Linea d'ombra - anno IX - n. 56 - gennaio 1991

IL CONTESTO coerente e di lungo periodo, in grado di aggredire le principali cause (da quelle di carattere politico-istituzionale, socio-culturale, economico, a quelle connesse con la mancanza di-una seria politica, non legata all'emergenza, dell 'or- .dine pubblico). 3) Una nuova fase nella lotta alla mafia: il dibattito sulle questioni di principio Da quanto detto emerge con chlarezza, io credo, il perché sia oggi opportuno adoperarsi per una nuovafase della lotta alla mafuz. Aprire una nuova fase significa da questo punto di vista, acquisire, innanzitutto, la consapevolezza che "unità" e "divisioni" dello schleramento antimafia non sono nozioni contraddittorie; al contrario, esse possono tranquillamente conviv.ereinsieme, purché sia chlaro che si collocano su due livelli diversi (potremmo diry, schematizzando il discorso fatto precedentemente, il livello dei valori e il livello dei contenuti). Accettare sino in fondo questi presupposti significa, come ho detto prima, sollecitare e privilegiare il pluralismo delle voci e il conflitto fra le opinioni. L'obiettivo deve essere in sostanza, quello di stimolare con forza il dibattito su tutta una serie di questioni nodali (politiche, istituzionali, teorico-giuridiche, etiche, ecc.) "di principio" che concernono il modo di concepire e di praticare la lotta alla mafia. Non si tratta quindi o, meglio, non si tratta soltanto di discutere sui fatti, passati e presenti, · su ciò che si è fatto e ciò che non si è fatto nella lotta contro la mafia.Bisogna salire al livello dei principi, e cioè a quello di ciò che si deve fare, e delle ragioni per cui si deve farlo. Detto in termini tecnicamente più corretti, l'analisi deve spostarsi dal piano fattuale al piano concettuale e normaJivo. Una volta chlarito il contesto di sfondo in cui inquadrare il problema della lotta alla mafia, diventa allora possibile fare alcune considerazioni di carattere più squisitamente politico sul comportamento di alcune delle forze che compongono lo schieramento antimafia. Si può rilevare, ad esempio, che, nel contesto della nostra regione e, più in particolare, della nostra città, sono stati commessi alcuni seri errori di valutazione da parte del Pci e di altri gruppi della sinistra, quantomeno di quella che si riconosce nei valori del garantismo e dello stato di diritto (e questa è già una grossa discriminante). Lo sbaglio principale del Pci è stato, a mio avviso, quello di scegliere esclusivamente, magari "tirato per i capelli", il terreno dei fatti, ad esempio, quello relativo alle responsabilità per eventuali sue azioni e omissioni che avrebbero danneggiato o indebolito la lotta contro la mafia. Questo atteggiamento ha fatalmente spinto il Pci a giocare sempre di più sulla difensiva costretto com'era a inseguire, in una spirale senza fine, le accuse di "tiepidezza" di "irresolutezza" (quando non di peggio), ecc. provenienti da un altro composito schleramento, interno ed esterno al Pci, che trova forse nel "Coordinamento antimafia" il suo principale punto di coagulazione. La ricerca di una verginità impossibile (perlomeno sulla base dei presupposti oltranzisti da cui discendevano le accuse mosse dall' al18 tro schieramento, accuse che trasformavano ogni supposto errore politico in un giudizio morale di condanna), ha poi portato all'innesco di un meccanismo perverso, purtroppo appoggiato anche da una parte della grande stampa nazionale, per cui qualsiasi critica che una parte del Pci e la si~tra "garantista" osava fare alle tesi, molto spesso di carattere antigarantista, avanzate dall'altro schieramento, veniva subito interpretata come un cedimento o un passo indietro nella lotta contro la mafia e, per di più, come un tentativo di isolare le forze "sane" della città. Questo meccanismo si basa a ben guardare, su di una contrapposizione dicotomica piuttosto . rozza, del tipo "o con me o con la mafia": si richlede, in altri termini, una scelta di campo globale che riguardi valori, contenuti, strategie, analisi empiriche, perfino giudizi su singoli eventi o su singole persone. Ogni sforzo di disarticolare questo modo olistico di argomentare, riflettendo criticamente su singoli punti, viene subito bollato come un tentativo di rompere· l'unità del fronte e, conseguentemente, di isolare le forze che esibiscono l'impegno di lotta più "pieno" e più "puro" contro la mafia. Per concludere su questo punto, la scelta di affrontare questo - piuttosto infido - terreno di scontro ha di fatto comportato, per il Pci e per altri gruppi della sinistra, una sostanziale subalternità politica e culturale nei confronti di disegni e di strategie che si iscrivono in una cultura politico-giuridica che mi sembra diversa rispetto a quella (di ispirazione liberal-democratica) nella quale il Pci (quantomeno nella sua maggioranza) hada tempo dichiarato di riconoscersi, e senza riserve. 