che continua a guidare) è stato considerato dal New York Times tra le dieci migliori uscite dell'anno. L'aspirazione a una poetica originale ha poi spinto Moss a sfruttare anche le risorse della voce, e anche come vocalist si è fatto un nome, partecipando a vari progetti specificamente vocali: da un paio d'anni Moss dirige Direct Sound, gruppo esclusivamente vocale interessato a valorizzare la potenza della voce, utilizzata prescindendo da qualsiasi manipolazione (si ascolti l'album Pive Voices, Intakt 1989, con l'olandese Greetje Bijma, le americane Anna Homler e Shelley Hirsch, e · lo spagnolo Carlos Santos). "A dieci anni dal duemila abbiamo tecnologia dappertutto, samplers, sintetizzatori, e ogni cosa è possibile: ma allo stesso tempo ogni cosa diventa televisione, uno schermo davanti a te. Non hai bisogno di un essere umano, ma solo di preMUSICA mere un pulsante. Io a questo dico no: dico che la voce è la differenza. Sono davanti a te e faccio questo con la mia voce: non c'è interruttore. Per cantare non ho un sistema, ma cerco solo di rendere la mia voce la più grande possibile, potente nel produrre suoni quanto le mie orecchie Io sono nel catturarli". Moss si è inoltre cimentato nell'elaborazione di programmi radiofonici sperimentali: "In America se sei alla radio significa che sei normale. Se suoni musica alla radio, vuol dire che suoni musica normale. Se parli alla radio, vuol dire che dici cose normali da capire. Per me la nuova musica, la musica contemporanea, deve essere parte della vita normale, di tutti i giorni, e perciò cerco di portarla alla radio, in modo che possano ascoltarla giovani e vecchi, che sia parte della vita reale, e non musica d'élite". Per una sua composizione radiofonica, realizzata per la National Public CHI HA FATTOFUORI LA POVERA MADONNA? PeppoDelConte Le prime voci si sono sparse quando i protagonisti lavoravano sui set e il film (ma anche la love story) doveva ancora prender forma. Poi si fecero più consistenti mentre Madonna cominciava a prepararsi per la disastrosa tournée. Quando la rockstar conobbe l'umiliazione davanti ai suoi amati paisà, per gli addetti ai lavori il sospetto si era già trasformato in certezza. Quella era una controfigura di Maria Luisa Veronica Ciccone (in arte Madonna); anzi, più probabilmente, una replicante. Quella vera era sparita da tempo, quasi certamente soppressa. Ma da chi? La nostra ipotesi è la più ovvia; per questo nessuno aveva il coraggio di avanzarla. A far fuori Madonna, che inutilmente cercava di rendere credibile la sua immagine di mangiatrice di uomini (da sempre così fragile, così improbabile, così patetica ...) è ~tato proprio lui, il suo algido Pigmalione, il suo angelo giustiziere: Dick Tracy, o se preferite la realtà hollywo.odiana al sogno a fumetti, Warren Beatty. Lui, da esperto e attempato uomo di mondo qual è, sapeva bene ciò che d'altronde quasi tutti sanno: che cioè ogni "artista" che si rispetti finisce sempre col proporre il solito plot, con la solita scenografia più o meno posticcia. E anche stavolta al centro di tutto c'è il difficile (si fa per dire) rapporto tra l'artista e l'universo sociale che lo circonda; che per il cineasta progressista americano significa il rapporto con la fabbrica dei sogni, coi suoi abbaglianti miti, le sue regole comn_ie~ciali,il suo indistruttibile ordine gangstenst,co. Il solito ingenuo fumetto, insomma, con i suoi stereotipi e i suoi elementari strumenti per leggere la realtà e per combattere il Male, come solo lui, l'Eroe, sa fare. 92 Così W arren sceglie di fondare tutti i trucchi della sua messinscena sullo stesso mondo, rigido e puerilmente manicheo, del fumetto. AI mago Storaro chiede una luce che viva solo di nette opposizioni al buio e una gamma di colori basilari, verdi, rossi, gialli sempre uguali, sempre nella stessa gradazione, imprigionati in un 'unica e infantile funzione simbolica (il giallo solare e positivo del! 'impermeabile di Tracy). Poi sovrappone magia a magia, cercando un movimento che richiami quello esagerato e ovviamente finto dei disegni di Chester Gould (esemplare la scena della calaRadio, Conjuring Calvino, Moss ha utilizzato testi dello scrittore italiano Italo Calvino. "Negli Stati Uniti siamo molto stupidi in fatto di letteratura: non c'è più nessuno che legge libri, e nessuno sa chi è Calvino, che al di fuori dell'università è un illustre sconosciuto. Calvino ha un senso delle parole, del ritmo e della sorpresa, della scienza, della mitologia e della fantasia, che è Io stesso che io sento per la mia musica. Quasi ogni frase di Calvino, prendiamo per esempio le Città invisibili, ha una bella concezione ritmica, e mi piace trame una canzone: Calvino secondo me è fatto apposta per le canzoni". Tra gli impegni attuali di Moss, che ha all'attivo molto lavoro per teatro, balletto e videoarte, quello di assicurare con la sola voce, assieme a Shelley Hirsch, tutta la musica, l'interpretazione dei testi e tutti gli effetti sonori per una pièce di teatro-danza su Zorro. pecchia che ondt;ggia tempestosamente, mentre all'interno Tracy prende a pugni l'aguzzino del ragazzo). Infine cerca di allineare al fumetto anche la recitazione: tutti i cattivi chiusi nelle loro facce sfigurate, propongono più delle maschere che dei personaggi; come in una rozza e malavitosa commedia dell'arte, mentre una recitazione più "psicologica" è concessa solo ai personaggi positivi, specie ai duetti tra il protagonista e la fidanzata Tess. E non sempre queste differenziazioni appaiono convincenti. Ma in fondo l'unica cosa che conta per Warren è convincere tutti che lui è l'Eroe ed è lì per combattere il Male. Sì, perché nel contesto in cui l'artista sta operando, nello stato di cose presente, non ci sono dubbi: il Male esiste, e domina incontrastato. Anzi, non c'è altro che Male. • Madonna e Al Pacino in uno scena di OickTracy.
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