"La caffettieradelMasochista meriterebbesubitoun'edizionetascabilein migliaia,centinaiadi migliaia,milionidiesemplari,perché è unlibrodistraordinariautilitàperlavitadinoiessericomuni". GRANDANGOLO Lacaffettiera delmasochista Psicopatologia degli oggetti quotidiani Seprovtllislil Ìlllftaeri ltrutpirl ... il - ~lolibro poftallÌflÌOl1fl rtdic:IWNltl P'rll:SNllltolMdi CESARE CORNOLDI GIUNTI • Se non riuscite ad usare gli oggetti d'uso quotidiano spesso la colpa non è vostra, ma di progettisti poco accorti. Dalla collana Grandangolo, un brillante volume che svela impietosamente i paradossi del cattivo design. Un autorevole intervento del celebre esponente della psicologia cognitiva, a favore di una tecnologia a misura d'uomo. pp. 305 L. 32.000 Oreste Del Buono - La Stampa • • • • • Jr
UNACOLLANADI LINEA D'OMBRA A·P·E·R·T·U·R·E I TESTIPIÙ ATTUALI DEL PENSIERO RADICALE/LIBEROED ERETICODEL NOSTROSECOLO• TRANARRATIVAE SAGGISTICA,FILOSOFIAESOCIOLOGIA, STORIA E POLITICA • TRESEZIONI COMPLEMENTARI: SAGGI,NARRAZIONI, MANUALI• NEL1991:SAGGISULL'ITAUA DICIAFALONI,DONOLO,REVELLI ••• • "MANUALI" DI BERARDINELLI (POESIA), SCARNECCHIA(MUSICA DELTERZO MONDO),FOFI(CINEMA)••• GLISCRITTI POLITICIDI CORTÀZAR• UN DIBATTITO INTERNAZIONALESULLAPSICANALISI • STORIE RACCONTIDITOLSTOJ,ARNO SCHMIDT,SARTRE,GOES••• TUTTII VOLUMISONORILEGATI IN BROSSURA,CON COPERTINADUECOLORI,ALPREZZO Dr LIRE12.000. LADISTRIBUZIONE INLIBRERIA ÈDIGIUNTI,FIRENZE. NOVITÀ Heinrich8611 LEZIONI · FRANCOFORTESI Lelezionidi poeticatenute daBolinel 1963sonopreziosenelrivelareil metodo discritturadell'autore, ilsuo mododi lavoraresullarealtà.Bolinonvuoleoffrirealcun "breviario",puòunicamente dimostraredi"conosceregli elementidellavitaumana". Ilsuoumanesimo è quellodi uno scrittoreche tentadi ricostruire qualcosache valga ridareall'uomoealla societàunvoltoumano,responsabile solidale. Voices ILDISAGIODELLA MODERNITÀ Il nostromondostarapidamentecambiando. Iproblemidell'intelligenzaartificiale o dellasocietàpost-industrialecitoccanodirettamente, stanno trasformando l'ambienteincuiviviamo. È indispensabilerifletteresui cambiamentie trovarechi possaaiutarcia capirelo scenariochesistadelineando,pienodinuoveidee,nuove incertezze,nuove speranzee nuoveangosce.17 grandi nomi della cultura mondialenediscutonocon luciditàepassione. VOICIS 21 CHANNEL FOUR E BERTRANDRUSSELLHOUSE IL DISAGIO DELLA MODERNITÀ :~~~: J ~:~ti!:~~t~~lm MAI ESISTITE SEMBRANO COSI SCONTENTI DELPRESENTEE COSI SPAVENTATI DAL FUTURO! • COSA C'~ CHE NON VA, NEL MONDO CUI APPARTENIAMO! QUALI SONO I COSTI UMANI E SOCIALI DELLAMODERNITÀ!• NE PARLANO, AMIS, BELL,BELLOW, BRIEFS,CASTORIADIS,DAHREN, DORF,GALTUNG,GELLNER,GIDDENS,/GNATIEFF,KOLAKOWSKI, LASCH,PAZ, ROTHSCHILD,TAY, LOR, TOURAINE,WALLERSTE/N, --------------------------------------- Desidero essere informato sui prossimi titoli e sulle iniziative di Linea d'ombra. NOME____________ COGNOME___________ _ INDIRIZZO____________________ _ CAP____ _ ETA' ATTIVITA' TrovoLDOin □ edicola □ libreria, □ daamici, O biblioteca LeggoLDOdal numero__ Sezionidi LDOpreferite__________________ _ Data________ _