4) La via giudiziaria nella lotta contro la mafia Prendendo sul serio l'invito di sviluppare la discussione sulle questioni nodali della lotta contro la mafia, che ho lanciato nella prima parte del mio scritto, affronterò brevemente adesso, sulla-scorta delle distinzioni elaborate nei paragrafi precedenti, una questione che ritengo sia assolutamente centrale: quella del ruolo che ha e/o dovrebbe avere la magistratura nella lotta contro la mafia. La tesi che mi accingo a sostenere è, detto in termini molto sintetici, che in questi ultimi anni, per un complesso di cause di natura diversa (alcune delle quali .esaminerò in seguito), il ruolo della magistratura•è stato concepito e ha di fatto funzionato come quello di unaforza di primo intervento, di un corpo di "combattenti scelti" nella lotta contro la mafia. Si sono create, in altri termini, le condizioni pratiche e ideologiche che hanno fatto sì che il giudice si trovasse impegnato in prima persòna nel conflitto, anche per l'assenza di tutta una serie di altri interventi di carattere pregiudiziale da parte del potere politico. Su due di queste condizioni (l'una di carattere pratico, l'altra di carattere ideologico) mi soffermerò in modo particolare, perché con la loro presenza concomitante si realizza una sorta di parados.sale convergenza fra forze politiche e culturali che si proclamano alternativ(?, a) La prima di queste condizioni, quella di carattete pratico,· è costituita dalle clamorose inadempienze degli altri poteri statali ai quali spetterebbe, nel senso più proprio del termine, di condurre la lotta contro la mafia. Non mi soffermo su questo aspetto, perché su di esso non mancano le analisi rigorose e dettagliate, alle quali ben poco potrebbe aggiungere il mio discorso.L'elemento particolare che mi interessa mettere in rilievo è, invece, quello relativo al1' assenza di altri circuiti "responsabilità/sanzioni", assenza che ha di fatto prodotto l'intasamento dell'unico circuito funzionante (nei limiti in cui oggi si può dire che l'amministrazione della giustizia "funzioni"): il circuito del diritto (''responsabilità giuridiche/sanzioni giuridiche'). Per spiegare cosa esattamente ciò significhi, sono costretto a premettere, in modo molto schematico, alcune nozioni di teoria del diritto. · Non c'è bisogno, comunque, di analisi troppo sofisticate per mostrare che la nostra vita sociale è guidata da una rete molto articolata e intricata di regole di origine e natura diverse (regole sociali, regole morali, regole politiche, regole giuridiche, ecc.). Queste regole, nella misura in cui esistono socialmente all'interno di una comunità o di un gruppo di persone (che cosa significhi la nozione di "esistenza sociale di una regola" è problema che non è il caso qui di affrontare), indicano modelli di comportamento e, talvolta, attribuiscono poteri, responsabilità e autorità ad alcuni membri del gruppo, prevedendo invariabilmente, comunque, delle sanzioni per l'inosservanza dei modelli, per l'uso indebito dei poteri, ecc. naturalmente, queste sanzioni hanno diversa natura e contenuto in corrispondenza del tipo di regole di cui fanno parte: e così possiamo considerare, ad esempio, l'emarginazione o l'espulsione dal gruppo come una delle sanzioni sociali; il rimorso, la richlesta di pentimento, l'ammonimento, ecc. come alcune fra le sanzioni morali; la rimozione dall'incarico, la revoca del mandato fidu- . ciario, il rifiuto del consenso espresso con il voto, come alcune fra le sanzioni politiche; ecc. Quello che è successo in questi ultimi anni è che non sono stati attivati, per quello che riiwarda le persone in "forte odore di mafia", i circuiti alternativi (e dunque anche le.sanzioni alternative) a quelli giuridici. Sarebbe troppo lungo spiegare perché ciò sia successo; certo è che i soggetti per cui vi erano seri e circostanziati indizi di "mafiosità" o di "contiguità con la mafia" non sono stati sufficientemente emarginati dal punto di vista socio0 culturale e politico; non sono scattate, in altri termini, le sanzioni sociali, politiche, ecc., per comportamenti che, pur non arrivando alla soglia della "antigiuridicità", erano pur sempre suscettibili di valutazione negativa dal punto di vista di altri tipi di regole. Ad esempio, i meccanismi della sanzione politica sono stati colpevolmente inattivi, sia da parte della società civile (e dunque dei cittadini elettori), sia da parte della società politica (e dunque dei partiti). I partiti politici, in particolare, hanno sempre finito per offrire il comodo ombrello di un ecumenico "garantismo" ai loro rappresentanti "chiacchlerati". Quello dell'uso improprio e distorto dt;l garantismo è senza dubbio uno degli aspetti più inquietanti dell'inceppamento del circuito sanzionatorio della politica. Nesswto o quasi nessu-

RkJQdWJsaXNoZXIy MTExMDY2NQ==