Linea d'ombra - anno IX - n. 57 - febbraio 1991

IL CONTESTO ricoperti di mosche nelle _stradepolverose di Mogadiscio, basta che diciamo sì ai raid di protezione/soccorso, sì all'idea-forza della sesta potenza illuminata che protegge e soccorre con la forza della diplomazia e della dissuasione, sì alla salvezza e alla vita, quella nostra, tanto l'Africa oramai è andata. Il sogno progressista, emancipatori o, indipendentista degli anni Sessanta si è infranto, un altro mito è caduto, insomma rien ne va plus: l'ordine postcoloniale è un disastro dopo l'altro, la Somalia di oggi simboleggia la crisi del continente intero, dappertutto corruzione, nepotismo, fame, sottosviluppo; la crisi politicoistituzionale rispecchia la crisi più ampia della società africana, non c'è alternativa perché non c'è più società politica, c'è solo, dappertutto, particolarismi etnici e kalashnikov a tracolla, guerriglieri appunto, non democrazia. Siamo diventati così, tutti, degli afropessimisti. Pomeriggio della Befana. Roma insopportabile e sguaiatamente rumorosa. Davanti al cinema Capranica lunga fila e folla delle grandi occasioni. "Quando i film sono buoni la gente ci viene al cinema, vede", osserva tra compiaciuto e rassegnato un signore davanti a me. Meno ottimista, aspetto con calma, mi guardo intorno, con nelle orecchie e negli occhi lo speaker rassicurante della' Tv di Stato che sgrana il rosario da sesta potenza: "Nessuna vittima tra i connazionali. Due Hercules C130 sono già a Nairobi; a Mombasa altri due G-222... La fregata Orsa è in rotta per Mogadiscio". La cartina di "Repubblica" recita Comefuggire daMogadiscio. La gente entra nella sala del cinema spintonandosi, chiamandosi da un lato all'altro della sala, strappando e cedendo posti a sedere. Ha inizio Il tè nel deserto. Ed è subito l'Africa melò della cattiva letteratura, l'Africa degli eccessi e degli sperdimenti, l'Africa ambigua degli opposti, di sesso (non c'è ancoral' Aids in giro) misto a impotenza, di vita già intrisa di morte, di palme al vento e cavalieri velati su sfondi ondeggianti di dune, esultanti colori e forme sommesse, torridi climi e forsennate depressioni. Qui arrivano tre giovani americani ricchi e viziati, con l'ossessione del viaggio nel deserto, ma privi di mezzi per attraversarlo indenni: Port, sua moglie Kit è l'amico Tunner, tre modi diversi di vivere l'Africa. Port, un passato di compositore e di marito fallito, è alla ricerca di sé, ma trova solo la morte dopo una lunga agonia in un fortino sperduto della legione straniera; la moglie Kit, per metà film annoiata e amoreggiantecon Tunner, iniziadopo lamorte di Port un'avventura etnico-erotica di dubbia autenticità unendosi a una carovana Tuareg che attraversa il deserto, e lasciandosi presto andare a gesti, vesti, amori e tumulti interni da cui esce stravpltae malamente indigenizzata; Tunner, fatuo e melenso sino alla fine, è forse l'unico dei tre a uscire poco scalfito da un viaggio che non comprende e da cui presumibilmente non sarà cambiato. Il film di Bertolucci è vuoto, come vuoto e senza esiti di comprensione, o di rinascita, è il viaggio dei suoi protagonisti. Al di là del sudore e delle mosche e delle sabbie cocenti su cui la pur brava_DebraWinger si ostina a camminare scalza c'è molto colore e poco calore in questo film. L'Africa di Tè nel deserto è lontana, distante, non comunicante perché destoricizzata e vista unicamente come oggetto estetico, da possedere. Così la Somalia, di cui quest'Africa lontana e distante è simbolo e richiamo, offre oggi a un pubblico attonito e distratto dalla crisi del Golfo e dalle feste un messaggio di corruzione e sangue che rischia di suscitare solo sgomento e incredulità, oltre a un insano senso di interventismo neocoloniale o di razzismo inconscio, mentre dovrebbe creare invece rabbia e dolore. Per quello che si poteva fare, e non si è fatto, e quello che si doveva capire e non si è voluto farlo a tempo, a cominciare dal capire con qualche maggiore fermezza e senso etico che il regime despoticoe corrotto di SiadBarre andava svuotato e non appoggiato con i miliardi della cooperazione, e che vi poteva essere, e andava ricercata e favorita prima che fosse troppo tardi, un'alternativa civile non basata unicamente su un criterio clanico come era quello di Barre. Al di là di questa ennesima occasione mancata, che ancora una volta fa vedere come anche nel mondo del capitalismo maturo il sesto posto in ricchezza mondiale dovrebbe coincidere con il sesto posto in responsabilità, e non solo in giochi di potere, l'Italia sta mostrando in questi giorni come l'oggetto Somalia, assunto nel tempo da colonizzatori, amministratori, commercianti, politici e, più recentemente, cooperanti ed esperti, al di là delle buone intenzioni degli uni e dei non sempre legittimi interessi degli altri, è stato visto troppo spesso come preda provvida di providenze, anche ideologiche, e di possesso privato da parte di chi ne ha permesso e incoraggiato quell'uso strumentale che oggi tutti lamentano. Diario d'Albania Alexander Langer Alexander Langer è stato incaricato dalla Commissione Politica del Parlamento Europeo di' preparare una relazione e una proposta di risoluzione sui rapporti tra l'Albania e la Comunità Europea. Ancor prima che si profilassero gli eventi recenti, la data del viaggio fu fissata per la seconda settimana di dicembre 1990.Il programma della visita prevedeva numerosi incontri· con autorità varie e alcune escursioni; contatti con interlocutori non ufficiali e critici verso il regime non potevano, ovviamente, essere fissati tramite i canali ufficiali; alcuni ne erano stati avviati prima del viaggio, ma non vi era in partenza nessuna garanzia di riuscita. Langer è stato accompagnato in questo viaggio da Mme.Martine Charriot-Schneider, funzionaria dirigen'te dell'Ufficio studi del Parlamento, e dal prof. Michele Colafato, sociologo dell'Università "La Sapienza" di Roma e originario di una comunità "arbresh" nel Molise. Sul rapporto di Langer la Commissione Politica ha disrnsso una prima volta il 19-12-1990, e una seconda il 9-1- 1'991, approvando in quella occasione all'unanimità (salvo due astensioni) la proposta di 16 risoluzione presentata da Lange.r, che prevede l'apertura di rapporti tra Cee e Albania, l'incoraggiamento del processo democratico, l'ingresso dell'Albania nella CSCE, la cooperazione mediterranea con l'Albania, l'instaurazione di scambi culturali, economici, scientifici e tecnici, e che sollecita il governo albanese a rinviare la data delle elezioni per consentire a tutte le forze politiche una adeguata preparazione. Infine invita le minoranze (e in particolare quella greca) a non lasciare il paese, e il governo a garantire loro adeguate condizioni di vita e di lavoro e il rientro senza discriminazioni a chi se n'è andato~ 11-12-1990, martedì - Parto con Calafato da Roma a Bari, e da lì per Tirana; Mme.Charriot a Bari non è sull'aereo, e quindi ·capisco che ci devono essere stati dei problemi. Sui giornali si leggono ulteriori notizie su proteste studentesche a Tirana, e si parla di democrazia e di pluralismo, non più di riscaldamenti guasti.

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