GLISCRITTORI ELAPOLITICA IL MONDO DOPOLAFINE DELLA SECONDAGUERRAMONDIALE • STORIEDI GUERRAEDI PACE,DI =~:reJ~ ~'rfWu>.~~ RE; UN'EPOCA PI TRANSIZIONE •, PIJIIANO, IOU, CHOMSKY,ECO, GO/I0IMER,GIIASS,HAU. HAUIDAY, KON/IAD, IIVSHDIE, SONTAG, THQMPSON, VQNNEGVT. LevN.Tolstoj DENAROFÀLSO Unromanzobrevedellavecchiaiadi Tolstoj.chehadà.loil megliodellesueriflessiontieoricheneitestinarrativmi, ettendao puntoun"genered"i"racconttoeoricoo" di teoriatrasformatianvicenda. Denarofalso è divisoinduepartispecularni:ella·prima unacambialefalsificatap,assanddoimano inmano,provocaluttoe corruzionen;ella seconda,basta che una sola persona dimostrliaforzadellaveritàedellagiustizia perchétutto possa positivamente cambiare. Voices GLISCRITTORI ELAPOLITICA È la traduzioneitalianadi una seriedi dibattitiorganizzatpier il Canale 4 della televisionienglesealloscopodiaccostare ilpubblicoallainterpretazionde imaggiori dilemmdi elnostrotempo1. 2grandui omini dipensieroeartistci ontemporandeisi cutonodelrapportoNord/SuedEst/Ovesdt,ell'impegnodegliscrittorni ellalottapolitica (GordimeerSontag)d,ellaguerra(Vonnegut e Boli), di crisi e di economiae di Europad, i prospettivme ondiapli eril futuro. · AldoCapitini LETECNICHE DELLANONVIOLENZA Lanonviolenza è una"rivoluzionpeermanentec"hecoinvolgdealprofondogliatteggiamentdi elsingoloedellacomunitàche trasformae"apre"aglialtri.Questovolume descriveimetoddi ilottacheallanonviolenzasirifannoc,ompresla descriziondeelle campagnenonviolentceontroil razzismo, inAfricae inAmericaU. nlibroimportante, anzifondamentalein,questomomentodi cri$idellasinistra. APROPOSITO DEICOMUNISTI INVITOALPCIPERCH!,SAGGIAMENTE,SI SCIOLGA • I COMUNISTIE :tJ. STORIA • CRISIDI UN'~ ge~l/T1NT~J~r~~~ SOLOIL PCIDOVREIIE CAMBIARE NOMU • BOTTEGHEOSCURE EPALAZZO , IL ROSSOE IL VERDE • MILITANZAEVOLONTARIATO • AHENO/CE, ELSAMORANTE, PICCOLO MANIFESTO DEI COMUNISTI {SENZACLASSEESENZA PARTITO/ LASTRANAVICENDADI UNA MACELLAIA DAL VOLTOSFREGIATO• NELLA GERMANIA DELLADISFAT1M~~~i'~~t!l'~~:É1~sr~: ZIONEDEGLIEBREI • UNA TESTIMONE SENZASTORIAE SENZA CULTURA• COMEREAGIREI•PRIMA DI BOLL, UNO DEIRACCONTI PIOALTIETERRIBILI SUL PASSATO TEDESCO • NELLATRADUZIONE DI RVTHLEISERFORTINI GQntheArnders DISCORSSOULLE TREGUERREMONDIALI Delgrandefilosofodella"discrepanz(at"ra possibilitàe realtàdell'uomonel mondo moderno)a,nalizzatordeellalogicaautodistruttivadell'umanitàte, oricodeigruppi· pacifistei decologicIi.lmondonon è piùlo stesso.egdli ice,"dopoAuschw~ez dopo Hiroshima·L.eferitedell'olocausteodell'atomicanonsonorimarginabili; è dalla coscienzadellelorounicitàedallaconcreta possibilitàdellafine del mondoche bisognapartireperribellarsi. Linead'ombra APROPOSITO DEICOMUNISTI Anchelaredaziondei "Linead'ombrah" a volutodirelasuasullacrisichetravagliail comunismoitaliano,da una posizione decentratad, i "senzatessera·che non hannointeressdi i carrierao di schieramentodentroil PCI.Nelvolumesitoccano i punticrucialdi eldibatt~ol':ereditàleninista e togliattianal,e colpestorichedel partitol,acrisidiidentitàchetravagliabase efunzionaril,ruoloambiguodeglintellettuali,glischieramenintiterni,lrapportoela comunanzadi certimetodicon gli altri partitie conil "palazzo"il, rapportoconi