Linea d'ombra - anno IX - n. 56 - gennaio 1991

-------------------<------------------ ACHENGECHEN DALLIBROALFILM GoffredoFofi Su Acheng siamo intervenuti più volte, di recente per penna di Barjcco, e abbiamo anche pubblicato un suo racconto. Ma anche sti Chen non abbiamo taciuto, e già Volpi ne parlò adeguatamente nel lontano n. 22. Sono due autori che ci piacciono, anzi che ci app11ssionano. E la sintoni_}lche il film di Chen dimostra rispetto al romanzo breve di Acheng è davvero impressionante. Entrambi hanno attraversato i duri anni della "Rivoluzione culturale" (sempre più da mettere tra virgolette e sulla quale ci fecero credere, i "terzini" che si dicevano dissidenti, troppe falsità, e altrettante ne volemmo credere), ed entrambi finirono in "brigate di produzione" nelle campagne, sui monti, lontano dalle turbolente città dove avrebbero solo accresciuto le masse degli scontenti. Tra i due, nel rievocare quegli anni (i metà Settanta) c'è una differenza, però, ed è stilistica. Sia Acheng che Chen sono figli di sceneggiatori cinematografici, sanno narrare, sanno costruire .. Ma Acheng è più essenziale, più asciutto, più "sceneggiatore" - nella sua volontà di essere anti-retorico fino in fondo e di confutare nei fatti il bla-bla-bla della verbosa, rituale, asfittica sacra dottrina della propaganda e dell'ideologia. Chenconfuta la retorica per ANTOLOGIA Gli anni passati nelle campagne ••• Acheng Gli anni passati nelle campagne hanno avuto un effetto diretto e profondo sul mio stile di scrittura. Per esempio, io uso frasi molto brevi. Forse è una reazione al periodo di quando studiavo in città e ogni cosa che ci veniva data da leggere era fatta di frasi lunghissime. Ma anche i contadini parlano a frasi molto brevi e la letteratura tradizionale ha questa struttura che mi piace perché il ritmo del discorso, il tempo musicale del discorso diventa più nitido ed è più difficile perderlo. Credo che poche parole, una sola parola può evocare un intero qu11dro.In uno dei miei libri c'è un momento in cui varie persone in una stanza mangiano della minestra. Se avessi usato lo stile ufficiale, lo stile "di città", avrei descritto come si prepara la minestra; se laminestraera calda e avrei detto quanto a quella gente piaceva quella zuppa. Invece ho scritto solo che la stanza era piena del rumore di quelli che mangiavano quella minestra. E questo dice tutto: il suono dice delgustodimangiareunabuonazuppa. Un'altra caratteristica del mio stile è che evito le descrizioni dirette. Anche i contadini molto spesso parlano delle cose in maniera indiretta, pensano che in questo modo la gente che ascolta sia costretta a riflettere di più ... ( ...) un• altra strada, ed è infatti più regista che sceneggiatore o scrittore: quella della ricchezza della forma, pur se in una coerente misura: una forma che non si vergogni della ricerca della bellezza e della bellezza raggiunta-(contro la bruttezza, la rozzezza del didascalismo parrocchiale, bensì "ballerino" e "canoro" dei film detti maoisti). La sua è tuttavia una bellezza giusta: austera e calibrata, che non invade, travolge, trucca i contenuti, ma serve invece a potenziarli, a renderne forte la carica per mezzi a essi congeniali, anzi intrinseci. Così, dove il racconto si limita a suggerire (per esempio nei chilometri di andiriviéni tra brigata e scuola) il film mostra: la natura, le albe, i cieli, le piante, la polvere, insomma il paesaggio, e però per raccontare il rapporto tra uomo e paesaggio. Il re dei bambini, terza storia dei poveri "re"raccontata da Acheng, narra di un giovane spedito dalla Rivoluzione culturale in campagna a rieducarsi, che, dopo sette anni ben duri, è scelto per fare il maestro in una scolettamontana. Non ha mai insegnato, è giovanissimo, ma ci prova; e riesce a stabilire il rapporto giusto coi ragazzi, a conquistare il più difficile, a mantener