IL CONTESTO crediti: magari in tempi differiti, per vie oblique, tramite vantaggi politici o parapolitici di stinti - già temibili se considerati uno per uno - si integrino e diventino un blocco solo. delitto di strada diventi lo strumento più efficace per il controllo del territorio, essenziale sia alla corruzione amministrativa che alla criminalità finanziaria. È sul territorio infatti che si accumulano le ricchezze e le si reinveste: è lì che si governano i mercati e le transazioni, è lì che si creano alleanze e poteri. vario genere. , . È chiaro che ciò non riguarda tutta la città, tutta l'amministrazione pubblica, tutta l'imprenditoria. È chiaro che in questo caso, certo, "Milano non è Palermo": ma è altrettanto - chiaro che la diffusione di quella pratica è ben maggiore dei casi di corruzione accertati o sospettati. E se questa "mafia di ambiente" si saldasse con la criminalità di strada - attraverso il circuito dell'edilizia, in primo luogo - e costituisse un retroterra della finanza ma-· lavitosa, allora davvero la situazione precipiterebbe. Il rischio è, infatti, che fenomeni diLa finanza malavitosa è per molti versi una componente fisiologica dei sistemi eco0 nomici sviluppati, ma se si organizza come banca d' affarì permanente della grande criminalità, il quadro cambia; e la stéssa "mafia di ambiente", può manifestarsi come ordinaria, · Esistono molti indizi del fatto che quella e spicciola, corruzione oppure insediarsi c.ome stabile rete di controllo e di manipolazione degli atti amministrativi. Insomma, se la finanza malavitosa e la "mafia di ambiente" diventano sistema, è fatale che le relazioni tra • i due fenomeni si facciano organiche e reciprocamente indispensabili; ed è fatale che il saldatura sia già in atto, che quei morti ammazzati non siano solo l'esito di scontri tra gang di quartiere, che lo "stile palermitano" si imponga congiuntamente allo ''.stile Wall Street". Se questo accadesse, davvero Milano sarebbe peggio di Palermo. Ancora sul A proposito di 11 1 razzismi possibili'' Giovanni Jervis , Chi è razzista? In pizzeria è iritervenuto anche il cameriere, che è _un uomo di mezza età ormai stanco,- e ha parlato secondo copione : "Non sono razzista, però i negri, se vengono qui io li servo come gli altri, ma ame fanno una certa impressione,.io fuori di qui non mi fiderei mica tanto."Bene,hopensato, sembra che il vero razzista non salti mai fuori, invece eccone uno. Però, continuando a parlare con lui, mi è parso un tipo semplice e ignorante, molto mite e pochissimo incline, beninteso anche per virtù del suo stesso qualunquismo - e moderato · cinismo -, a mobilitazioni anti-straniero di qualsiasi tipo. Forse, ho pensato, in ultima analisi questo individuo potrebbe essere assai meno aggressivo di tanti altri che, meno ingenui, si guarderebbero dal dire che i negri "fanno impressione". In quest'ottica, allora, sono più razzisti un paio di benestanti umanisti che ho in mente, depositari per eredità famigliare di' un'antica e solida cultura meridionale, naturalmente di sinistra, certamente non antisemiti né anti-negri, però che da sempre fanno le loro vacanze solo a partire dalla Toscana in su, o in Nordamerica; perché dicono, ma sottovoce, sorridendo col tono di chi si scusa, "il Sud non ci piace" e chiamano, con Io stesso tono distratto e bonario, marocchini tutti i nordafricani che vedono in giro. In un medio capoluogo industriale del Nord Italia (non importa quale, la situazione ,è abbastanza comune) gli immigrati tradizionali, che sono una compatta comunità calabrese la quale si sobbarca gran parte dei lavori manuali, si stanno ora scontrando - come era prevedibile~ con i nuovi immigrati dall'Africa. Questi ultimi competono con loro per il controllo - anche territoriale - della parte "bassa" della gerarchia sociale della· zona, e più specificamente per l'accesso ai posti di lavoro semiqualificati, cioè immediatamente superiori alla pura manovalanza. Questo contrasto è ora acuto e comporta forti aggressività: ma è un conflitto a matrice razzista? Non mi pare proprio, anche se esso viene vissuto con odii personali e di gruppo e con semplificazioni che assumono inevitabilmente talune caratteristiche le quali fanno pensare a meccanismi psico-sociali primitivi quali: difesa simbolica del proprio territorio; spirito tribale (beninteso non riconosciuto come tale); allofobia e xenofobia; ed eventualmente stereo tipizzazione delle caratteristiche psicologiche degli "altri", ai quali vengo22- • razzismo no attribuite una serie di immagini pregiudiziali del tutto generalizzanti: ad esempio sono falsi, aggressivi, eccetera. Qui, ma solo qui, in queste ultime formulazioni, c'è un vero e proprio odore di razzismo. Ma in questo 'Caso il razzismo, nella misura in cui ci si arriva, è il risultato del tutto comprensibile di un conflitto di interessi fra diversi gruppi sociali, conflitto che si complica delle inevitabili incomprensioni fra due comunità di persone oppresse, talora incattivite, e che soprattutto hanno tradizioni e codici di comunicazione molto differenti. Qui l'emergere di una componente ideologica razzista non è dunque nulla di strano, e se da un lato essa contribuisce a radicalizzare Io scontro inserendovi la propria tendenza a produrre stereotipi ottusi e generalizzanti, da un altro lato non aggiunge nulla di sostanziale alle cause vere del conflitto, che sono cause materiali, sociali, storiche ben , concrete, e non cause psicologiche, e meno che mai cause genericamente "razziste". Ciò non toglie, naturalmente, che in quel capoluogo, come in molte altre parti d'Italia, siano latenti nella popolazione (e talora si manifestino) fenomeni che non sono immediatamente spiegabili sulla base di conflitti di imeressi materiali, e appaiono invece conseguenza di elaborazioni psicologiche più indirette e sotterranee. È possibile cioè che si manifestino umori, e atteggiamenti, e anche prese di posizione, fortemente generalizzanti, poco legati a fatti specifici, e consistenti nella diffusione pregiudiziale di idee ostili e di intenzioni punitive verso determinati gruppi etnici. In questi casi appaiono dominanti le elaborazioni di gruppo a carattere più irrazionale, le dinamiche di tipo proiettivo, la scissioni manichee, l'evocazione di capri espiatori, la strutturazione collettiva di miti e simboli a carattere negativo. Qui è più appropriato parlare di razzismo, o per meglio dire di un problema di razzismo come tema relativamente autonomo: ma anche in questi casi è giusto chiedersi se e in che misura quelle deprecabili elaborazioni psicologiche collettive, eventualmente strumentalizzate o istitituzionalizzate da qualche organizzazione politica, riflettano anch'esse - beninteso in modo poco diretto e poco palese-conflitti sociali aventi precise matrici culturali, sociali ed economiche. Non è detto che vi siano molte differenze strutturali fra i problemi - non nuovi - di inserimento dei meridionali nel settentrione italiano, e i problemi ora emergenti in rapporto all'immigrazione. Si assiste però adesso in Italia a una sorta di "moltiplicatore" perverso, sia in rapporto ali 'intreccio di conflittualità fra settentrionali, meridionali e immigrati nel Nord Italia, sia in rapporto al fatto che il Meridione (Roma compresa) soffre di problemi sociali tali da rendergli molto difficile assistere e inserire gli stranieri. Il tema degli immigrati si complica poi con quello dei nuovi regionalismi settentrionali (le "leghe"), regionalismi che hanno matrici complesse e diverse, ma che
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