Verdie, l'invitoalPCIp, aradossalmeanon troppo,"perchésisciolga"p,erchéinventi nuoveformediversedaquelletradizionali di Partito. AlbrechtGoes LAVITTIMA Pubblicatpoerlaprimavoltanel1954, La vitimasi affiancautorevolmenatleleopere cheriflettonosulpassatodellaGermania - con affinitàsoprattuttoconquelledi Boli. Goesp, astoreprotestantes,i è basatocomenarratoresullesueesperienzdei . vita,chesonostateterribilpi erchéegliha fattolaguerrasbattutodaunfronteall'altrocomecappellanomilitare.Comeogni inchiestachesi rispetti,e anchecome ogni"misteror"eligioso, Lavittima conducea una"rivelazionela" cuiscopertalasciamoal lettoredi fare. --------------------------------------- Agli abbonati alla rivista è riservata la condizione particolare della Campagna abbonamenti valida fin~ al 31. 12.90 (illustrata all'interno della rivista): uno sconto del 20% circa (Lire 10.000 anziché Lire 12.000) sul prezzo di copertina dei primi cinque libri della nostra collana "Aperture", minimo due titoli (il vorume· di Aldo Capitini "Le tecniche della nonvio~enza" è esaurito). Compilate questo tagliando: TITOLISCELT_I _________________________ _ abbonatoa LDOdalnumero____ nuovoabbonamenitnodata_____________ _ □ PagamenteoffettuatosulVs c.c.p.N.54140207 □ Allegoassegno □ Pagatoamezzovaglia Intestaree spedirea Linead'ombraedizionisrl ViaGaffurio4, 20124Milano-tel.02/6690931
Direttore: Goffredo Fofi Direzione editoriale: Lia Sacerdote Collaboratori: Adelina Aletti, Chiara A,Uegra, Enrico Alleva, Giancarlo Ascari, Fabrizio Bagatti, Laura Balbo, Mario Barenghi, Alessandro Baricco, Stefano Benni, Alfonso Berardinelli, Andrea Berrini, Giorgo Ben, Paolo Bertinetti, Gianfranco Bettin, Francesco Binni, Lanfranco Binni, Luigi Bobbio, Norberto Bobbio, Franco Brioschi, Marisa Bulgheroni, Isabella Camera d'Afflitto, Gianni· Canova, Marisa Caramella, Cesare Cases, Roberto Cazzola, Grazia Cherchi, FranC:X:scCoiafaloni, Luca Oerici, Pino Corrias, Vincenzo Consolo, Vincenzo Cottinelli, Alberto Cristofori, Mario Cuminetti, Peppo Del Conte, Roberto Delera, Stefano De Matteis, Piera Detassis, Carlo Donolo, Riccardo Duranti, Saverio Esposito, Bruno Falcetto.Maria Ferretti, Marcello Flores, Ernesto Franco,~uido Franzinetti, Giancarlo Gaeta, Alberto Gallas, Fabio Gambaro, Roberto Gatti, Filippo Gentiloni, Piergiorgio Giacchè, Gabriella Giannachi, Giovanni Giovannetti, Paolo Giovannetti, Giovanni Giudici, Bianca Guidetti Serra, Gio'VamùJervis, Roberto Koch, Filippo La Porta, Gad Lemer, Stefano Levi della Torre, Marcello Lorrai, Maria Madema, Luigi Manconi, Maria Teresa Mandalari, Danilo Manera, Bruno Mari, Edoarda Masi, Roberta Mazzanti, Paolo Mereghetti, Santina Mobiglia, Diego Mormorio, Maria Nadotti, Antonello Negri, Luisa Orelli, Maria Teresa Orsi, Pia Pera, Cesare Pianciola, Gianandrea Piccioli, Giovanni Pillonca, Bruno Pischedda, Oreste Pivetta, Giuseppe Pontremoli, Sandro Portelli, Fabrizia Ramondino, Marco Revelli, Alessandra Riccio, Fabio Rodriguez Amaya, Paolo Rosa, Roberto Rossi, Gian Enrico Rusconi, Nanni Salio, Maria Schiavo, Franco Serra, Marino Sinibaldi, Joaqufn Sokolowicz, Piero Spila, Paola Splendore, Antonella Tarpino, Fabio Terragni, Alessandro