Linea d'ombra - anno IX - n. 57 - febbraio 1991

Beirut, fucili contro sassi a 'Gazae in Cisgiordania, stragi chimiche sul fronte lran/Irak. Poi, all'improvviso, sono scesi dal cielo gli ·esercitioccidentali.Ma da che cielo sono arrivati?Ognigiornovedo uno wargame disegnarmisi davanti agli occhi: il rischio che si allarghi il conflitto, le armi ancora in mano a Saddam, il ruolo dei palestinesi. È una bella storia, da raccontare. Ci sono i buoni, i cattivi. Ci sarà un vincitore e un perdente. E forse sarà una storia a lieto fine, come le favole dei bambini. Ma è una storia utile? È una storia che mi racconta qualcosa del mondo, è una storia che tocca e lascia vibrarequalche mia corda interiore?È una storiaallusiva, che evoca fantasmi lontani? O non è piuttosto una storiella superficiale, un best seller rassicurante pieno di luoghi comuni? Lascio il televisore, provo a raccontare una storia diversa. Un altro uomo, un altro arabo. Non un insegnante: un tecnico. Un meccanico. ABaghdad? Perché no: a Baghdad. Però, dieci anni fa. Ai tempi della crisi del petrolio. Crisi per noi: loro, a Baghdad, portavano a casa i dollari. Facevano progetti; le raffinerie, l'industrializzazione. Aprivano scuole, mandavano la gente a studiare all'estero. L'uomo di Baghdad era diventato perito meccanico.Che storia banale, troppo emb!ematica: dall'altra parte del mondo, intornoa ungrande tavolo, si sonoriuniti una dozzinadi personaggi. È bastato poco per varare un piano di risparmio energetico, e un pianodi interventofinanziarioper selezionarequalchepaeseamico, che indebolisseil fronte Opec. Il prezzo del petrolio è tornatogiù. Il morale del perito meccanico di Baghdad è andato sotto le scarpe. Oddio, ma questa è una storia troppo facile: proprio a Baghdad. Allora spostiamoil nostroperitomeccanicoaltrove:Amman,ancora Algeri? Algeri: la porta della casa-baracca del nostro insegnanteperito meccanicoè proprio conciatamale. È rotta, sbrecciata.Certo, sembra la porta della casa di un terremotato: o di qualcuno sulla cui testa siapassatoun uragano.Unbombardamento.E nonc'è bisogno di andare ad Algeri, per avere l'impressione che la periferia del mondo sia stata bombardata: bastanocerti quartieri di NewYork. O gli slums di Nairobi. È una devastante potenza di fuoco, quella che li ha colpiti. Parte da uno stato maggiore che forse non c'è: si crea e ricreadi volta in volta. Intornoa un tavolo, gli esponentidi quattro istituti di credito, due sottosegretari, chissà. Colpisce duro, questo stato maggiore: un mio amico a Dar es Salaam a causa di certe decisioni del Fondo Monetario Internazionale ha dovuto vendere il motorino, adesso deve andare a lavorare a piedi, e sono sette chilometri.Non è poi così grave.Ma avevo anche un altro amico, a Dar es Salaam.Èmortodi febbregialla: l'ospedale di Dar es Salaam fa proprio schifo. Anche il Fondo Monetàrio Internazionale fa schifo. Anche la CNN. Non riprende mai in diretta le riunioni del Fondo Monetario Internazionale. Non mostra il mio amico che vende il suo amato motorino. Quei siluri lì, non si vedono neanche partire, inTv. Ma non preoccupiamocitroppo: Dar es Salaamnon è nel Mediooriente. È inTanzania, nell'Africa sudorientale.Lì non si arrabbianomai, sonomiti.E dell'Islam ne sannopoco:è un'idea che non gli è ancora venuta in mente. E così i miei governanti - da Roma o da Washington- con la guerra giusta stanno spingendo la nazione araba fra le braccia di· SaddamHussein. O perlomeno: la parte più aggressiva - e la più colpita dai siluri dei padroni del mondo - della nazione araba, finisce nelle mani di un massacratore.Non è la cosa più grave: ciò che mi fa paura è che sia io, nelle mani dei miei governanti. Perché la civiltà araba la conosco poco: è una grande civiltà, ma non so dire se abbia oggi dei valori utili anche per me. La civiltà occidentale invece la conosco: in questi giornimi sembra soprattuttouna civiltà stupida. E massacra gli abitanti di Baghdad. Periti meccanici, insegnanti, camerieri d'albergo. Dovrei dire bambini innocenti? Troppo facile, si versa ùna lacrimuccia e via. Allora: impiegati IL CONTESTO amministrativi, operatori al computer, vigili