Linea d'ombra - anno IX - n. 56 - gennaio 1991

MUSICA IL RITORNO DI GIOVANNA MARINI FrancescoMattia/i Dopo due rapidi passaggi a Roma, all'ini- ' zio dell'anno, e a Milano, le recite per un mese a Parigi e un'ampia tournée estiva in Europa (Barcellona, Nantes, Amburgo, Ginevra, ecc.), la Cantata profana a quattro voci di Giovanna Marini è di recente approdata di nuovo a Roma per una serie di repliche (al teatro Vascella dal 22 al 30 dicembre scorso). In occasione di questa ripresa, e considerato che probabilmente non mancheranno in seguito altre tappe italiane, ci pare utile svolgere alcune considerazioni, più ampiamente che nelle recensioni di routine, su e a partire da questo "caso" assai singolare. Si tratta infatti del frutto di un lavoro di ricerca, costruzione, reinvenzione, con implicazioni e una rilevanza permanenti anche oltre il momento rappresentativo. L'esecuzione è del tradizionale quartetto vocale, con Lucilla Galeazzi, Patrizia Nasini, Silvia Marini (sostituita nelle ultime recite a Roma da Francesca Breschi) e la stessa Giovanna Marini; c'è una pedana, nessun effetto di scena, nessun appoggio strumentale. La Cantata è presentata come diario di un pellegrinaggio attraverso "l'Italia dei santuari". "Il rito non c'è più" dice la Marini; sono rimasti, però, luoghi e tracce di un insieme di culture. Riguardo alla musica, si ritrovano preziosi canti religiosi antichi; ma anche molti casi e modelli del canto di base, popolare, formatosi e sviluppatosi nei secoli o anche talvolta in tempi recenti. Sulle tracce, appunto, ha lavorato il gruppo: soprattutto su quelle delle modalità espressive. Del canto di tradizione orale si eseguono brani: su di esso il "parlato" della Marini svolge riflessioni partecipi. Il suo .discorso è ormai lontano dalle certezze di vent'anni fa: sempre però è continua l'attenzione alle realtà che la storia propone, anche quando l'ironia fa da filtro. Con qualche ambiguità ogni tanto: ma forse c'è proprio nelle cose, oggi. Tutto questo dà luogo ad altro canto, su testi e partiture dalla Marini stessa composti. Ci pare che una delle connotazioni decisive, forse la prima a essere colta, di questo "insieme" espressivo possa essere indicata con la parola "passione". Di essa, anzi, si verifica qui una sorta di scorrimento dei significati. Spesso il canto popolare è canto religiosorituale, alla lettera. Frequente è il tema della passione di Gesù: nello spettacolo viene eseguita (è uno dei momenti trascinanti) una passione per coro di donne da Giulianello in Ciociari a. Le cantatrici popolari vivono la passione di Gesù come loro passione; di qui un'intensità di partecipazione, che si traduce in forza comunicativa di questQnarrare in musica, e èhe anzi qualifica le modalità di canto, proprio quanto ai caratteri e sensi musicali .. È tale originaria intenzionalità espressiva (il canto della passione 00 di Gesù è di essa solo un esempio di concretizzazione, anche se tra i più illuminanti) la promessa e il primo impulso per l'accensione emotiva che abbiamo ritrovato anche nell'esecuzione in teatro. Quel canto con passione (spesso, più o meno consapevolmente, nutrito di umori di rabbia, di volontà di opposizione e di rottura) è qui proprio riportato alla ribalta: del teatro come della storia, o cronaca, della musica. Non si tratta, o non si tratta solo, di un exploit a tono "esistenziale" di una persona o di un gruppo: perché è presente, poi, tutto il rigore derivante dal collegamento con un sistema di referenti sociali, culturali e storici, come vedremo. Ne risulta un'ispirazione unitaria e un prodotto che è, anche sul piano dell 'espressione musicale, insieme composito e fortemente compatto. L'aspetto che ci pare il più rilevante e· segnalatore di novità è quello della ripresa vera e propria dei canti di tradizione orale, e del metodo con cui essa si attua. Procedimento costitutivo di questa operai.ione è la messa in rapporto di questo canto con le consapevolezze e gli strumenti del livello musicale colto, raggiungendo come esito una sorta di reciproca interazione. Non si tratta, irt~omma, di un' esecuzione letterale e "filologistica", ma (decisivo il ruolo dei singolarissimi e sperimentati mezzi espressivi propri delle esecutrici) di una vera e propria ritraduzione, dove la forza delle fonti risulta come elevata a potenza. Ricordi~o (oltre la passione di Giulianello) un canto rituale siciliano raccolto a Gibellina, dalla struttura Foto di Riccardo Schwomenthol. molto complessa, presentato come uno dei rari esempi di canto gregoriano polifonico. Questi episodi, tra i punti più alti dello spettacolo, costituiscono. i momenti in cui l'ispirazione e il metodo di costruzione complessiva si dichiarano apertamente; e allora appare anche meglio la continuità con momenti diversi della Cantata, quelli "d'autore" e il senso complessivo. "L'importante è come si canta" dichiara la Marini: e sono presenti nello spettacolo esperimenti di vero e proprio montaggio, in sequenza senza soluzione, di canti popolari con brani da composizione, con lo sforzo di mostrare una continuità esecutiva. Nel secondo tempo, per esempio partendo da un brano della Marini ("O vita mia ...") si passa da un brano narrativo di tradizione .. Più non si canta, più non si balla, perché il mio amore l'è prigionier"; poi a due brani d'autore dei primi ·anni Settanta su avvenimenti di piazza, per concludere con il duro e teso "Tien An Men". ' Ci sembra perciò pertinente e ricco di implicazioni l'auspicio espresso da Lorenzo Arruga nella recensione sul "Giorno" (11 maggio 1990): egli si augurava che molti diplomati e studenti del Conservatorio assistessero allo spettacolo, "perché - scriveva - fra le qualità che Giovanna Marini possiede ce n'è una che nell'accademia è completam.ente sconosciuta, cioè il coraggio" (molto prossima a ciò che noi abbiamo individuato nella passione); e ancora: "il grumo dei linguaggi ... è diventato un linguaggio suo inconfondibile, in · cui tutto è come proteso verso l'antichità e verso la sperimentazione". A noi la Cantata, e il processo di cui essa è un momento, richiamano un grande fenomeno musicale in altro ambito: quello cioè del "canto povero" dei neri nordamericani (negli spirituals, nei gospel, nel blues arcaico), che dà luogo, attraverso i passaggi successivi della nascita e del primo sviluppo del jazz, alla grande scuola del bop, e di qui a tutto il jazz moderno e contemporaneo. In cui quella "musica di base" (pur persistendo intanto come tale) dà il contributo decisivo al nasce-

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