Linea d'ombra - anno IX - n. 56 - gennaio 1991

SCIENZA/GOODMAN te. La cosa migliore che possiamo fare, credo, è edificare una società più umana, in cui gli uomini possano essere se stessi e i bambini diventare adulti senza che la loro curiosità vitale sia troppo frustrata. Per definizione, ogni cosa radicalmente nuova deve sembrare inusitata a tutti, tranne a chi l'ha scopertp o) inventata. Se.non altro per elevare il livello generale di cultura, sono favorevole a una politica di decentramento quanto mai largo delle sovvenzioni per la ricerca scientifica invece che di concentrazione dei fondi - come oggi accade - nelle mani di pochi dirigenti industriali1. III Etica della tecnologia Anche l'etica della tecnologia ha subito una trasformazione radicale. La principale matrice storica della tecnologia, vale a dire il lavoro dell'artigiano, del minatore, del navigatore, ecc., offriva una possibilità di controllo immediato sull'utilità, l'efficienza, i costi e gli imprevisti. Una matrice secondaria ma importante, gli esperimenti naturalistici degli alchimisti, dei maghi e "1agari dei medici del Medio Evo e del Rinascimento, non offriva tale possibilità di controllo: l'archetipo è la vicenda dell'Apprrndista stregone. Ma proprio per la mancanza di una possibilità di controllo ci si atteneva a un rigido codice morale, che permetteva solo magìa bianca e additava nelle virtù cristiane l'ingrediente inestimabile della pietra filosofale. La magìa nera, come lo scienziato folle dell'odierna storia a fumetti, era il "cattivo" della tragedia popolare. Anche dopo la rivoluzione industriale e la definitiva appropriazione capitalista dei mezzi di produzione a fine esclusivo di profitto, però, il mercato offriva una possibilità di controllo sull'economicità del processo produttivo e sull'utilità dei prodotti, anche se notoriamente il sistema non si preoccupava affatto dei costi sociali e delle conseguenze secondarie: segregazione degli operai, slums, inquinamento atmosferico, cumuli di scorie, esaurimento delle risorse. In linea di massima l'economia politica doveva, e deve, disciplinare costi e profitti in modo da assicurare il bene di tutti. In base a questa disciplina l'impiego e lo sviluppo della tecnologia sono regolati dalla prudenza, che comprende la saivaguardia della sicurezza, dalla cautela contro la possibilità di inconvenienti imprevisti, dalla previdenza per evitare avventure, e dalla vigilanza sulle strutture e il funzionamento del sistema produttivo. La storia ha preso una strada diversa.L'economia poi itica non si è dedicata a questi compiti ma alla misurazione del reddito nazionale in termini monetari; ha fornito e fornisce precetti solo sul modo di spingere al massimo lo sviluppo tecnologico per accrescere il numero astratto dei beni e dei servizi indipendentemente dalla qualità e dalle reciproche contraddizioni. Il controllo del mercato è stato indebolito dalle sovvenzioni, dai contratti a conguaglio dei costi, dai monopoli, dalla fissazione dei prezzi ad opera dei cartelli, dalla pubblicità e dall'ignoranza del consumatore; e le diverse tecnologie si alleano e si integrano, punte! landosi a vicenda in un sistema tentacolare e tenebroso, cosicché anche per gli esperti è diventato immensamente difficile stabilire che cosa è veramente utile, conveniente o anche solo sicuro. Nessuno è in grado di prevedere le conseguenze secondarie e remote; e il controllo dei sistemi tecnologici, e dei sistemi di sistemi, è 76 affidato a grossi dirigenti industriali che in fin dei conti non sono interessati ali' efficienza e tanto meno alla prudenza. Non sono in affari per ragioni tecniche né civiche. Viene così a mancare del tutto uno moralità della tecnica. Si stipendia un tecnico perché realizzi un dettaglio di un programma che gli perviene dall'alto. Egli può solo cercare di fare onestamente il suo frammento di lavoro, ma non ha il diritto di criticare il programma nel suo insieme in base a considerazioni di efficienza, buon senso e buon gusto, conseguenze per la collettività, rispondenza alle esigenze dell'uomo. Se anche i dirigenti sono sordi a queste considerazioni, il tecnico si trova spesso nella condizione di mettere le sue capacità al servizio di obìettivi grotteschi e incoerenti. Si progettano automobili troppo veloci per offrire un minimo di sicurezza; nella lavorazione dei prodotti alimentari si estraggono dai cibi le sostanze nutritive, per poi magari rimettercele; una sapiente progettazione edilizia mira a distruggere i quartieri come centri di vita associata; si ammassano armi che solo un pazzo userebbe. Il colmo dell'irresponsabilità è che al tecnico non si dice nemmeno che cosa sta fabbricando. L'interdipendenza dei sistemi tecnologici, sottratta al controllo diretto della conoscenza e consuetudine personale e della prudenza politica, crea una serie di trappole mortali. Si può ignorare del tutto la scala umana: il tempo e le energie di cui gli uomini dispongono, lo spazio di cui hanno bisogno per muoversi, il ritmo o l'aritmia che consentono loro di dare il meglio di sé. Ci muoviamo, o talora non riusciamo a muoverci, nello spazio tracciato dai tecnici. Si producono strumenti migliori, ma nel periodo di transizione fra i vecchi e i nuovi tutti vivono scomodi, e quando il nuovo strumento entra in produzione può essere già superato. L'aereo a reazione consente di viaggiare in fretta ma ci spezzetta l'esistenza, comporta tragitti più lunghi per raggiungere gli aeroporti e attese più lunghe nei terminal, cosicché ci resta sempre meno tempo libero. Dappertutto si installano calcolatori elettronici e non c'è più una persona alla quale si possano chiedere informazioni o servizi relativi a una propria esigenza particolare. Le città si espandono in misura tale che non è più possibile uscirne; le campagne sono abbandonate e perciò è inutile predisporre i mezzi per arrivarci. Si progettano immense tipografie e giganteschi complessi in altri settori dell'informazione e della comunicazione, ma perché investimenti del genere siano redditizi occorre un pubblico di massa, e diventa sempre più difficile pubblicare un libro serio e diffondere un messaggio che non sia banale. Tutto questo evoca l'immagine del caos, e la vita d'oggi è molto vicina a questa immagine. Fatta eccezione per quanto è stato realizzato nella cura delle malattie infettive, in alcuni servizi collettivi e nel settore delle attreztature domestiche e agricole, sono rari i progressi tecnici degli ultimi anni che non presentino, accanto a quelli positivi, una serie di aspetti negativi. Non è detto che i grandi vantaggi derivati dalla diffusione universale di comodità o necessità fondamentali, come l'energia elettrica e l'acqua, siano offerti anche dalla massificazione del comfort e dei consumi voluttuari. I vantaggi morali dell'accresciuta disponibilità di beni e servizi sono in gran parte illusori. Al moltiplicarsi delle occasioni non si accompagna un aumento del tempo neces-

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