Linea d'ombra - anno IX - n. 56 - gennaio 1991

maggiordomo. Non ha altra identità se non quella rappresentata dalla . livrea, né ambizioni personali se non quelle di servire alla perfezione il padrone, dal cui valore morale dipendono anche il suo prestigio professionale e il soddisfacimento dei suoi ideali: egli può infatti aspirare al suo status di perfezione solo in quanto legato a un'illustre casa. E nella sua vita non ha visto niente altro che la grande casa, che per lui è riflesso del reale e filtro della Storia. E nella casà per un periodo sembra che si decidano le sorti dell'Europa; ministri ed emissari d'ogni paese vi si danno convegno, mediatore e ospite Lord Darlington, per allontanare la minaccia della guerra. Il presente della storia è il 1956. Abbigliato in abiti d'altri tempi, Stevens si mette in viaggio_a bordo della Ford d'epoca del padrone che gli offre una vacanza di pochi giorni durante la quale annota, in maniera pedante e scrupolosa, gli eventi e gli incontri del giorno. Meta del viaggio è la visita a Miss. Kenton, ora sposata in Cornovaglia, che è stàta venti anni prima governante a Darlington Hall. Il viaggio e l'ansia dell' incontro imminente porteranno Stevens a rievocare il passato, soprattutto il periodo tra le due guerre; l'epoca d'oro di Darlington Hall, quando, alla testa di uno staff di 28 servi, svolgeva il proprio servizio con un impegno e una dedizione totali, éhe mai, neppure per un attimo, lo fecero dubitare del senso "superiore" di giustizia di Lord Darlington, neppure quando questi, irretito nella causa nazista, gli chiederà di licenziare due cameriere ebree. Per tutta la vita, S tevens vive con gli occhi chiusi e negando se stesso; nessuno accanto a lui si è mai chiesto se, sotto l'uniforme inappuntabile, c'era un cuore, degli affetti, e neppure lui se l'è mai chiesto. Quando suo padre che, è a servizio nella stessa casa, sta per morire, alcuni piani di scale.più su di dove è in corso un importante e riservatissimo incontro politico, egli continuerà imperturbato a servire lo sherry agli ospiti di Lord Darlington. Miss Kenton, invano tenta di distoglierlo dal dovere; il suo ruolo, la sua dignità glielo impediscono. Quella sera rappresenta ai suoi occhi una sorta di apoteosi personale, il trionfo della sua carriera. Ed è proprio in questo suo modo di comportarsj che può ritrovarsi qualcosa di giapponese, perché Stevens infondo intende la. sua professione ~on la dedizione totale di un samurai, con la stessa cieca osservanza di codici comportamentali e rituali e la soppressione di ogni emozione fino all'autosacrificio estremo, l'annientamento di sé. Alla fine del viaggio, il breve incontro con Miss Kenton, che sembra dapprima esaurirsi in uno scambio formale di battute, riesce a scalfire la facciata imperturbabile di Stevens, a insinuargli qualche dubbio. E per la prima volta nella vita, Stevens si chiederà se ha fatto bene a fidarsi della saggezza del suo padrone, a investire tutto quanto in una causa che forse non era tanto degna, e se ha fatto bene a ignorare i sentimenti di Miss Kenton nei suoi confronti. Ma poi preferisce non capire fino in fondo, perché non può permettersi di andare in crisi, e rimasto so.lo su una panchina riflette che forse quello che gli res_tada vivere della sua vita solitaria, può ancora serbargli qualche gioia. Le implicazioni metaforiche del personaggio e la qualità delle riflessioni di Stevens ne fanno la realizzazione più màtura di Ishiguro e una creazione letteraria degna di stare accanto al Mallivant di Servo e serva di lvy Compton-Burnett. Pregio notevole della traduzione di M.A.Saracino è quello di aver mantenuto intatto il sapore antiquato e pedante del linguaggio del maggiordomo, offrendo soluzioni spesso brillanti alle