Linea d'ombra - anno IX - n. 56 - gennaio 1991

INCONTRI/LIVELY Inghilterra, in un momento definito della storia, rifletto quella società; ma in un certo senso potrebbe essere qualunque società, viviamo in una tale cultura globale che poche società - certamente non quella in cui vivo io - può esser considerata autonoma. Sto terminando proprio ora un romanzo su Londra che, mi rendo conto, potrebbe essere quasi su qualsiasi altra città; le città sembrano ora avere una tale cultura globale, sono soggette a un tale bombardamento di informazioni nel tempo e nello spazio, anche se naturalmente mi rendo conto che vi sono delle enormi differenze tra, per esempio, Londra e Roma. Ma Lei mi aveva chiesto perché scrivo: perché mi sento spinta a farlo:· Direbbe che vi è unadifferenza in generale, o che vi è nel suo lavoro, tra lo scrivere romanzi e lo scrivere racconti? Sì, per me penso che vi sia: il racconto mi sembra avere un genere di ispirazione e gestazione completamente diversa dal romanzo, nasce, per qualche ragione, in modo molto più immediato dalla vita. È una cosa che faccio sempre fatica a spiegare: il romanzo è per me un concetto molto più intellettuale. Il romanzo nasce inizialmente da un'idea, poi mi sforzo di trovare i personaggi, lo sfondo e una storia per esprimere quell'idea. Un racconto invece nasce in modo molto più immediato e curioso dall'esperienza personale, a volte un'esperienza personale di molto tempo fa, nel senso di qualche cosa che uno sente o vede per caso, o che per caso capita, che diventa il germe di un racconto; e poi, con il passare del tempo - anche un lungo periodo di tempo, a volte anni - uno trova il modo di dare ali' esperienza personale quella che si spera sia una portata universale. Ho scritto un racconto intitolato A Clean Death (Una morte pulita) su una adolescente che va a sparare a un coniglio seivatico assieme a un suo coetaneo: ecco, quel racconto è nato in modo immediato da una mia esperienza personale da ragazzina; ma è stato solo molto più di vent'anni dopo, alla luce della mia esperienza di adulta, che ho capito il significato di quell'incidente. Questo è il racconto più immediatamente autobiografico che ho scritto. Ma questo è vero anche di altre cose: ho scritto un racconto sulla Russia, The Crimean Hotel, che è nato in un certo senso da un'esperienza personale: sono stata in Unione Sovietica con altri scrittori inglesi e ci capitò un incidente simile a quello del racconto, anche se non identico; e di nuovo, circa un anno dopo, vidi il modo di usarlo per fare un commento sulle differenze culturali, sulla solitudine, sulle difficoltà di reciproca comprensione. ~olti dei suoi racconti, come questo, parlano di donne sole. E vero, anche io stessa lo sono stata molto. A quanto pare, vuol dire che è una cosa che mi interessa. Perché la raccolta completadei suoi raccontisi chiama Pack ofCards? Come uno dei racconti, certo, maperché quel racconto? Quasi tutti i racconti contenuti in quella raccolta provenivano da due raccolte precedenti, una intitolataNothing Missing but the Samovar(Non manca nulla tranne il samovar) e I'altraCorruption (Corruzione); entrambe portavano il titolo di un racconto e, se devo dire la verità, avevamo disperatamente il bisogno di un titolo e anche qui ho pensato al titolo di un racconto; non che quello 80 fosse un racconto particolarmente significativo, ma la raccolta aveva bisogno di un titolo che catturasse l'attenzione e in un certo senso una raccolta di racconti è un mazzo di carte. Così si creava un'ambiguità, dato che il ~itolo del racconto viene naturalmente da Alice nel paese delle meraviglie. Andando ora a ritroso, si potrebbe dire che-Going Back (li ritorno, del 1975) sia il momento di svolta tra le sue storie per bambini e la narrativa per adulti che è venuta dopo? In realtà ho scritto Going Back abbastanza presto, quando scrivevo solo storie per bambini. Naturalmente si tratta di un libro che poteva essere sia una storia per bambini che un romanzo per adulti: in un certo senso non è né carne né pesce, perché penso che non possa essere capito se non da un adolescente abbastanza sveglio di tredici o quattordici anni, mentre, dal momento che è pubblicato come libro per bambini, non molti adulti lo leggono. Credo che sia più probabilmente un esempio del fatto che non.e 'è una divisione netta tra un certo tipo di libri perragazzi e i libri per adulti. Qualcuno una volta mi ha chiesto perché non l'avessi scritto come libro per adulti e io non ho saputo che cosa rispondere. A volte penso che se fosse pubblicato, o ripubblicato, semplicemente senza l'indicazione del tipo di pubblico a cui è destinato, potrebbe essere letto da tutti. Per questo mi è sembratochefosse qualcosache stavaa metà strada. Ma passiamo ora a domande più specifiche sulla sua tecnica narrativa. Da quanto ho visto, lei usa la narrazione in prima persona solo nei racconti e mai nei romanzi: c'è una ragione specifica? Moon Tiger è una narrazione in prima persona, salvo che vi sono vari punti di vista; Claudia, la protagonista, viene vista da angoli differenti, ma essenzialmente è una narrazione in prima persona. Ma non ho mai fatto un romanzo interamente in prima persona, credo che sia la scelta più difficile. Trovo sempre curioso, nel leggere delle opere prime - e ultimamente mi sembra di farlo spesso perché sono nella giuria di un importante premio per opere prime - quanti scrittori giovani, o scrittori esordienti automaticamente usino la narrazione in prima persona sbagliando, per inesperienza, perché non si rendono conto di quanto sia difficile. E la scelta più faticosa, più impegnativa. Forse la ritengono quella più direttamente autobiografica. Credo che in un certo senso sia così. Ma credo che non ne percepiscano i trabocchetti. La ragione per cui io ci vado molto cauta è perché mi rendo ben conto della difficoltà e dei problemi creati dal narratore inaffidabile, ma anche forse perché sinora non ho ancora avuto tra le mani un soggetto narrativo che la richiedesse e certamente si potrebbe presentare una situazione in cui non potrei fare altrimenti. Passiamo a Next to Nature, Art (Dopo ·1anatura, l'arte): perché è tutto narratoal tempopresente (cosa cheavviene anche per alcuni dei racconti)? Mi viene fatta spesso questa domanda, poiché salto molto spesso da un tempo verbale a un altro; uso il presente in quel romanzo - e qua e là altrove - per dare un senso di immedia-

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