STORIE/MacLAVERTY sulla balaustrata. Il Gran Profondo si sedette per infilarsi gli stivali. "Mi se-usi,signore", dissi lasciando cadere qualche moneta nel cappello. "Sono uno studente dell'università e non ho potuto far a meno di assistere alla vostra esibizione. Davvero molto interessante". "Grazie", disse Profondo. Dopo tutto quel berciare ora la sua voce pareva morbida. "Fa piacere ricevere i complimenti di uno che ha i titoli". "No, no, non ancora. Ne manca alla laurea. Le ho detto di essere uno studente per la sola ragione che intendo farvi una proposta." Il Gran Profondo staccò gli occhi dai lacci per guardarmi. Notai che non aveva calzini. "Sono il cassiere di un'associazione universitaria che, una volta o due l'anno, fa degli spettacoli dal vivo. Le interesserebbe, o vi interesserebbe, esibirvi per noi?" "Quanto?" chiese il suonatore di sega dalla balaustrata. "Non possiamo pagare molto. Ma vi daremo modo di fare una colletta sul posto." "Se tutti danno come te, non ne vale la pena," disse l'uomo contando il denaro. "Perché mai l'università dovrebbe voler vedere dei tipi come noi?" disse il Gran Profondo, sorridendo all'idea. "Alla nostra associazione piacereste di sicuro. Si chiama 'Club dei Genuini Eccentrici'. Ci ritroviamo una volta al mese, ci concediamo qualche birra, e ogni tanto uno spettacolo". Era vero solo in parte.Quell'anno ci eravamo riuniti appena due volte e, in entrambe le occasioni, lo spettacolo era stato uno spogliarello. "Chi?" chiese il suonatore di sega. "Musicisti. Cantanti occasionali. Cose di questo genere." "Ci penseremo", disse il Gran Profondo. Mi scrisse l'indirizzo e io gli dissi che l'avrei contattato dopo la successiva riunione del consiglio. Mentre mi allontanavo udii il suonatore di sega che diceva, "Otto sterline e rotti". "Se mia madre fosse viva, Jimmy, sarebbe orgogliosa di me. Andare all'università." Il Gran Profondo rise e pestò con lo stivale per terra. Il consiglio dei Genuini Eccentrici fu entusiasta dell'idea e propose addirittura una somma più generosa di quella stanziata per ciascuna spogliarellista. Divisa fra i due ospiti, tuttavia, la cifra era ancora insufficiente. Presi la parola e dissi che se ci tenevano alla reputazione di eccentrici - ha-ha - avrebbero dovuto tirar fuori qualcosa di più. Un suonatore di sega e un ingoiatore di spade sul territorio dell'università! Una trovata sensazionale! Solo uno sciocco vi avrebbe rinunciato, qualunque ne fosse il prezzo. Il consiglio . finì col deliberare, anche se con una certa riluttanza, il doppio di quanto pagato alle spogliarelliste e non obiettò alla colletta da farsi la sera dell'esibizione. Desiderando comunicargli la notizia e chiedergli un'intervista per il giornale dell'università, mi recai dal Gran Profondo. Era un quartiere con i muri imbrattati di slogan, irti di vetri rotti alla sommità. Parcheggiai e chiusi la macchina. Poi, vedendo sul marciapiede dei bambini che giocavano con un divano sfondato, controllai le maniglie di ogni portiera e mi portai dietro il registratore. Era un modello costoso-da intervistatori professionisti - un regalo fattomi da mio padre quando gli avevo rivelato il mio interesse per il giornalismo. 68 I campanelli del caseggiato erano inframmezzati da mozziconi di carta con una varietà di nomi. Il nome sul campanello del 14c era Frankie Taylor. Suonai e attesi. Polvere e cartacce svolazzavano agli angoli dell'edificio. Si aprì una finestra da cui si sporse lui in persona. "Si ricorda di me?" urlai. La figuraallafinestraannuìe mi fece cenno di salire. Il vano delle scale in pietra era impregnato di sgradevoli odori di cucina. Quando giunsi al quarto piano, il Gran Profondo mi aspettava, scalzo, sul pianerottolo. "Sì, mi ricordo," disse, e ci stringemmo la mano. "Lo st_udente. Queste scale non risparmiano neanche i migliori." Col respiro pesante, mi introdusse nell'appartamento e mi offrì una sedia che rifiutai. Sarebbe stato libero - sarebbero stati liberi lui e il suonatore di sega- il tredici sera del mese seguente? L 'ingoiatore di spade si strinse nelle spalle e disse che molto probabilmente sì. Si accomodò nella poltrona e ripiegò le ginocchia fino a toccare il petto. Poi scattò nuovamente in piedi per chiedermi se volevo una tazza di caffe. Rifiutai. Mi offrii di annotargli la data e l'ora dell'appuntamento, ma Profondo 'mi assicurò che non sarebbero mancati. Si risedette e cominciò a stuzzicarsi le dita dei piedi. "Le va una birra?" "Di che tipo?" Balzò dalla sedia e disse: "Vedo quello che è rimasto. Non pensavo che sarebbe venuto". Aprì un arinadio e lo richiuse, quindi uscì dalla stanza. Mi avvicinai alla finestra per controllare che la mia macchina fosse ancora tutta d'un pezzo. Profondo rientrò con tre lattine di birra chiara tenute insieme da anelli di plastica. "Tennent's. Avanzo di Natale," disse. Ne staccò una che mi passò e ne prese un'altra per sé. "Non preoccuparti per l'auto. Lì sotto è al sicuro: la terranno d'occhio i vicini." Mi sedetti al posto offertami prima e dissi: "C'è un'altra cosa che vorrei chiederle. Lavoro per un giornale studentesco, 'Rostrum', emi domandavo che ne avrebbe pensato di concedermi una volta o l'altra un'intervista." "Io?" Feci forza sull'anello a strappo e la lattina si aprì di colpo. Dall'apertura triangolare saliva il tepore frizzante della birra. "Perché proprio io? Che cosa potrei raccontarti?" "Ai nostri lettori interessano le cose più diverse. E con una vita come la sua, avrebbe sicuramente successo." "Ehh ... qui adesso ..." Rise e si guardò i piedi. Senza Jimmy, il suonatore di sega, si sentiva indifeso. Era una persona timida, incapace di guardarmi negli occhi. La sua voce era pacata, discorsiva- non stridente come sulla riva del fiume. "Se può aiutarti ... nei,tuoi studi, come ...Oh, vuoi un bicchiere?" "No grazie," dissi. "E occupato? Le dispiacerebbe farla ora?" "Sembro occupato?" disse allargando le braccia. Predisposi l'apparecchio, presi un sorso dalla lattina e iniziai l'intervista. ( Cfr. Appendice.) Per la sera del tredici era stato noleggiato il bar dell'Unione studentesca e qui, a ridosso di una parete, avevamo montato una bassa pedana che doveva fungere da palcoscenico. Poiché, nella mia qualità di cassiere, ero costretto a rimanere nei paraggi, a prelevare la coppia fu mandato un altro membro dei Genuini Eccentrici con la propria macchina. L'affluenza era stupefacente - tutti in abito da sera - e il pensiero di coprire le spese con i soli ingressi mi rendeva felice. Il resto, gli incassi delle nuove iscrizioni
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