INCONTRI/IGNATIEFF qualcosa. La televisione pubblica è quasi inesistente, la televisione commerciale non esiste proprio, a New York c'è un solo quotidiano, poi c'è il Voice, ma ci sono pochissimi spazi in cui uno scrittore free lance possa sopravvivere a New York. La gente non si rende conto che a Londra abbiamo cinque giornali del mattino, almeno due canali televisivi (BBC e Channel 4) e qualche volta anche gli altri, una marea di piccole pubblicazioni, da "Granta" a "New Statesman" a "The Spectator"; abbiamo una serie di compagnie teatrali sovvenzionate dallo Stato, che di tanto in tanto ci comprano dei diritti; abbiamo un'industria cinematografica. Londra è, senza discussione, il migliore mercato del mondo anglosassone se si è uno scrittore free lance e indipendente. In nord America non esiste una situazione comparabile a questa e io odio il modo in cui la vita intellettuale americana è istituzionalizzata e ti trasforma l'esistenza in una paurosa carriera burocratica, odio il loro niodo di farti marciare attraverso i gradini della scala universitaria o di farti dipendère dalla stesura delle domande di borse di studio, Mi sembra che vivere qui 'sia molto più facile. Si lavora in mezzo ai lavori in corso annata 1990 e si riesce a sopravvivere. Disegno di Jean Miche! Folon. Tu non ti identifichi con un'unica figura socialt;:e con un'unica attività intellettuale, sei uno scrittore, ma anche uno storico, un operatore culturale, uno showman televisivo. Che definizione daresti della tua polivalente e stratificata figura professionale? · Beh, sono stato un accademico. Ho preso un PhD a Harvard e ho insegnato come assistente a Cambridge. In termini intellettuali sono una specie di guerriao samurai. Ho un PhD: nessuno mi può fare paura con tutte le sue storie accademiche! Sono un Samurai! (detto con enfatica autoironia, Ndr) Questa è la prima cosa! E adesso puoi fare quello che vuoi ... Quello che mi pare. Comunque, penso a me stesso come a 60 uno scrittore che tiene anche una rubrica su un quotidiano e fa un po' di televisione. Mà faccio un tipo rrìoltoparticolare di televisione: non tengo un programma e non faccio l'ospite di una trasmissione. La settimana scorsa, per farti un esempio, sono andato a Berlino per incontrare Schlondorf, Wenders e Heiner Mtiller a discutere con loro della riunificazione della Germania. Oppure, il mese scorso, sono andato a New York per incontrare Edward Said e discutere con lui dei problemi della Palestina e della crisi del golfo e la settimana prossima intervisterò Brodsky, che è di passaggio a Londra. Lo potremmo definire giornalismo di alto livello? Sì, e non sono particolarmente ansioso di espanderlo oltre. Mi piace scrivere per la televisione e amo la televisione come mezzo. Una delle cose buone della Gran Bretagna (posso dirlo io, perché non sono inglese, ma nessun inglese si sognerebbe mai di affermarlo) è che la cultura inglese non si è arresa sulla televisione. La cultura italiana lo ha fatto e così quella americana e quella canadese. Qui no, non abbiamo lasciato perdere e non ci siamo arresi al mercato. Non ci siamo detti "OK, vogliono vedere gli spogliarelli delle casalinghe, diamogli quello che chiedono". E credo che sia stato per sacrosante ragioni democratiche. La televisione è l'agorà della società, è il punto in cui la società si incontra. Se le parti colte della società, magari gente che lavora, gente di classe media o medio alta, gente che ha ricevuto un'istruzione o la vuole ricevere, che ama leggere un libro o sentire della buona musica - non ho nessuno snobismo in proposito e dalle lettere che ricevo so di riferirmi a un territorio sociale assai più ampio di quanto si pensi - se questo gruppo di persone 'dice "al diavolo, non accenderò mai la televisione, non c'è niente che mi interessi vedere",decisamente qualcosa succede alla cultura nel suo insieme. Finisce che perdiamo quell'unico luogo dove tutte queste forme possono incontrarsi. Non significherà la fine ctella cultura seria, ma ci sarà una ghettizzazione dei gusti culturali, che io sento fortemente in America. Gli intellettuali pensano: "nessuno ci ascolta, ce ne stiamo nei nostri stretti piccoli ghetti, abbiamo le nostre piccole carriere, ecco tutto quel che abbiamo. In Inghilterra è del tutto normale andare in televisione se si è scrittori o docenti universitari. Non è ùn gran problema. La gente ride di te, fa dei commenti, ma ti guarda. Non tutti ti guardano, non mi faccio illusioni. La mia trasmissione ha circa un milione, massimo due, di spettatori, ma va bene così. Questo significa che il mezzo più potente della nostra epoca è un luogo dove si può parlare di idee e, in Inghilterra, abbiamo una tradizione c_herisale a due o tre generazioni fa cd è proprio questo di cui non ci si rende conto. La gente pensa che i tipi come me siano una figura nuova: un autore di libri seri che va in televisione. E invece no: da quando esiste la televisione pubblica in Inghilterra sono esistite le persone come me. Tutto quel che facciamo è tenere aperto uno spazio in cui potrebbe accadere qualcosa, uno spazio che è sempre stato stiracchiato e che potrebbe venire chiuso, ma grazie a Dio non è che dobbiamo ogni volta spiegare tutto daccapo. Non abbiamo davanti Berlusconi o la CBS a chiederci perché vogliamo intervistare Brodsky. Non dobbiamo chiedere né spiegare niente. Comunichiamo i nostri piani e loro ci dicono OK, fate pure.
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