Linea d'ombra - anno IX - n. 56 - gennaio 1991

re di una nuova forma di comunicazione forte, per tutto il mondo; in certo modo quella tradizione vi traspone i suoi motivi ed elementi fondanti, primo fra tutti lo slancio per il riscatto. Un evento musicale fra i decisivi del secolo. Tenuta presente la diversità di proporzioni, anchenel procedimento leggibile nella Cantata si riflette, anzi vi è come emblematizzato, il passaggio da un tipo di comunicazione povera al riscatto appunto, che è anche espressivomusicale, di essa mediante un lavoro di essenzializzazione, fino all'esito di una nuova rottura, di un nuovo fatto eversivo, che si richiama e riattua quello originario. Perché lo spettacolo è davvero la (provvisoria) conclusione di un pellegrinaggio, per vie diverse intersecantisi. Intanto attraverso la storia personale di Gio- _vanna Marini, indissolubile come è da una ormai lunga vicenda storica più. ampia (basta richiamare qualche nome: l'Istituto Ernesto de Martino diMilano, il Nuovo Canzoniere Italiano, la Scuola popolare di musica di Testaccio a Roma). Una vicenda interna a quella della sinistra in Italia, e in essa soprattutto delle realtà di base. (Una notazione: chi scrive ritiene che nel dibattito politico attuale, anche per quell' aspetto di esso che attiene al Pci, al suo passato, presente e futuro, si debba tenere ben ferma la MUSICA memoria di quanto c'è anche di positivo e di prezioso in un processo storico complesso; proprio per utilzzarlo oggi, quando spesso si tende, invece, a sommarie opzioni liquidatori e a senso unico e a frettolosi pragmatismi.) Una seconda via è poi, come si diceva, quella tra le svariate formemusicali è modalità di'esecuzione. In terzo luogo, e forse principalmente, il cammino è di attraversamento delle culture·: minoritarie, ma potenti per la dialettica tra forza di disperazione e forza di speranza. Vi è in esse la persistenza dell'utopia: che fa tutt'uno, spesso, con atti di fede cristiàna, vissuti talvolta con vero slancio vitale (in altrimomenti, invece, mortificati nèlla superstizione, çon effetti regressivi, di ripiegamento). li pellegrinaggio approda, appunto, alla sintesi di questa narrazione teatrale, in cui tutto ciò è presente. Espresso anche nel parlato; ma soprattutto tradotto nella comunicazione sonora. Nella modulazione vocalc del quartetto, che passa attraverso momenti di canonica voce impostata, e altri di "voce compressa, contadina" (Marini), con la sempre ricorrente emissione a timbri forti, urlata, c'è quella passione, da cui viene ancora slancio di opposizione, e qui anche una critica di fatto all'esistente nel macrosistema comunicativo. MUSICAPAZZA PERDAVIDMOSS Marcello Lorrai "Tutto il mio modo di esprimermi come vocalist proviene dal drumming. Quando canto, del resto, muovo le mani come se suonassi la batteria: sono due cose molto collegate fisicamente. E viceversa cantare cambia il mio approccio alla percussione';_ Ospite di "La metropoli primitiva" a Bologna e "Orizzonti vertkali sonori" aMilano, due rassegne, svol- i tesi in collaborazione questa primavera, che lo hanno presentato nell'ambito della perlustrazione del l'area dell'avanguardia musicale newyorkese a cui si sono dedicate, in scena David Moss porta un fisico da baritono e unà gestualità con tratti piuttosto tipici dei grassi. Foto di Paolo Bensi. Quando dice canto intende riferirsi a qualcosa che molto raramente assomiglia a quello che fa la celebrità di Pavarotti: il suo è un monologare convulso con sbalzi di registro dallo stridulo al grave, scampoli di melodia, borborigmi, imitazione di suoni, rumori prodotti con la bocca, magari infilandoci direttamente dentro un microfono. Il canto SÌ' mischia o si alterna con l'uso poco ortodosso di un drum set, completato da un assortimento incongruo di oggetti, dal palloncino colorato a un ventaglio di proporzioni adeguate al proprietario, con l'impiego dal volto umano di un piccolo armamentario elettronico, e con lo strimpellamento di una chitarrinaf elettrica issata sul petto. Con grande ilarità dei presenti alle sue esibizioni, Moss, performer di verve e humor eccezionali, inventore di gags irresistibili, riesce a far dimenticare allo spettatore che la dimensione che si trova di fronte .è quella di un solo, e a trasformare lo spazio in cui si muove nel teatro di una sorta di cartone animato astratto, con un sonoro in versione free. Ma i cartoons, spiega Moss, non hanno rappresentato per lui una fonte di ispirazione: "Possono far parte del bagaglio di esperienze dei fruitori, che associano quello che propongo a quello da cui sono stati influenzati, per esempio alla fantascienza, o, all'estremo opposto, a qualcosa di molto primitivo. Il 99 per cento della musica", continua Moss, che nel suo set infila sarcasmi sulla new age e sadici coiti interrotti con rudi ritmi funk, "è parte del sistema del controllo, cerca di condizionarti dandoti un solo tipo di feeling, e la stessa musica underground non è da meno. Io invece dico a chi assiste: senti quello che preferisci". Moss ha cominciato come batterista di jazz, lavorando fra l'altro con Bill Dixon, eminente figura del free, e nel jazz non gli sono mancate le soddisfazioni: il Critics Poll di "Down Beat", la più autorevole e diffusa rivista specializzata americana, lo ha segnalato per cinque anni consecutivi tra i "talenti meritevoli di maggiore riconoscimento", inserendolo poi nel '79 e '80 fra i dieci migliori percussionisti a livello internazionale. "Ma quando ascoltavo i dischi di fohn Coltrane, il mio grande eroe, che ha molto contato per me anche dal punto di vista delle idee sociali, nella mia testa era come se mi dicesse: certo, ok, puoi farla, della musica pazza. Ed è da lì che ho cominciato ad allontanarmi dal jazz per seguire la mia strada". L'esigenza di una direzione personale, oltre a fargli stringere amicizia con lo scultore Harry Bertoia (costituendo un po' per volta, con i pezzi avuti in regalo da lui, "un complesso da camera di sculture sonore", dice Moss), lo ha avvicinato all'avanguardia che. ha in John Zorn il suo alfiere, all'interno della quale Moss si è distinto non solo come membro di varie aggregazioni, fra l'altro degli Ambitious Lovers e dei Golden Palominos, ma anche come leader di proprie formazioni, in cui si è arruolata la crème dell'art rock e delI' improvvisazione della Grande Mela: nell'85 il suo albumDenseBand(DenseBand 91

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