - febbraio 1991

CONFRONTI Dal nichilismo alla liberazione Il pensiero di Helmut Gollwitzer Gian Luca Potestà 1. Il nichilismo come destino dell'Occidente "Mi si pose la questione di vivere in questo mondo post-cristiano senza restare schiacciato dalla sua insensatezza. Come può insomma un uomo di oggi non essere nichilista?( ...) Forse è dipeso da un orizzonte biografico limitato: mi sono sempre mosso tra il Vangelo e il nichilismo. E sulla base della mia esperienza, volevo fare il punto su come si può restare immuni dal nichilismo. Il Vangelo può farlo. Sono sempre stato un uomo che ha pregato per avere la fede, che l'ha cercata e ne ha anche tratto gioia. Ma ho potuto essere teologo solo in grande solidarietà con chi non crede, con chi è disperato". Così Helmut Gollwitzer, allievo di Karl Barth, già professore di teologia a Berlino, riassume il significato della propria ricerca in un'intervista pubblicata da "Linea d'ombra" nell'aprile 1989. Un suo importante libro tradotto in Italia a cura di Roberto Garaventa (Legno storto Incedere eretti. Sul senso della vita, Marietti 1988) permette di approfondire il significato di quella dichiarazione. Nella sua edizione originale il volume risale al 1970. Tanti riferimenti, allora di attualità politica (gli lgbo del Biafra ...) e culturale (i rinvii a Bloch, alla "teologia della speranza", alla "teologia della rivoluzione", alla auspicata "deellenizzazione del cristianesimo") lo rendono oggi fortemente datato. Eppure, per altri versi, le linee di forza dell'opera risultano ancora assai suggestive e rivelano a distania di tempo la visione assolutamente anticipatrice del teologo berlinese. La vicenda _di Gollwitzer si gioca interamente nel segno della consapevolezza della crisi della civiltà europea. Al centro della sua opera sta la ricerca attorno al senso, per la quale egli riparte dalla "c\omanda fondamentale" che Heidegger si pone in Che cos'è la metafisica: "Perché vi è, in generale, qualcosa e non piuttosto nulla?" A questa interrogazione Gollwitzer non intende offrire alcuna risposta semplice e pacificatrice; egli vuole piuttosto mostrare innanzi tutto come essa possa incrociare la domanda biblica e cristiana sul senso.- Egli muove dunque dall'individuazione del nichilismo come il problema della nostra epoca: heideggerianamente, esso è inteso come destino, come movimento storico di lunga durata cui nessuno può infine dirsi estraneo. Quando èiò che, in passato,"donava senso alla vita degli uomini non assolve più a tale funzione storica, in questo momento l'esperienza del nichilismo ci si rivela di colpo comè la cifra segreta che attraversa in controluce l'intera storia del! 'Occidente. Ora è chiaro che non c'è più nulla in vista. L'autentico problema, individuale e collettivo, del nostro tempo è "Ja maledizione di peregrinare in"inverno" verso un punto sconosciuto. . L'esperienza del nulla che è qui in questione sembra riguardare in particolare il percorso e gli esiti ultimi della modernità. Se nell'epoca attuale il nichilismo si presenta come un'esperienza così radicale e diffusa, ciò sembra derivare, in origine, dall 'oriental)lento assunto dalle moderne scienze della natura che, destituendo di fondamento l'ambito della tradizione metafisica, pretesero di consegnare interamente il campo dell'indagine cosmologica alla ricerca empirica. In questo modo esse aprirono la via ali' idea "ateistico-moderna del!' autonomia" (Legno storto, p. 141). Vista sotto questa luce, "la storia dell'affermarsi del nichilismo pare scendere e dipendere dalla crisi della metafisica greco- , cristiana, dal venir meno di una tradizione di pensiero ritenuta lungo l'arco di secoli capace di donare senso. Il crollo degli impianti metafisici, la stessa crisi di una visione della storia concepita in termini di progresso ci appaiono oggi come l'approdo naturale della modernità. .Ma