urbani, conducenti d'autobus, tassisti, elettricisti, idraulici e tubisti. E avanti così fino a centotrentacinquemila: che sono i morti del bombardamento di Dresda. Ma ancora mi pare troppo facile. Ancora mi pare che tutto ciò sia troppo televisivo: è quella parte di realtà visibile attraverso una telecameradella CNN. Fa parte di quella storia che intacca solo la-superficie del mondo. Non ne mostra l'anima occulta. Allora faccio il visionario:il conflitto si estende, in modo incontrollato.Ma in modo frammentario. A partire dal bombardamento di Baghdad scoppianotanti piccoli fuochi, iCurdi, i Palestinesi, i mussulmani in India e in Indonesia. Chissà, i Tuareg. Scontri di frontiera. E certamente:guerre giuste e guerre ingiuste, tutto indirettaconCNN. Gli aggressorie gli aggrediti. I provocatori e i rappresaglianti.Tutto moltopostmoderno:nondue campi in lotta su vari fronti,ma anzi un giocodi fronti e di alleanze incrociate,di salti da un campo all'altro, di riposizionamenti, tutto molto spettacolare, tutto per CNN. Tutto permesedutodavantial televisoreincucina.Occultaeonnipervasiva, unica categoria capace di ridefinire unitariamente il mondo, la Guerra.Laguerra fra il norde il suddel mondo: con i siluridel Fondo MonetarioInternazionaleche si abbattono come maledizionidivine sull'ospedale di Dar es Salaam,dovequalche.altromioamicomorirà di febbre gialla. Le maledizioni di un dio finalmente non lacerato e fatto a pezzi dalle opposte preghiere del Papa, di Bush, di Saddam Hussein. Un Dio unico, di nuovo con la D maiuscola: la Guerra. Ecosì chimi governa ha sceltodi combattere e dimassacrare.Ha scelto di mettere la frustrazione dell'insegnante di Algeri, la rabbia del perito meccanico di Amman o di Baghdad, la mite malinconia delmioamicoappiedato aDares Salaam,la cupa tristezzadei fratelli di chi muoredi febbre gialla in un ospedale bombardatoda invisibili siluri, tutti nelle mani della Guerra, nelle mani di SaddamHussein o di chi gli succederà, prima o poi. Io so come sarà il mondo che ci stanno preparando: sarà tutto come Londonderry. Free Derry, recitava una scritta .;mlmuro quando ho visitato l'Irlanda del Nord quindici anni fa. Ma non era una città molto libera. Era sezionata in tante parti, attraversata da reti metalliche alte forse dieci metri, con stretti passaggi presidiati dai soldati. Ogni tanto uno scoppio di violenza:i soldati con gli scudi addossati alle reti metallichesparano proiettili di gomma; dall'altra parte, protetti da una lastra di ondulina,si avvicinanoalle reti giovaniconbottiglie di benzina, le lanciano altesopralereti, ricadono, si allargaunachiazzadi fuocosull'asfalto. Cento,duecento ~etri più indietro, tanta gente si gode lo spettacolo, seduta sui gradini, sulle sedie fuori da un bar. Partecipa, applaude quando i soldati scappano saltando sulle fiammelle. Come guardasse la Tv. Noi, turistelli, visitavamo la città spettrale e desolata, nel silenziodelle strade di confine, come un'infinita domenicamattina. Accarezzavamo le alte reti metalliche, liberi di attraversarle nei punti di passaggio. Chi avesse ragione e chi torto, fra i protagonisti in carne e ossa di quella battagliaa Londonderry, oggi mi è difficile dirlo, perché stento a pensar male di un povero soldatino inglese. Quel che era sicuro, quello che è sicuro nel mondo dal 15 gennaio 1991 in poi, sono le reti. Come quelle degli stadi, alte a proteggere i giocatori in campo dal lancio di oggetti da parte 9egli ultras. Reti così, presidiatedai soldati, levedogià stendere nelmondo,a tagliare in due il Mediterraneo - ed è agghiacciante che in Italia ci sia chi vuole piazzarle più in su, lungo la linea gotica o sul V_olturno- a fare a pezzi le nostre città così come a pezzi sono già le città americane,con i loro quartieri off limits, le bande, la desolazione. E a Parigi? Dove chiuderanno i mussulmani di Parigi? E i turchi di Berlino, i portoghesi di Bruxelles. I polacchi e i poveraccidi Roma. O forse, all'inverso, è meglio dire. dove stanno chiudendo me, bianco, ricco?Me cristiano: perché così verrò chiamatodagli arabi, dagli altri. 9

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