Linea d'ombra - anno IX - n. 56 - gennaio 1991

CINEMA Un anno dopo il capo dello studio Guangxi vennea chiedenni di cambiare il film, perché volevano recuperare le spese del film stesso. Ti diamo la possibilità di farlo, mi disse, adesso devi pensare anche a noi. D'accordo, accettai, cosa volete che cambi? . La fine, mi disse, perché non mostrava nulla della grande parata, malgradoquello fosse il titolo del film. Non volevo farlo. Spiegai che mi interessava il modo in cui della gente potevapassare mesi nello stesso posto, stando insieme e marciando, marciando, marciandoogni giorno-che cosa pensavano, perchévolevano farlo. II capodisse che era d'accordo e che capiva: eraperchécrescevano sotto labandiera rossa. Non credevache io stessi facendoqualcosa contro il governo. Avrei proprio voluto mandarlo affanculo. Alla fine aggiunsi in fondo al film qualche scena sulla grande parata per accontentarli. Non mi piace quel finale. Il finale originale mostrava solo la pista della base aerea. Si vedono i raggi del sole e sulla colonna sonora si sentono voci che ridono e parlano. Preferisc~ quel finale perché la gente può pensare cge non abbiamopartecipatoalla grandeparata.Ho fattodelmiomeglio.Non ho potuto rifiutarmi di fare quai cambiamenti. Non ho vinto, ma non hoperso. Il governo premiò il film- perché favederedegli spiriti forti che dimostrano che la Cina è un grande paese e i suoi soldati hanno un grande carattere. Nonmi lamento. Sedecidi di fare il regista devi soffrire.Alcuni vecchi critici ci attaccano, noi giovani, perché dicono che non siamocapaci di raccontare delle belle storie.Non è vero. Se volessimo piacere a tutti, potremmo farlo. Abbiamo studiato per anni nelle accademie cinematografiche, sappiamo come si fa. Ma se cento registi in Cina fanno film commerciali, perché devo fare come loro? Forse sono l'unico regista che fa del cinemad'arte. Io prendo il cinema molto seriamente. Il cinema può far riflettere la gente sulla situazione cinese, su ciò che possiamo fare, sul modo per migliorare il nostro paese. Diciamo sempre che ci piacerebbe essere ricchi. Ci piacerebbe che la Cina diventasse un paese potente. E la cultura? Se non sappiamo creare niente di nuovo, se non sappiamomigliorare la nostra vecchia cultura, non credo che la Cina possa diventare una nazione forte. Dopo la Rivoluzione Culturale, molti dirigenti tornarono a occupare le loro posizioni e diventarono di nuovo leader del governo e del Partito. Avevano sofferto molto, ma ai giovani non piacevano lo stesso. Forse la Rivoluzione Culturale aveva le sue ragioni d'essere. Non credo che sia nata perché il PresidenteMao era andatoinpiazza Tienanmena salutare la gente. Sarebbe troppo semplice. Forse la gente non era soddisfatta della società cinese. Voleva cambiare qualcosa - ecco la ragion d'essere della Rivoluzione Culturale. Solo che non sapevano come fare. Ecco perché, quando Io lessi, il racconto di Acheng Il re dei bambini mi piacque moltissimo. Anche Acheng era stato nella provincia dello Yunan, forsea un chilometro di distanzada m~.in un'altra squadra di produzione. C'era rimasto undici anni. E un periodo lungo. Scrissi io stesso la sceneggiatura. Andai' nella stessa zona, proprio nel villaggio in cui ero stato io. Andai con un furgone, e altre persone vennero con me. Ero emozionato. Alla fine, proprioprima di ripartire, chiesi alla gente del villaggiose mi riconoscevano. Tu sei Chen Kaige, dissero tutti. Mi avevano riconosciuto. Ero commosso. Me ne ero andato molti anni prima. Ero diventatoun regista. Ma loro erano ancora lì, rimanevano con gli alberi. Credo che quella non sia una bella vita. Io non cambierò la vita, ma i sentimenti - nei miei film mi piace mettere sentimenti ed esperienze. Non sarò un maestro - non voglioinsegnare a nessunocome vivere, nonè il miocompito. So che alla gente piace sentire la mia voce. Forse si tratta di una voce molto debole, ma questo non ha importanza. In Cina abbiamo bisogno di voci diverse. Ecco perché ho voluto fare un film 88 come Il re dei bambini. Mi rendo conto che è molto intellettuale. È molto difficile.per alcune persone capire questo fatto. La maggior parte dei registi cinesi, se gli venisse chiesto perché hanno fatto un film, risponderebbero, è il mio mestiere. Quando feci Il re dei bambini ero moltostanco, per due ragioni. Una era che passavo molto tempo parlando con l 'operatore, il direttore artistico e gli attori. Volevo che capisserociòchevolevodire con questo film - perchémettevamola Ilre dei bambini. cinepresa in un certo punto, perché l'inquadraturacomprendeva certe cose. La secondaragione era che io ero alla ricerca di me stesso. Se si guarda con attenzione Il re dei bambini, vi si trova me. Ho un buon ricordo della lavorazione di questo fùm - a tratti un ricordo romantico. La provincia dello Yunan è molto bella: di notte si vedono i raggi della luna. Non riuscivo a donnire. Chi ero io, in quel posto? Cercherò di spiegare quello che volevo dire nel film.Per me, la storia è moltosemplice: una scuola,unmaestroche cerca di insegnare qualcosa ai suoi studenti, gli studenti che cercanodi impararequalcosadal maestro. Il metodoeducativo era terribile- ammazzava letteralmente i bambini. Ecco perché ero come impazzito. Non sapevo coSa fare quando affrontai la Rivoluzione Culturale. Ero confuso. Tu non sei un essere umano, sei parte di una macchina. Se abbandoni la macchina, non puoi fare niente. Credo che questa sia la base del potere del Partito Comunista in Cina. Non dicono mai: puoi fare tutto quello che vuoi. Dicono: ascolta me. Gli alberi alla fine del film venivano bruciati, proprio come i bambini. La scuolanoncambiamai. È lì e basta, comela tradizione culturale cinese, come il tempio. Ecco perché l'ultima scena è l'incendio. Se si vuole costruire qualcosa, se si vuole creare qualcosa di nuovo, bisogna prima bruciare qualcosaltro. Alcune persone si rivelarono molto suscettibili, in Cina, dicendo che era un filmanti-rivoluzionario e anti-governativo. • È come un circolo vizioso. I miei sentimenti nei confronti del Presidente Mao sono molto complicati. Egli fece molte cose tremende, portò molte tragedie al popolo cinese. Ma chi lo autorizzò a fare questo? Chi gli fece credere che aveva il diritto di fare tutto ciò che voleva? Il popolo cinese. Vorrei rompere questo circolo vizioso. Sarebbe bello trovare un modo per poter vedere ciò che ci aspetta in futuro. Questo testo è il risultato di un'intervista di Robert Sklar, fatta a New York poco prima dei fatti del giugno 1989; è apparso in "Cineaste" n. 3/1990.

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