vivi i rapporti con gli altri I soli libri a disposizione durante la rivoluzione culturale erano quelli ufficiali. Per sapere qùalcosadella storia e della cultura cinese si doveva cercarlo tra la gente. L'effetto più grande della rivoluzione culturale è stato quello di separare, in modo netto, la storia ufficiale, la propaganda, da quello che pensava la gente, dalla cultura della gente. In questo senso andare nelle campagne è stata per me una grande lezione. Lì si poteva incontrare molta gente con un vero interesse a trasmettere idee e informazioni che non appartenevano al mondo "ufficiale". Ma va ricordato che il partito non ci ha mandato in campagna con questo scopo. Ci ha mandato via dalle città solo perché la popolazione studentesca era diventata troppo grande, con tutti i problemi che ne "rieducandi", chepure stanno lontano di lì. Alla lunga il suo metodo - troppo poco rituale, tropPOattento al rapporto tra mezzi e fini e al • loro adeguarsi alla _realtàdei ragazzi - non piace, l'ispettore venuto da fuori-funzionario dellaRivoluzioneculturale, vadasé-lo allontana dalposto, e ilnostro giovanotto torna a fare il contadino.Costruitoper sintetichescene quasi a sé, rottoda ellissi, fotografatostupendamente, interpretato da un giovane attore di intensa e spirit_ualesemplicità, poetico e superiore: è scandaloso che un film come Il re dei bambini (che è l'appellativo che veniva dato nella Cina anticaaimaestri elementari)non sia stato distribuito in Italia. Il film accentua la "morale" del libro, proponendone alla finedella storia due. La prima è esplicitatadall'invenzione daparte del maestro, nell'ultima lezione, di un nuovo segno dello sterminato alfabeto cinese, che significa mucca-piscia. Dice il maestro: quando facevo il contadino, per farmi seguire dalle mucch(, pisciavo, e loro accorrevanoperché bisognose e golose di sale. Quando se ne va, incontra un pastorello che non ha voluto frequentare la scuola:stapisciandocontroun alberoe lemucche arrivano. Questo modo di intendere il proprio ruolo, legato alla tradizionee alla terra, ai suoi tempi e riti, allasua"terrestrità", non può piacere a nessun provveditore e ideologo del potere centrale. Secondamorale: i giovani neo-contadini così come i bambini, ripetono due volte la storia senza fine del "monaco che racconta la storia del monacoche raccontaeccetera eccetera". La Storia si ripete. Anche, e forse più che altrove, in Cina. seguivano. Involontariamente, comunque, questa è stata per me un'occasione unica per studiare la culturacinese. (...) Sto lavorandomolto sucose che ho scrittomolti anni fa incampagna,modificando, riscrivendo, aggiungendo.Stoscrivendo un romanzo e un soggettoper un film.L'ambiente è sempre quello delle giovaniGuardie Rosse mandate nelle campagnee le loro esperienze. È lo stesso periodo della "serie dei re'', ma il mio approccioèmolto diverso:nei primi libri parlavo in prima persona, ora uso la terza. Sono io il narratoree posso sapere cosa pensano tutti gli altri personaggi.Prima lo ignoravo: io ero solo uno dei personaggi. Sto anche lavorando a un libro sulla interpretazione popolaredelConfucianesimo, in opposizione alla interpretazione"ufficiale".(: ..) Nel 1987mi hannomandatoa San Francisco in un programma di scambi culturali. Finito il mioperiododi studiho deciso di non tornare. Teoricamente potrei tornare, ma a che scopo? Non potrei pubblicare nulla. Qui sto bene, nessunomi dà fastidio. Lavoro parttime come irnbianclùnoe muratore e faccio riparazioni di automobili... Vedi, in questa stanza c'è il motore di una Volkswagen, poi rimetterò apostounaBmw.Scrivo tramezzanotte e le cinquedi mattinae poi dormo fino a mezzogiorno. L'unico problema vero è che con il miopovero inglesenon posso comunicare e parlare con la gentequanto vorrei ... (Dal "Manifesto"del 9-XII-90) 89 '

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