Linea d'ombra - anno IX - n. 56 - gennaio 1991

CONFRONTI autocelebrazioni del proprio inconfondibile stile. Si veda per esempio Cristo versus Arizona (Frassinelli 1990), appesantito da un ambiente violento di maniera, che non riesce a intrigare. Fa in parte eccezione A tempo di mazurca (Frassinelli 1985 e appena ristampato, dopo essere passato a suo tempo inosservato), dove la Galizia nativa con le sue piogge e il suo fatalismo contadino offre all'autore una certa robustezza. Va detto che il pregio maggiore della scrittura celiana', oltre alla vena ironica che rinfresca quando vuole coprolalia e truculenze varie, è un linguaggio davvero ricco, screziato, potente quando riesce a sottrarsi alla mania iterativa. Ma è una dote che inevitabilmente sfuma parecchio fuori dall'originale. . Il secondo "caso" è lo stravenduto romanzo erotico Le età di Lulù (Guanda 1990) di Almudena Grandes, scritto in modo · talmente sciatto e privo d'invenzioni degne di nota, che non ci si sente certo di ascrivere il suo successo a qualsivoglia autentica provocazione. Grandi vecchi e valori acquisiti. Sono ancora operosi due decani della miglior prosa d'arte no- - vecentesca, passati entrambi per l'esilio americano: Rosa Chacel (classe 1898), di cui è stata pubblicata da noi una raccolta di racconti, Relazione di un architetto (Sellerio 1986), ma mancano i romanzi, come La sinraz6n (1970) o Barrio de maravillas (1976); e Francisco Ayala (nato nel 1906), di cui uscirono due romanzi, Il fondo del bicchiere e Morire da cani nel 1965 da Longanesi, ma non ancora le suggestive narrazioni brevi. Sarebbe utile conoscere meglio anche il più celebre e profilico narratore di quella generazione, Ramon José Sender (1901-1982), capace di frequentare intelligente realismo sociale, storia romanzata, tecniche espressionistiche, reportage, memorie, allegorie astruse. In attesa che qualcuno recuperi/ cinque libri di Arianna (1941, Venezia 1960) e Cronaca del 'alba (1942, Einaudi 1964), si può leggere una sua novella magistrale, raccontata d'un fiato col ritornello di romances popolari,L' attesa di Mosén Millan (1953, Marietti 1986). Questi è il parroco di un paesino in cui i grandi eventi della tragedia nazionale (repubblica, guerra civile, repressione) giungono attutiti, ma non meno drammatici. Il giovane contadino Paco ragiona, spera, si ribella e finisce abbattuto dagli squadristi come. un cristo straccione contro il muretto del cimitero. Un anno dopo, padre Millan aspetta che qualcuno si presenti alla messa da requiem, ma vengono soltanto i due o tre notabili (che s'offrono ipocritamente di pagare il suffragio) e il puledro di Paco, che la gente lascia correre libero, in suo ricordo. Una stagione fondamentale per la narrativa spagnola contemporanea è stata quella del neorealismo, e qui si potrebbe riprendere Il jara,r;a ( 1956, Einaudi 1963) di Rafael Sanchez Ferlosio, maestro-orso che ha rinunciato alla letteratura dedicandosi polemicamente a saggi e articoli di folgorante perspicacii, (cfr. "Linea d'ombra" n. 19), mentre da Theoria sta per uscire l'altro suo capolavoro, di diverso segno, la fantasiosa picaresca infantile Alfanhu[ (1961). Ma è da noi ancora inedito un capofila del genere "obiettivò", autore dei migliori racconti di metà secolo, lgnacio Aldecoa (1925-1969, cfr. "Linea d'ombra" n. 33). Con una sobrietà e pregnanza ineguagliate, Aldecoa sa costruire perfette testimonianze della "Spagna immobile" di allora, partendo da . spunti minimi: per esempio, nel romanzo El fulgor y la sangre (1954), narra il tormento delle mogli di ungruppodiguardiecivili che, avvertite per telefono in una sperduta postazione cac;tigliana della morte' di uno dei gendarmi, ripensano la foro esistenza aspettando di sapere chi è rimasta vedova .. Il romanzo che segnò nel 1962 la fine di quell'esperienza, Tempo di silenzio (Feltrinelli 1978) di Luis Martin Santos (19241964), resta forse il migliore degli ultimi decenni e non mi stanco di consigliarlo, ma ce n'è almeno un altro che non sfigura al suo Foto di Jean Dieuzaide. fianco, Si te dicen que ca[ (un verso dell'inno falangista "Cara al sol") di Juan Marsé, scritto nel 1973 e rivisto nel 1989. Anche quanti snobbano Marsé come popolar-elementare sanno che pochissimi personaggi sono entrati nella memoria collettiva con la potenza del Pijoaparte, protagonista del romanzo Ultimas tardes con Teresa (1966), un marginale condannato a schiantarsi contro le divisioni di classe. Pochi hanno saputo dare come Marsé l'idea del sesso vissuto come estremo rifugio e forma minima della libertà individuale da parte di giovani "rinchiusi con un solo giocattolo", come recita il titolo del suo primo romanzo. In Si te dicen que ca[, attorno alla desolata vicenda di Java, giovinastro pronto a tutto pur di accedere alla piccola borghesia, si dipana la subcultura orale delle "aventis" che si raccontano i ragazzini poveri per negare il mondo sordido che li circonda: è un narrato plurale, in una lingua di incisività impareggiabile. La sua bellezza è tanto evidente che non so spiegarmi perché non sia stato ancora tradotto. Degli altri valori riconosciuti, Juan Benet (cfr. "Linea d'ombra" n. 50) è finalmente uscito da Guida (Lance,spezzate) e in preparazione presso Adelphi (En la penumbra) e Garzanti (Una tumba. Numa). Se risulterà decifrabile lo sterminato intrico mentale della "saga di Regi6n" e quello stile ricercatissimo, meditativo e sovraccarico troverà un equivalente adeguato, il suo arrivo sarà oltremodo gratificante (ben più delle fatiche introspettive dei numerosi e impropri epigoni benetiani). Anche a Eduardo Mendoza si deve un romanzo emblematico, La verdad sobre el caso Savolta (1975), che al proprio interno (nel contrasto tra le due parti) saldò i conti col formalismo dei primi anni Settanta e fece riscoprire una narrazione fluente, in grado di rendere le molteplici tecniche immesse funzionali al senso e al piacere della lettura. Sono qualità che si ritrovano nel fortunato e immaginoso La città dei prodigi (Longanesi 1987). Il mistero della cripta stregata (Feltrinelli 1990) e El laberinto de las aceitunas (1986) presentano invece arzigogolati egratuiti intrighi che lasciano il lettore con un palmo di naso, ritmi hard boiled e battutine alla Sanantonio. Nuovo inspiegabile ruzzolone anche con l'ultimo romanzo, La isla inaudita (1989), di prossima pubblicazione da noi, che, pur essendo di taglio diverso, scodella un protagonista senza spessore, un imprenditore barcellonese che un bel mattino in bagno scopre d'essere sempre stato un sognatore e pianta baracca e burattini partendo per una Venezia scontatissima dove, tra ginnastica e videocassette, viene coinvolto in peripezie 29

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