ILCONTESTO . europee, non furono aiutati i propri militanti a fuggire dal paese quand'è stato ormai chiaro che non c'era più niente da fare? Lui risponde con il tono di chi parla davanti a una folla di dimostranti che invece tutti quei quattrini sono stati investiti nella "resistenza". E non si vergogna quando aggiunge: "Mentre Pinochet è rimasto al potere ver 17 anni e la dittatura uruguayana per 13, il regime argentino è crollato dopo soltanto sei anni grazie alla resistenza popolare di cui noi siamo stati l'avanguardia". Perché durante la visita del Papa a Buenos Aires, qualche anno fa, hanno pubblicato un annuncio a pagamento sui giornali in cui chiedevano il perdono per i torturatori in galera? "Perché al Santo Padre volevamo dimostrare che non ci anima l'odio". Non sarà stato invece perché fra l'altro volevano un'amnistia generale che comprendesse Firmenich? E come mai alcuni degli ex capi Montoneros oggi appoggiano militari filonazisti? "Bisogna riconoscere che tra i militari è in corso un interessante processo di revisione storica che va seguito con attenzione." (Poche ore dopo l'intervista, l'assistente di Vaca Narvaja ci chiama in albergo per suggerire d'intervistare Lorenzo Miguel "perché potrebbe dire cose interessanti"; si tratta di un esponente emblematico di quella mafia sindacale peronista che si è arricchita con ifontributi dei lavoratori e con mille affari oscuri, e che non ha aperto bocca di fronte al sequestro e la sparizione di dirigenti sindacali che erano stati compagni di lotte comuni fino a poco tempo prima.) Lo scrittore e giornalista Miguel Bonasso, che vive in Messico da quando lasciò i Montoneros insieme con altri dissidenti dopo essere stato il portavoce internazionale dell'organizzazione, non se la sente di ammettere la sinistra ipotesi che i suoi capi di un tempo possano in realtà avere agito proprio per conto di quel regime che dichiaravano di combattere; non ha le prove, certo, ma oltretutto sarebbe come ripudiare il proprio passato. Tuttavia racconta: "All'inizio del 1980 l'oggi scomparso generale panamense Torrijos, allora uomo forte del regime centramericano, che aveva dato ospitalità a parecchi oppositori argentini, mi fece pervenire un messaggio in cui avvertiva che i suoi agenti avevano individuato segni indubbi di un 'infiltrazione al più alto livello dei Montoneros ... Non so che dire. Ci ho pensato tanto in tutti questi anni. Devo in ogni caso ammettere che delle spie dei militari non avrebbero potuto far meglio di quanto fecero i capi Montòneros". I parenti dei tanti "desaparecidos" che militarono in qull 'organizzazione non sembrano soffermarsi sui sospetti ma comunque odiano coloro che dopo aver· mandato al macello i loro ragazzi oggi, appena finite le sbrigative autocritiche, cercano palcoscenici per fare politica, collaborando· anche con i grandi assassini. I parenti: mamme, nonne, figli, fratelli. Ancora ogni giovedì pomeriggio le madri, fazzoletto bianco in testa, molte con la foto del proprio "desaparecido" appesa al collo, girano per un paio d'ore attorno al piccolo obelisco della Plaza de Mayo, di fronte alla casa Rosada. Lo fanno da tredici anni; alcune di quelle che cominciarono questo silenzioso rito settimanale sotto la dittatura militare sono scomparse allo stesso modo dei cari per i quali diedero inizio a questa forma di protesta. Ma non sono tante quante si presentavano nei mesi seguiti alla caduta del regime; poco più di cento, forse duecento, che camminano lentamente mentre dall'altoparlante legato al ramo di un albero esce come una litania un poema letto e ripetuto senza soluzione di continuità da Ìma vecchietta seduta sulla panca affianco, con parole a volte deformate attraverso la bocca mezzo sdentata. Le parole dicono del ritorno di quei loro ragazzi contro la volontà degli hijos de puta. Chissà se questa donna avrà mai detto in pubblico, prima che gli strappassero la ragazza o il ragazzo, "figli di puttana". Molte fra le presenti sono nonne che si danno da fare giorno dopo giorno nell'apposito appartamento