INCONTRI/IGNATIEFF . La cosa vera dell'Europa è che si può volare per un'ora e arrivare in un mondo completamente diverso da quello da cui si è partiti. Nessuno degli altri continenti ha questa caratteristica: questa è la gloria del luogo. Quali sono le riviste che ti sembra più utile seguire? Sicuramente "Lettera Internazionale". È triste che non ne esista una versione inglese. Si fanno tante chiacchiere sulla casa comune europea e sulla cultura europea, ma il livello di ignoranza, per esempio a proposito dell'Italia, persino in persone che come me leggono molto, è altissimo. L'ultimo libro italiano che ho letto è stato quello di Primo Levi. Non ho semplicemente idea di quanto sta succedendo nella vita intellettuale del vostro paese. Agli inizi degli anni Settanta, nel periodo più tempestoso, avevo l'abitudine di tenermi informato. Ma oggi, non ne ho idea. Lo stesso potrei dire a proposito della Germania. Sono appena tornato dalla Fiera del Libro di Francoforte: beh, sai che gli unici libri in grado di saltare dall'altra parte della barriera sono stati i dieci best-seller e i cosiddetti successi scontati. E il bello è che da una parte non mi dispiace che le nostre culture siano così provinciali, perché vuol dire che abbiamo alle spalle cinquant'anni di capitalismo postbellico, di informazi0ne moderna, di tecnologia avanzata, e tutto questo non è riuscito a cambiare lo stato delle cose. Siamo tutti come buoi nelle loro stalle. E in certo senso davvero non è male, perché significa che la cultura è molto testarda e dura da modificare. Intanto però gli Stati Uniti hanno esercitato una bella influenza su tutti noi. Penso che questa influenza stia svanendo. Stiamo veramente vivendo la fine dell'impero americano in Europa. È evidente in Germania dove si può toccare con mano che il sogno americano, sui tedeschi, non esercita più alcun fascino. Adesso hanno se stessi. L'Europa adesso ha smesso di guardare agli Stati Uniti e sta producendo proprie forme di cultura. E io mi sento tremenpamente ottimista rispetto alla capacità dell'Europa di rimanere se stessa, perché un mucchio di vecchie cose molto tenaci non cambiano. Gli italiani hanno una lunga tradizione nel design, nel senso del colore, della bellezza: queste cose sono vecchie di secoli. E non è che non cambino per ragioni sentimentali. Non cambiano perché sono caratteristiche nazionali, che le grandi corporazioni hanno saputo sfruttare. Il mio punto è che non cambiano perèhé sono economicamente funzionali. Lo stesso discorso si può fare per alcune caratteristiche britanniche. Sopravvivono grazie alla loro funzionalità. Adesso mi sono messo in contraddizione con le mie stesse mani: da una parte mi lamento che non sappiamo abbastanza gli uni degli altri. Ed è vero, dovrebbero esistere più riviste, dovremmo tradurre di più. Ma la cosa vera dell'Europa è che si può volare per un'ora e arrivare in un mondo completamente diverso da quello da cui si è partiti. Nessuno degli altri continenti ha questa caratteristica: questa è la gloria del luogo. Quindi, per concludere, io sono contrario all'integrazione europea, perché mi piacciono tutte le piccole stalle, le differenze. Mi piace andare in posti differenti, misteriosi. Non mi piace pensare che tutto è uguale a tutto. Parliamo per un attimo del 1989. I fatti dell'anno passato ci hanno liberati dal conflitto est/ovest. Il risultato è stato però che il problema reale, cioè il conflitto nord/sud, è stato enfatizzato' o semplicemente svelato. Vedi la crisi del golfo. - Estremizzando un po', si potrebbe dire che l' 89 non ha portato nulla di radicalmente positivo? · No, non sono d'accordo su questa posizione. Mi ricordo molto bene quello che ho provato nel 1984/85, all'epoca della lotta contro gli euromissili. Mi sentivo disperato. Pensavo che non sarebbe mai cambiato niente, che ero nato nel '4 7 figlio della guerra fredda e che sarei morto in un mondo immerso nella guerra fredda, e i miei figli non avrebbero mai conosciuto un mondo in cui non ci fosse cemento da una parte e dall'altra. Questa sensazione, se si è in parte russi, è terribile, perché prima del 1917 la Russia era parte dell'Europa e oggi, nel 1990, è possibile intravvedere un ritorno della Russia all'Europa. E questo è l'avvenimento storico più importante della mia vita, perché vuol dire che la ferita che mi tagliava da parte a parte è ·guarita. Ho pianto lacrime di gioia l'anno scorso a Praga, perché sentivo che la borghesia liberale cosmopolita, quella che aveva prodotto Masaryk, era tornata. È proprio da li che era venuto Masaryk, prima che quei bastardi lo facessero fuori. E dato che io sono un borghese e amo la mia classe, sono orgogliosissimo della tenacia di questa gente, che ha continuato a essere liberale e dignitosa per quarant'anni e che alla fine ha vinto. E senza grandi spargimenti di sangue. Èun risultato storico incredibile. · Il problema di cui non vedo soluzione è che potremmo fare dell'ironia sul fatto che abbiamo dovuto combattere, ma io mi sento ancora euforico. · · Rispetto alla seconda parte della tua domanda, a proposito del sud: prima di tutto io penso che il sud non esista. Esiste l'Iraq, una dittatura militare, e poi ci sono altri stati che sono relativamente democratici; ci sono stati che hanno prospettive relativamente buone perché hanno tradizioni, abilità, quello che vuoi; e poi ci sono posti che sono quello che noi chiamiamo luoghicesto, in Africa centrale per esempio, un incubo, e sta diventando sempre peggio, perché il mondo ha meno bisogno di prima delle loro materie prime. Di conseguenza essi non hanno neppure quel tipo di sviluppo che è legato al neocolonialismo. Credo che per noi sia molto importante, come abbiamo smesso di usare le categorie di primo/secondo e terzo mondo, visto che il secondo si è dissolto, smettere anche di parlare di un terzo mondo. Non so neppure che cosa potrebbe essere. Di sicuro non è una cosa sola, è molte cose diverse e noi - intendo dire noi democraticiliberali - dovremo trovarci i nostri amici, dove possiamo. Tra loro ci sono differenze enormi. Per me il problema centrale connesso a questi paesi è di natura ecologica. Il sud, per usare la tua formula, vuole il nostro stesso sviluppo. Ma i costi globali di tale sviluppo possono distruggere la terra. La vera questione è l'immigrazione: il sud in marcia verso i paesi ricchi e sviluppati. Questa è la questione politica chiave. E, credimi, te lo dico da individuo e da figlio di immigranti. Chissà che l'Inghilterra, che in fondo ha affrontato e parzialmente risolto il problema senza dover versare troppo sangue, non possa funzionare da modello? 61
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