INCONTRI/KAPUSCINSKI Ma ha scelto anche un giornalismo particolare? Ho lavorato per mensili, settimanali, quotidiani. Soprattutto ho lavorato per un'agenzia di stampa. E per un'agenzia çli stampa si fa forse il giornalismo più difficile e faticoso, perché bisogna sempre arrivare per primi, dettare prima degli altri, quando trovare un telefono o un telegrafo è un'impresa. Si diventa schiavi degli altri giornalisti. Le informazioni che diramano le agenzie sono note di poche righe, per guadagnare tempo e ~rsino per risparmiare sulle spese di trasmissione. Questo ho fatto per anni, accorgendomi che lasciavo da parte tanti episodi e tante voci, tanti aspetti di una realtà che non · entravano in un breve dispaccio e che mi parevano, a distanza di tempo, importanti. Tra un servizio e l'altro, il lavoro mi concedeva brevi pause, che cominciai ad utilizzare per rimettere insieme quel materiale che non avevo utilizzato, collegandone i tratti secondo un senso personale. Potrei dire che ogni mio Scaricatori a Accra (foto di Mare Riboud). .. I 54 libro è un secondo libro, un supplemento letterario al primo composto dai miei dispacci d'agenzia. La scrittura mi sembra rappresenti un altro capitolo: cal; colata, ,,,;isurata, persino raffreddata. Ci racconti come scrive, quanto lavor_asu di un testo. La mia scrittura è un po' un happening. Non so, quando comincio a scrivere, che cosa e in che modo scriverò: Ma non è una risposta alla domanda. Forse tutto dipende dal fatto che lemie prime prove di scrittura sono avvenute in poesia. A sedici anni ho cominciato a scrivere poesie, che venivano pubblicate sulla rivista letteraria della scuola. È stato in questo modo che mi si è aperta la via del giornalismo. Allora di giornalisti non ce n'erano tanti in giro. Quando si trattò di formare la redazione per il giornale dei giovani, scoprirono il mio nome sotto una poesia e pensarono che un poeta potesse diventare un buon giornalista. Così mi sono trovato redattore a diciotto anni. Senza tuttavia trascurare le mie poesie. Cominciai il tirocinio di notizie, brevi articoli, titoli. Poi mi incaricarono di alcuni reportage in provincia. Mi piaceva parlare con la gente, descrivere quanto vedevo. Mi piaceva raccontare. Mi esercitavo a sviluppare con mezzi letterari una base fattuale. Negli Stati avrebbero detto che si trattava di new journalism. lo scrivo così. Mi viene naturale. Per l'agenzia di stampa polacca ho lavorato dal 1960. Avevo ventotto anni e fui inviato in Congo. Ero un giornalista ormai esperto, con un interesse letterario, anche se non scrivevo più poesie. E di letteratura ho continuato ad occuparmi, anche se non ho mai scritto un romanzo, perché non ho immaginazione. Ho sempre invidiato quegli amici, che si siedono ad un tavolinp, si inventano cose straordinarie e scrivono ...Io invece devo sempre vedere· quello che succede, devo scoprirlo e poi posso descriverlo. In un certo senso mf sento menomato. Quando mi chiedono se quello che ho scritto nei miei libri è effettivamente accaduto, l'unica risposta è sì, sfortunatamente sì, perché non saprei immaginare niente del genere. Il suo giornalismo, quello letterario che si ritrova nei suoi libri, non è mai interprete di una ufficialità d'apparato, non è mai portavoce delle istituzioni o del potere. Mi sembra dettato soprattutto dalla scelta di stare dalla parte di oppressi. Dietro la sua scrittura c'è una sèelta rrwrale. Sono nato e cresciuto in un paese di poveri e per me stare dallà parte dei poveri è naturale, prima ancora di rappresentare un obbligo morale. Si discute tanto nel mondo in merito alla obiettività del giornalismo. L'obiettività sta nei fatti e per raggiungere l'obiettività ho spesso rischiato la vita. Ma al di sopra dell'obiettività, ad un altro livello c'è qualcosa che riguarda la morale, che obbliga a scelte etiche. Ed allora l'unico giornalismo possibile è un giornalismo partigiano. O sei con il potere o sei con gli oppressi. Non ho mai nascosto e non ho mai cercato di nascondere da che parte stavo in questo conflitto.
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