Triulzi, Gianni Turchetta; Emanuele Vinassa de Regny, Tullio Vinay, Itala Vivan, Gianni Volpi, Egi Volterrani. Progetto grafico: Andrea Rauch/Graphiti Ricerche: Natalia Del Conte Pubblicità: Miriam Corradi Esteri: Regina Hayon Cohen Produzione: Emanuela Re Amministrazione: Rina Disanza Hanno contribuito alla preparazione di questo numero: Franco Cavallone, Giorgio Ferrari, Grazia Neri, Vittorio Nisticò e il giornale "l'Ora", le riviste "Meridiana" e "Segno", le case editrici Chatto & Windus, Einaudi e Serra & Riva, Cristina Taverna della galleria Nuages di Milano. Editore: Linea d'ombra Edizioni srl Via Gaffurio 4 - 20124 Milano Te!. 02/6691132-6690931. Fax: 6691299 Distrib. edicole Messaggerie Periodici SpA aderente A.D.N. - Via Famagosta 75 - Milano Te!. 02/8467545-8464950 Distrib. librerie PDE - Viale Manfredo Fanti 91 50137 Firenze -Tel. 055/587242 Stampa Litouric sas - Via Puccini 6 Buccinasco (MI)-Tel. 02/4473146 LINEA D'OMBRA - Mensile di storie, immagini, discussioni. Iscritta al tribunale di Milano in data 18.5.87 aln. 393. Direttore responsabile: Goffredo Fofi Sped. Abb. Post. Gruppo III/70% Numero 56 - Lire 8.000 Abbonamenti Annu~le: ITALIA: L. 75.000 a mezzoassegnobancariooc/c. postalen. 54140207 intesta lo a Linea d'ombra. ESTERO L. 90.000 l manmcritti non vengono restituiti. Si rispondea discrezione della redazione. Si pubblicano poesie solo su richiesta. Dei testi di cui non siamo stati ingrado di rintracciare gli aventi diritto, ci dichiariamo pronJi a ollemperare agli obblighi relaJivi. Questa rivista è stampata su carta riciclata. llNEDA'OMBRA anno/X gennaio1991 numero 56 4 5 12 15 16 19 21 22 24 26 28 GadLerner Joaquin Sokolowicz Nanni Salio FIAT e operai Inchiesta in Argentina Etica e politica della nonviolenza Interventi sulla mafia S. Lupo, R. Mangiameli I fattori del cambiamento Vittorio Villa Vecchia e nuova antimafia Bianca Guidetti Serra Il "caso Contorno" Luigi Manconi Milano come Palermo Giovanni Jervis L. Balbo, L. Manconi Guido Franzinetti Danilo Manera A proposito di un libro sul razzismo Una risposta Un libro per capire gli inglesi Scrittori spagnoli d'oggi eA. Gallassul futuro della teologia secondo Haring (a p. 32),M. FloressuLospionaggiofascista in URSS di G. Fabre (a p. 33), P. Bertinetti su un libro per ragazzi di Salman Rushdie (a p.35). Proi:nemoria (a p. 36). Gli autori di questo numero (a p. 94); 48 45 52 56 62 79 72 67 82 39 41 Steffen Mensching, Kurt Drawert, Yaak Karsunke, Annerose Kirchner, Walther Petri, Jurgen Theobaldy, Ursula Krechel, Hinnerk Einhorn, Heinz Czechowski, Gii.nterKunert, Heiner Mii.ller JohnBarth Ryszard Kapuscinski Michael lgnatieff Kazuo /shiguro Penelope Lively Paul Goodman Bernard MacLaverty Penelope Lively Vincenzo Consolo Leonardo Sciascia Poesie tedesche inedite a cura di Anna Chiarloni La politica del romanzo a cura di Roberto Caglìero Scrittura e giornalismo a cura di Oreste Pivetta Testa e cuore cosmopoliti a cura di Maria Nadotti Il maggiordomo·e il samurai a cura di Paola Splendore Dopo la natura a cura di Maria Luisa Bignami L'etica della tecnologia scientifica Il Gran Profondo Un mazzo di carte Sciascia, scrittore di pensiero