grammi in diversi settori d'attività governativa che sarebbero stati applicati dai militari una volta al potere, ma non ne esistono praticamente altre sull'elaborazione del piano repressivo. È naturale, perché in questo campo la solidarietà tra i militari è forte e non ha consentito che trapelassero informazioni precise." E quanto ai ruoli assegnati alle singole Forze armate nell 'attuazione di quel piano? "La responsabilità primaria toccava all'esercito, sia per la storica tradizione di assolvimento di compiti da polizia, che invece la matjna e l'aviazione avevano svolto solo occasionalmente in passato, sia perché in possesso di una struttura tanto più ampia rispetto alle altre armi. Le cosiddette "zone di sicurezza" in cui venne diviso il paese coincidevano con le aree della mappa interna dell'esercito e ciascuna di esse era comandata da un generale dell'esercito. L'organigramma fu concordato con la marina e l'aviazione, che pure s'impegnarono a operare con i rispettivi uomini e a mettere a disposizione loro installazioni. La polizia svòlgeva compiti subalterni, come fornire le forze d'urto e i commissariati per rinchiudere provvisoriamente i detenuti quando ce n'era bisogno; i poliziotti facevano insomma il lavoro più sporco." Si manifestarono in qualche modo le differenze esistenti nell'esercito fin dagli anni Sessanta tra il settore chiamato "liberale" e l'altro "nazionalista"? "No, per quanto riguardava l'azione repressiva ci fu un·accordo pieno nell'esercito così come nel resto delle Forze armate." Si registrano casi isolati di ufficiali che hanno tentato di opporsi ali' opera omicida. Quattro gatti, che naturalmente dovettero lasciare il servizio o che furono costretti a lasciarlo da minacce e persecuzioni. Ancora in questi anni di ristabilita normalità istituzionale, la sede del "Cemida" (Centro dei militari democratici argentini) è stata fatta bersaglio di qualche attentato BuenosAires, Avenida De Mayo {foto di Roberto Koch/Contrasto). IL CONTESTO dinamitardo.L'ex capitano Federico Mittelbach, che già se n'era andato dall'esercito alcuni anni prima ma che continuò a frequentare ambienti militari in quanto docente del Colegio Militar de la Naci6n (la scuola allievi ufficiali), dice che fino al momento iri cui s'insediò la Giunta capeggiata da Videla "la maggioranza degli ufficiali e sottufficiali non sapeva esattamente quale sarebbe stata la metodologia della repressione; non erano state date indicazioni precise dall'alto della gerarchia. Era noto qualche precedente di sparizione di uomini catturati dai militari nei primi anni Settanta ma non mi risulta che nelle caserme si sia parlato di un'applicazione generalizzata di tale metodo a partire da quel momento". C'era tuttavia in molti la predisposizione necessaria a ubbidire anche agli ordini più terribili: "Io sono stato professore al Colegio Militar nel periodo immediatamente precedente al colpo di stato del '76. Ricordo che una volta, primo giorno di lezioni, mentre mi accingo a cominciare, vedo tutti gli allievi con un rosario in mano e che a un certo punto, evidentemente già d'accordo, all'unisono tirano fuori da sotto i tavolini una cartolina con il ritratto della Madonna di Lujan insieme con una svastica. Rimasi inorridito. Quei futuri ufficiali venivano indottrinati da alcuni superiori perché sapessero agire con crudeltà nel nome di Dio." Come mai, Verbitsky, talvolta sembrava che ci fossero contrasti fra i repressori di diverse armi o anche di settori di una stessa arma? "Non c'erano contrasti sui metodi, ma rivalità per motivi politici fra aree interne, ciascuna con tanto di servizi segreti. Per esempio l'ammiraglio Eduardo Massera, allora comandante in capo della marina, fece di tutto per sfuggire a quello che per lui erano le strettoie dell'organigramma perché •personalmente aveva ambizioni politiche. Così la Scuola di Meccanica della Marina, nella capitale, diventò un importantissimo enorme campo di concentramento. In parole povere, chi più gente sequestrava 7
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