ii· I~ ■ i i i· i~i 11 ------------- sopravvento sugli elementi tradizionalmente selezionati? Arriverà addirittura il giorno in cui i britannici, invece di essere ammirati ,e criticati per la freddezza e l'auto-controllo, lo saranno per la spontaneità emotiva e la disinvoltura sessuale?". Dopo aver documentato l'insostenibilità del luogo comune della perdita dell'impero come chiave per la comprensione del declino inglese, Eve affronta il tema cruciale della percezione e dell'autopercezione degli inglesi: le classi sociali. Attraverso un rigoroso controllo degli indicatori sociali ed economici, dalla mobilità sociale al reddito, dimostra che)e ineguaglianze della società inglese non sono superiori a quelle esistenti negli altri paesi europei (anzi, un decennio di thatcherismo è riuscito solo a permettere all'Inghilterra di raggiungere il grado di ineguaglianza di redditi già presente in Italia). Anche sul piano delle differenze culturali tra classi sociali, "se si esamina il problema dal punto di vista intemazionale·e comparativo, éiò che c0lpisce non è tanto il fatto che esista una differenza di atteggiamento tra una classe e l'altra e nei confronti del sapere teorico, ma che queste differenze vengano così chiaramente espresse". In conclusione, "se vogliamo capire quelle caratteristiche della struttura di classe che effettivamente distinguono l'Inghilterra, potrà essere più utile rivolgere l'attenzione ad aspetti più specifici della struttura occupazionale. Alcune peculiarità inglesi in questo campo·possono essere meglio comprese pensando all'Inghilterra come a una 'società senza contadini', con una 'vecchia classe operaia', o con 'un apparato statale poco sviluppato"'. Il libro esamina poi il problema della particolare incidenza della monarchia nella società inglese. La questione è esaminata sia sotto il profilo sociologico sia sotto quello storico, e delinea un quadro in cui si intrecciano diversi aspetti delle tematiche che erano state già presentate nei capitoli precedenti, dalla modernità della monarchia inglese alla natura dello Stato nazionale, alle particolarità dell'apparato statale. Il capitolo conclusivo è dedicato agli hooligans del calcio inglese. Dopo aver smontato i diversi approcci sociologici, Eve fornisce una spiegazione perfettamente esauriente, centrata sul diverso rapporto tra le attività calcistiche e lo Stato. Prendendo il caso della tragedia dello stadio di Hillsborough nel 1989, osserva che "si tratta principalmente di un problema di strutture politiche... Il disastro di Hillsborough probabilmente non sarebbe potuto accadere nel èontinente. Le pressioni politiche avrebbero reso improponibili livelli di siéurezza così bassi. Questi rischi non sarebbero esistiti in un contesto in cui lo stadio fosse stato di proprietà del comune, e in cui un gran numero di figure politiche, e anche di altri importanti notabili avesse avuto stretti rapporti con le organizzazioni calcistiche. Laddove glj stadi di calcio hanno la Foto Frank_lin(Sygma/G. Neri). funzione di rappresentare l'orgoglio municipale e forse anche di rafforzare l'immagine di un'azienda locale, la logica è diversa da quella di stadi - come quelli inglesi - gestiti su basi essenzialmente commerciali, e spesso con margini molto stretti". Eve auspica in conclusione che "gli inglesi (e gli studiosi che li analizzano) [dedichino] un po' meno attenzione al problema delle divisioni di classe (almeno concepito nei tennini convenzionali)· e più attenzione alle peculiarità della struttura politica e statale". L'approccio di Eve rivela la forza di una tradizione empirica radicata come quella anglosassone. Egli auspica una analisi comparativa dei fenomeni, anche se spesso questa è o troppo ristretta (Italia e Inghilterra) o troppo vasta (l'area CEE). Confronti più calibrati darebbero risultati leggermente diversi. (La Spagna, in particolare, costituirebbe un utile termine di paragone per l'Italia.) In altre parole, sono le particolarità dell'Italia a essere trascurate. Anzi, Eve sembra fin troppo incline a ricorrere all'understatement nelle sue osservazion,i (dirette e indirettte) sull'Italia. Cercherò di fornire alcuni esempi. Concordo pienamente con quanto si legge nel libro sulle differenze tra l'essere disoccupati in Italia e in Inghilterra. Penso anzi che sarebbe più preciso dire che in Italia non esiste disoccupazione. In Inghilterra esiste disoccupazione perché esistono disoccupati e sussidi di disoccupazione. In Italia no. I disoccupati non hanno sussidi effettivi, quindi vivono d'aria, dei soldi dei genitori e (nei casi peggiori) rubano o trafficano droga o si iscrivono a un partito politico. Non ci sono molte alternative. Il fatto che tutto ciò sia considerato ovvio e normale da tutti dice qualcosa della-cultura politica italiana. Eve esamina le curve di fecondità inglesi e italiane, e mette in guardia dal trarre conclusioni affrettate sul declino italiano e la crescita inglese. Ma anche qui Eve eccede nella cautela. La ripresa della fertilità inglese (in un contesto di declino economico) è un fatto troppo grave per poter essere sottovalutato, in un paese che è stato storicamente ali' avanguardia della pianificazione delle nascite. È un fenomeno che ha gravi conseguenze sul piano sociale, dal momento che i meccanismi dello Stato del benessere tendono ad accentuarlo, riproducendo una classica "trappola della povertà". Beninteso, "trappole di povertà" presuppongono l'esistenza di una effettiva assistenza-pubblica, per quanto ridotta; in Italia non esiste assistenza in senso proprio, quindi una "trappola di povertà" non può esistere per definizione. Anzi, si può dire che in Italia non esiste povertà (che in pratica è un concetto relativo) ma piuttosto miseria (che in pratica è un concetto assoluto). In Gran Bretagna la povertà ritenuta una responsabilità sociale (come dimostrano anche i dati sulla partecipazione elevata all'assistenza volontaria); in Italia la miseria non ha un effettivo riconoscimento al di fuori della carità religiosa (per cui chi vuole svolgere assistenza è spesso costretto a fari<) tramite organizzazioni religiose). L'approccio-di Eve potrebbe (e dovrebbe) essere però esteso ad altri ambiti della realtà sociale inglese. Il ruolo dell'istruzione (in Gran Bretagna e in Italia) richiederebbe una integrazione dell'appproccio sociologico, che è già presente, con quello stori-. co, esemplificato negli studi di Brian Simon. Le peculiarità dello sviluppo urbanistico inglese (che è stato spiegato da Anthony Sutcliffe in uno stupendo studio sul fallimento dell'edilizia a più piani in Inghilterra) sono anch'esse fondamentali per la comprensione della diversità inglese. Un ultimo aspetto che davvero non può essere trascurato è quello della struttura del mercato della casa in Gran Bretagna. La disponibilità di mutui per giovani ali' inizio del loro ingresso sul mercato del lavoro significa che i giovani inglesi godono tuttora di un grado di autonomia economica e sociale semplicemente 27
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