di calle Corrientes preso in 10 affitto per la ricerca dei nipotini scomparsi, alcuni nati in prigione, altri abbandonati piccolissimi nella casa o nell'auto da cui furono portati via i genitori; si calcola che circa 150 bambini. siano ancora nelle mani dei poliziotti o degli amici di militari tra cui vennero distribuiti. La Madri di Plaza de Mayo sono attualmente divise: una minoranza vuol fare dei loro scomparsi un'arma politica, rifiuta insomma di ammettere esplicitamente il loro non ritorno, mentre la maggioranza desidera almeno sapere dove e quando i figi i sono stati assassinati, e se possibile recuperare le loro ossa. Eccole. Sono le ossa di circa un centinaio di "desaparecidos", in parte sui tavoli di una piccola baracca usata come laboratorio che si trova a pochi metri dall'enorme fossa comune nella quale si vedono spuntare dalla terra umida altre ancora da tirare fuori. Sui tavoli e sugli scaffali c'è anche una qualche calza, un pezzettino di stoffa probabilmente strappata da biancheria di donna, alcuni fiaschi che contengono capelli. Sono i giovani ricercatori del Gruppo di Antropologia giuridica a occuparsi pazientemente di tutto questo, allo scopo di risalire all'identità delle'vittime. Ci illustrano le tecniche del loro lavoro e alcune delle scoperte fatte (donna incinta uccisa con uno sparo al ventre, cranio distrutto dall'esplosione di un proiettile, colpi sparati da una distanza di poche decine di centimetri - quasi tutti i casi - come causa di morti generalmente attribuite invece dai comunicati ufficiali a "scontri con le forze dell'ordine"). Non ci permettono di filmare la fossa, fuori, eci chiedono di non riferire dove ci troviamo: c'è il segreto istruttorio ma, soprattutto, è meglio non diffondere indicazioni sul luogo perché già più di una volta è entrato qualcuno dwante la notte e ha messo tutto sotto sopra. "Ci hanno dato la custodia della polizia, ma gli uomini che dovrebberoproteggere il nostro lavoro non sono forse gli stessi che hanno fatto la strage di cui ci stiamo occupando?" Dice l'ex capitano Mittelbach: "I militari sono tuttora assolutamente convinti di avere operato nell'unico modo possibile per estirpare dalla società quella che chiamano sovversione. Anzi considerano sacro il genocidio perché compiuto nel nome di Dio e per la salvezza della patria". Il generale Bussi punta l'indice verso l'intervistatore: "Non mi si venga a parlare di eccessi, oltretutto perché noi, data la nostra formazione cristiana, siamo soggetti a profondi condizionamenti morali e spirituali che ci impediscono cli offendere la dignità umana". Eppure tanto dolore, il senso d'impotenza accumulato, non avranno gel)erato un' aspirazione di vendetta? Risponde in tono calmo e riflessivo il generale Harguindeguy: "lo non credo, no... Certo chi ha perso un figlio, la moglie, un padre, sente un sapore amarissimo. Ci mancherebbe altro. Ma odio e risentimento? No, non credo". Graciela Fernandez Meijide racconta per l'ennesima volta la sua esperienza: famiglia benestante, il figlio Pablo (17 anni) portato via da casa una notte da un commando di militari in tenuta di campagna. Tutti svegliati all'improvviso, compresi i due amici del ragazzo che avevano deciso di fermarsi lì dopo aver studiato insieme. Pablito non si dedicava ad altro che allo studio: Era da diverso'lempo cotto per una ragazzina che nella sua stessa scuola frequentava il Circolo studentesco, dove spesso si parlava delle cose che stavano accadendo nel paese, in ogni caso un circolo legale. La stessa notte si portarqno via quella ragazzina e ,sua sorella, prese mentre dormivano nei loro letti. Nessuno dei tre è più ricomparso. Matilde Herrera aveva tre figli, una femmina e due maschi, attivi nel Partito Rivoluzionario dei Lavoratori, quello da cui era uscito il braccio armato Erp. Attivi in politica ma mai in fatti d'armi, precisa. Le hanno portato via tutti e tre i figli, tutti e tre i rispettivi compagni, tutti e due i nipotini. Sicu~amente bellissi-
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