ci si deve chiedere se davvero le epoche precedenti a quella moderna siano state esenti dal nichilismo. Se crollo della metafisica e trionfo del nichilismo dovessero essere intesi come due vicende intimamente correlate, nel loro costituirsi come specularmente opposte, allora dav36 vero si potrebbe dire che I' "uomo medievale" fu più prossimo di noi all'orizzonte del divino e il fenomeno nichilismo ricadrebbe facilmente entro l'onnivoro paradigma della secolarizzazione. Ma per Gollwitzer il punto fondamentale è un altro: per qu;rnto il nichilismo possa essersi dispiegato in connessione con la crisi della metafisica classica, il nodo problematico fondamentale non è qu_ellosignificato dai termini, reciprocamente escludentisi, metafisica/nichilismo, bensì quello che si stringe tra fede e nulla, in quanto esperienze intimamente correlate. Per quanto si possa non essere consapevoli di ciò, per Gollwitzer l'esperienza del nichilismo non è infatti del tutto altra rispetto .;tll'orizzonte della fede; al contrario, proprio in quanto posta in bilico,· ontinuamente oscillante tra senso e non senso, inesausto interrogare che non trova risposta ma non si rassegna a t.;ile condizione, essa risulta in qualche modo intimamente legata a quella compiuta in un ambito di fede. Con ciò siamo arrivati a un punto fondamentale della ricerca di Gollwitzer, la cui eventuale accettazione comporta implicazioni profonde; per essere ben sicuri di poter condividere questa affermazione (l'esperienza del nulla pertiene dialetticamente a quella della fede; o meglio, l'esperienza di una problematicità radicale è saldamente insediata entro la logica e l'economia della fede biblica e cristiana), occorre essere ben consapevoli delle interrogazioni più aspre sul senso della vita espresse al culmine della modernità. 2. Testimoni dell'essere circondati dal nulla Il confronto si compie con alcuni autori considerati emblematici. Nella ricostruzione dei loro percorsi dottrinali, nella scelta e nel commento dei loro passi, Gollwitzer evita qualsiasi inflessione apologetica, per porre in luce i tratti meno pacificati, più tragicamente tesi della loro scrittura. Egli si sofferma fra gli altri sul Discorso di Cristo morto dal- /' alto del/' universo, in cui si afferma che Dio r.wnè, di Jean Paul (la traduzione italiana si trova in F. Masini, Nichilismo e religione in Jean Paul, De Donato, Bari 1974), su alcuni celebri passi di Nietzsche (per la cui interpretazione Gollwitzer abbandona l'idea, cara a Lowith, di un "sistema" nietzscheano, per attribuirgli invece lo stimma del testimone che percorre un cammino di sofferenza); sui Fratelli Karamazov ("La Rivolta" e "Il Grande Inquisitore") di Dostoevskij. Questo complesso di fonti letterarie e dottrinali addita nell'essere circondati dal nulla l'autentico problema del nostro tempo. Alla questione del senso delle nostre prestazioni si affianca, superandola, quella - avvertita come irresolubile -del senso della sofferenza: la sofferenza degli uomini innocenti, dei bambini, degli animali, di fronte alla quale l'antico messaggio consolatore della teodicea risulta ormai persino improferibile. Il Dio metafisico, "che nella sua onniscienza troneggia indisturbato come la legge eterna e l'eterna armonia al di sopra del mondo della sofferenza", questo Dio non ha più vie di uscita. La wfferenza e l'ingiusta morte restano tali, né vale promessa per il futuro. "Il cammino, le vittime cadute lungo il cammino, mettono sotto accusa il fine. Il fine, l'armonia finale, non è la giustificazione del cammino e non può trovare giustificazione di fronte all'accusa di chi è rimasto lungo il cammino" (Legno storto, p. 133). . Posfo di fronte a questo macigno, Gollwitzer non cerca in nessun modo di aggirarlo. L'idea che si possa tentare un'ermeneutica filosofica

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