IL CONTESTO magari anche di-Toto Cutugno. In possesso diun televisore dal quale si ricevono i programmi di Rai 1-, di Antenne 2. Vedono Fantastico, Pippo Baudo. Il telegiornale della sera porta in quelle case Bruno Vespa, i nostri stadi di calcio, le nostre città. Non è più la periferia di Algeri: è la periferia di Milano. Di Parigi.Una periferia degradata. Tutti i giorni quell'uomo, a scuola, insegna ai bambini la storia della civiltà araba, che è una storia grande; e poi la colonizzazione, i francesi, la lotta per l'indipendenza. Insegna la matematica e l'astronomia, e i nomi dei grandi studiosi arabi del passato. Insegna la geografia a partire dal Maghreb, e poi la più vasta nazione araba. La·diffusione dell'Islam nel mondo. E chissà, forse è più motivato, più coinvolto dal suo lavoro quanto non sia un insegnante di scuola media in Italia: però lui guadagna un sesto di quello che guadagna un suo collega italiano. E lo sa. Sa, e Io insegna ai bambini, che il suo paese e la più vasta nazione araba hanno sofferto a lungo la colonizzazione europea. Sa, e lo insegna, che c'è un contrasto tra l'occidente e il mondo arabo per tenere più basso o più alto il prezzo del petrolio. Sa e racconta che i palestinesi non hanno una terra, che la terza città santa dell'Islam è ora nello stato di Israele, sostenuto dagli americani e dagli europei. Forse racconta anche cpe i più aggressivi nel combattere questa influenza occidentale sull'economia della regione sono gli integralisti islamici. Io, per la verità, quest'uomo non lo conosco più. Quest'uomo l'ho incontrato dieci anni fa, quando ancora si concedeva parecchi bicchieri del whisky che avevamo portato in regalo. Di passaggio ad Algeri, eravamo andati a trovare sua figlia: la figlia degenere, separata dal marito, che va a ballare nelle discoteche. E di lei la mamma diceva: "Non è giusto dare tutti questi dispiaceri a Dio". CNN, ovvero la visibilità della guerra. Le bombe i.ndiretta su Baghdad, i Patriots contro gli Scud nella notte di Dahrein, i feriti e i morti a Te! Aviv. Tutto questo nel salotto di casa nostra, in tempo reale. Perlomeno i primi giorni: perché poi cominciamo a stufarci. Certo, è anche una visibilità censurata: nel corso dei primi giorni ci parlano di "operazione chirurgica", solo più in là si saprà che hanno bombardato anche i quartieri civili di Baghdad, pesantemente. Ma nonostante la censura noi "vediamo", siamo tremendamente vicini. E la vicinanza delle immagini corrisponde a una vicinanza della realtà: quando Saddam Hussein chiama al terrorismo, i primi attentati sono a Beirut, a Casablanca, a Manila, come se queste località fossero poco più in là del Golfo. Si dice: com'è piccolo il mondo. Però qualcosa non funziona. Perché l'onnipresente televisione ("A voi Amman, a te Gerusalemme") non mi ha mai mostrato, un.a sola volta quell'insegnante di Algeri. I quattrocentomila sì: quelli sono ben visibili, fanno paura, gridano slogan cattivi e inneggiano a Saddam Hussein. Ma il padre della mia amica non l'ho visto, nella sua casa-baracca. E allora che cosa abbiamo visto in Tv? Abbiamo visto, forse, il corpo di una belva destinata a farci paura, ma non ne abbiamo visto l'anima. La televisione, anziché aiutarci, rischia di confonderci, vediamo quella che si dice la punta dell'iceberg, siamo tentati di dare dei giudizi a partirè da quella. Pen~iamo che dai nostri giudizi possano discendere degli effetti (la guerra "giusta"), e invece i nostri giudizi sono già essi stessi effetti del nostro particolare modo di guardare il mondo. Del nostro punto di vista: e cioè il punto di vist!l dal quale noi ci mettiamo a osservare ciò che ci succede intorno. E un luogo ben misero: è il nostro salotto, la cucina. Davanti alla Tv. Non mi stupisce allora di sentire il ciellino Formigoni dire delle cose sensate su questa guerra. Inquadrare il problema in modo più vasto, capire la rabbia e la frustrazione della nazione araba, avere davanti agli occhi il dramma dei palestinesi: perché è un cattolico, forse, i suoi umili e i suoi oppressi ha provato almeno a guardarli