Linea d'ombra - anno IX - n. 56 - gennaio 1991

LO SCRlffORE DI PENSIERO Vincenzo Consolo Questo testo è l'introduzione di Consolo alla raccolta dei pezzi della rubrica "Quaderno" tenuta da Sciascia sul quotidiano "L'ora" di Palermo tra il 1964 e il 1968, riproposti da "L'ora" in un volume strenna per i suoi lettori: Ringraziamo il giornale e il suo direttore Vittorio N ist icò per averci permesso di pubblicare sulla nostra rivista alcurù interventi di Sciascia e la prefazione di Consolo. "Io non leggo, scrivo!" sembra abbia risposto Verga con stizza al professor Francesco Guglielmino che gli chiedeva, in un fortuito incontro, che cosa stesse leggendo in quei giorni. "Scrivo": ad affermare il suo ruolo, la sua identità, a nascondere, nell'estremo ritiro catanese, nella solitudine di quella sua casa di via Sant' Anna, il buio e l'annaspo dopo che un fatale corto . circuito aveva bruciato il filo ad alta tensione che gli aveva fatto trovare la vena più prodigiosa, più ricca della Vita dei campi, delle Novelle rusticane, dei.Malavoglia, del Mastro don Gesualdo; a schermare il vuoto pauroso, lo smarrimento, l'incapacità ormai cosciente di proseguire in quell'ultimo (o penultimo o terzultimo) arco del ciclo dei Vinti, di andare oltre il debole primo capitolo della Duchessa di Leyra (e ancora più bruciante doveva forse sentirla quella sua impotenza all'apparire sulla scena de I Vicerè). Ma "scrivo" e "non leggo" anche come assoluta affermazione di inconsapevole e profonda verità da parte di un narratore "puro", "naturale" come Giovanni Verga che, per quello che aveva scoperto e per quello che avrebbe dovuto scrivere, e scrisse, non aveva affatto bisogno di leggere, d'aver letto (a scorrere i titoli del Catalogo della sua biblioteca di Catania, si ha la netta sensazione della mancanza di una "idea", di una concezione di biblioteca, ch'essa si sia formata per passivo accumulo, per doverose, quasi burocratiche acquisizioni). Avrebbe dovuto cominciare a leggere, crediamo, in senso storico, politico, in senso linguistico, in tanti altri sensi - immergersi nel c.omplesso e a lui scònosciuto mondo palermitano - per portare a compimento La duchessa di Leyra, romanzo che poi avrebbe finito per somigliare fatalmente a / Vicerè di De Roberto. Ma era tardi ormai. E poi, la conoscenza, la cultura era in contrasto con la sua natura, in contrasto con la sua "fede" letteraria. Confesserà, sempre al Guglielmino: " ... non scriverò mai La duchessa di Leyra. La gentuccia, sapevo farla parlare; ma questa gente del gran mondo, no. Quando essi parlano, mentiscono due volte: se hanno debiti, dicono d'aver l'emicrania ..." Come si vede, in letteratura è sempre questione di linguaggio, di scrittura. Come si vede inVerga, in questo grande artefice del linguaggio. È questione, in letteratura, d'essere scrittore di sentimento o di pensiero. Osserva acutamente Brancati, a proposito della incapacità di Verga a scrivere La du,chessadi leyra: "Potevano parlare, i suoi nuovi personaggi, deputati, duchi, dame come i pescatori di Acitrezza? No di certo. Ma poteva, d'altra parte, il sentire immediato del Verga esprimersi nei discorsi distesi, letterari, convenzionali dei suoi nuovi personaggi? Nemmeno. Avrebbe potuto, a questo punto, soccorrerlo l'ironia, della quale egli, nel Mastro don Gesualdo, aveva dato bellissime prove. Ma lavorando sempre nel comico, gli sarebbe rimasta, inusata e .turbante, entro l'animo una gran dose di pietà cristiana; durante la scrittura, egli avrebbe avuto continua. l'impressione di adoperare mezzo se ' I stesso, e, al termine del suo lavoro, quella di averscrittamezza opera". . Ironia: la sua assenza o presenza è la cartinadi tornasoleper capire se uno scrittore, come abbiamo detto sopra, è di sentimento . o di pensiero, se è privo o ricco di letture, se la suascritturaè di tipo espressivo o comunicativo. Ma in questa dicotomia,non bisogna pensare che un elemento escluda l'altro, macheprevale il primo sul secondo, che il primo relega ai margini,occultail secondo. Siamo partiti da Verga, abbiamo citato Brancati:ecco che subito, attraverso questi due nomi, si esemplifica la distinzione che abbiamo voluto fare. E potremmo continuare,incasellando tanti altri nomi, della letteratura siciliana e no, da unaparte o dall'altra. Non senza accorgerci, naturalmente, cheognidistinzione della realtà, in sé ingen·ua,oarbitraria, non è mainetta,che vi sono sempre zone intermedie, che vi sono elementi(nomi) ribelli ad ogni classificazione, ad ogni riduzione inschieramenti. Ma accettiamo qui come valida quella astrattadistinzioneper far rilevare soltanto che pochi sono stati-restando inItalia,nella letteratura contemporanea- gli scrittori di pensiero.Pirandello, Foto di Giovanni Giovonnelli. 39

RkJQdWJsaXNoZXIy MTExMDY2NQ==