insidie della densa prosa di Ishiguro che sottintende più di quanto esprima. Per una persona come te, nata in Giappone da genitori giapponesi, ma che ha studiato e vissuto tutta la vita in Inghilterra, che cosa è l'identità culturale? Una parte di me è inglese e un'altra non lo è. A casa, ho ricevuto un'educazione secondo i valori giapponesi, fuori, a INCONTRI/ISHIGURO scuola, un'educazione inglese. Sono un miscuglio di tutte e due e non mi pare così importante stabilire le percentuali, anche se l'influenza maggiore per me è senz'altro quella inglese. Ma oggi è sempre più comune che la gente cressa sotto l' mflusso di culture diverse. Alla televisione vediamo film americani, europei, giapponesi, e la gente viaggia di più. È ingenuo continuare a pensare che le barriere culturali coincidano ton quelle geografiche. L'identità culturale di una persona è qualcosa di complesso che non può identificarsi con U!J paese. · Hai .cominciato a pubblicare ali' inizio (iegli anni Ottanta come la maggior parte degli scrittori cosiddetti post-coloniali: Rushdie, Mo, Kureishi. So che non ami le etichette ed esistono . notevoli differenze tra voi, ma vi accomuna il retroterra non inglese e la possibilità di attingere a due diverse culture, due diverse tradizioni culturali, due lingue. Cosa puoi dire su questo? A nessuno piace essere identificato in un gruppo.e in particolare a un artista. Uno scrittore scrive per esprimere la propria yisione, seguendo un impulso individuale. Ma capisco che quando ci si accosta a un_'altra letteratura si senta il bisogno di schematizzare, anch'io lo faccio. Il mio tuttavia è un caso molto diverso da quello degli autori che hai nominato. Chi scrive con alle spalle un passato "post-coloniale" è in una posizione molto diversa dalla mia. È all'.intemo di una dinamica di odio/amore con il paese in cui vive come in un rapporto tra genitori e figli ormai lontani. È il caso per esempio di Rushdie. In tutto quello che lui scrive c'è molta tensione, c'è un conflitto con l'Inghilterra vecchio di secoli. Il mio terreno artistico è molto diverso. Il Giappone e l'Inghilterra sono due paesi completamente diversi. C'è inoltre una differenza sostanziale con questi autori, io non conosco la lingua del mio paese d·'origine come Rushdie o Mo. Perciò in termini letterari la tradizione giapponese mi è estranea. Ma conosci la letteratura giapponese, almeno in traduzione inglese? . Ho letto qualcosa, dei romanzi, ma mi hanno influenzato poco. Li trovo difficili da capire. Li ho letti un po' per dovere, per capire qualcosa delle mie origini, per rintracciare degli indizi, ma sono molto diversi. Sento che mi hanno influenzato di più la letteratura europea e quella americana. E il cinema giapponese? Il cinema ha avuto un impatto maggiore su di me. I cineasti giapponesi sono stati una specie di ponte tra il modo occidentale di raccontare una storia e i valori giapponesi. Per definizione il mondo del cinema è più internazionale. Mentre la letteratura ha avuto uno sviluppo più isolato, dagli anni Venti in poi i registi giapponesi sono stati molto influenzati dagli autori americani e da quelli europei e per questo il cinema è più accessibile agli occidéntali di quanto non sia la letteratura. Io stesso, come lettore occidentale, se leggo per esempio Kawabata, il premio Nobel, lo trovo molto difficile, non capisco il suo senso dell'intreccio, o il modo di costruire i personaggi. Il lettore non orientale deve rendersi conto-quando legge che le cose importanti sono l'atmosfera, il tono, le immagini piuttosto che l'intreccio e l'azione. Ho scoperto attraverso il cinema giapponese che si poteva fare un film secondo regole diverse dal meccanismo hollywoodiano. Ozu 63

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