negli occhi. In un modo che io non condivido, certo. Però li vede. • Mentre quella parte della.sinistra che si schiera piattamente sull 'iniziativa di guerra americana sa vedere solo i propri sogni: "un nuovo ordine internazionale, un nuovo governo mondiale". Dicono che nel postmoderno sia difficile trovare una verità a cui fare riferimento. Lo stesso termine "realtà" comincia a tremolare come l'aria calda sopra una fiamma. Probabilmente è vero. Ma le balle, quelle, si stagliano ancora nitide. Milano, Radio Popolare. Centou_no e cinquecento, centosette e seicento. Microfono, aperto; una signora anziana sta raccontando di aver visto due ragazzi litigare sulla guerra. E dice che gridavano, che si sfottevano in modo pesante. Che era una situazione irreale: come due tifosi di squadre opposte, che poi si pestano. E i due ragazzi stavano per pestarsi. Il commentatore interviene. Dice, però è diverso, io penso che quando due tifosi di calcio litigano fra di loro in fondo lo sanno, che non si tratta di una cosa importante. Importante. È una parola impegnativa. Che cosa è importante, per chi vive nella ricca Lombardia? La sopravvivenza,. qui, è assicurata. Non ci sono- sai vo rare aree marginali - pericoli gravi per le nostre funzioni vitali, essenziali. Nutrirsi, restare in salute. Avere un lavoro, una buona casa. È difficile persino pensare che ci sia qualcuno che non può comprarsi l'automobile. E per due tifosi di calcio, probabilmente, diventa importante ciò che è immateriale. La sfera degli affetti, il riconoscimento degli altri, far parte di un gruppo, cose note. Allora: entro in un vagone della metropolitana il 17gennaio. Sulla piattaforma passano alcuni pacifisti con le bandier~. I portelli si chiudono, sento qualcuno gridare poco lontano da me. E un ragazzo, sta urlando come a volte ho sentito urlare gli ultras di ritorno dalla partita. Grida: "Ma che pacifismo, perché non gli buttano una bomba a quel baffetto, e la facciamo finita." E frasi di questo tono le ho sentite in televisione, da ragazzi intervistati che della guerra solp questo sembrano conoscere: noi e loro, il nostro branco e il loro branco. Le offese che il loro branco reca al nostro: questo è importante. Questo solo sembrano poter vedere, perché, così funziona il mondo in cui vivono, in cui viviamo. Quel ragazzo sulla metropolitana non può più vedere che importante per un palestinese è ancora la sopravvivenza, la casa, il lavoro; e che da lì nasce la sua rabbia, fino ad arrivare in certi casi alla follia omicida. La comunicazione fra i due mondi è interrotta. Le parole noi} hanno lo stesso significato di qua e di là. CNN non ci soccorre. Anzi: c'è una donna araba nel mio televisore targato CNN, è bella, ha i lineamenti decisi e uno sguardo per niente guerresco. Dice: voi occidentali volete vivere, noi siamo disposti a morire: per questo vinceremo. Il mio televisore va in tilt. Quella donna sembra uno spirito cattivo. Improvisamente mi sembra uno spirito cattivo anche Bruno Vespa. Qualcosa di occulto mi circonda, incombe sulla mia tranquilla esistenza di telespettatore. La devastante potenza di fuoco delle forze aeree multinazionali. Gran frase: però a me fa venire in mente le Brigate Rosse. Quella frase significa, in soldoni, che nella prima giornata di bombardamenti è stata rovesciata sull'Irak una quantità di esplosivo pari alla potenza della bomba di Hiroshima, Naturalmente si trattava di operazioni chirurgiche contro obiettivi militari. Solo il terzo giorno abbiamo visto il fumo alzarsi dalle abitazioni dei camerieri dell'Hotel Rashid. Da allora in poi abbiamo visto sempre meno. Vedevamo i missili partire, i jet decollare. La devastante potenza, l'energia distruttiva usata per neutralizzare e punire gli invasori, sembra essersi materializzata dal nulla nel deserto mediorientale. Laggiù, noi vedevamo solo i carriarmati di Saddam. Laggiù vedevamo la contrapposizione di energie che negli ultimi anni, a tratti, hanno invaso i nostri televisori e le nostre cucine: autobombe e ostaggi a
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