La lingua di Moro e altri interventi :rn:::11Jn1ca111:t/t1tt:J1::::::1:r ____ CINEMA: 86 89 MUSICA: , ChenKaige Goffredo Fofi Cinema e cambiamento in Cina a cura di Robert Sklar "Il re dei bambini", da Acheng a Chen Kaige con alcune dichiarazioni di Acheng 90 Francesco Mauioli li ritorno di Giovanna Marini 91 Marcello Lorrai Musica pazza per David Moss 92 Peppo Del Conte Chi ha fatto fuori la povera Madonna? La copertina di questo numero è di Paul Davis (per gentile concessione della galleria Nuages)
IL CONTESTO Fiat e operai Qualche novità GadLerner Comeal solitopareva impossibilefino all'ultimo, ma come al solito anche stavolta alle ore 3,52 di una notte di dicembre il contrattodei metalmeccanici è stato firmato.Come al solitola più numerosacategoria di operai e impiegatidell'industria, quelli che lavorano di più, ha ottenuto parecchio meno di quanto viene concesso ai dipendenti pubblici, che faticano la metà. Come al solito gli industriali, reduci da un decennio di profitti alle stelle, dicono che la colpa non è loro ma del costo del lavoro. Come al solitoi sindacati allarganole braccia, dichiarandoche se non altro si è sconfitta l'ala dura del padronato. Come al solito qualche nostalgicoaveva affidato - chissà perché, visto che i rapporti di forza sono sotto gli occhi di tutti - al rinnovo contrattualele sue aspettativedi rilancio dello scontropolitico e di classe, sicché ora grida al tradimento... Malgradolemassiccemanifestazionidiprotestaprovenientida una comunitàoperaia che si è in parte ringiovanitagrazieai nuovi assunti(manifestazioniimpensabilinel corsodeglianniottanta), si puòdireche sui giornali le96oredi scioperodi unmilionee mezzo di metalmeccanicihanno fatto meno notizia dello sciopero degli agentidi cambio della Borsa di Milano, in lotta per non pagare le tasse. Ma anche questo, in fondo, è risaputo: risultandodavvero impervio, nella "civiltà della comunicazione", riconoscere un qualchevalore al lavoro manuale su cui essa si regge. Eppure ci sono due novità, dentro a questo mondo dell'industriae degli uomini che le dannovita, unmondo checambiamolto più in fretta'di quanto appaia dai suoi immutabili riti. La prima _sipuò dedurre dalla stessa trattativa fra sindacati e Federmeccanica. Al dunque, quando lo scontro è giunto al suo culmine, le due parti hanno scoperto che stavano combattendo attornoa un simbolo.D'accordo su aumenti salarialifra le 200 e le 250 milalire (di modo che la pagamedia di un-operaiopotrà forse .superareil milione e 400 mila nel giugno del '94!). D.'accordoa congelare ogni altra contrattazione articolata sul salario per i prossimi 16mesi. L'intransigenza della Federmeccanicasi manifestava invece nel rifiuto di accogliere 8 delle 16 ore in cui i sindacatisi erano rassegnati a restringere il loro obiettivo iniziale di unaben più consistente riduzione dell'orario di lavoro. Avetecapitobene: si è giunti sull'orlo dello scioperogenerale per 8 ore in più o in meno lavorate in un anno. E pensare che nell'autunno caldo del 1969 si lottava per 8 ore in 'meno alla settimana!La sproporzione fra misura reale della controversia e ampiezzadel conflitto che pareva doverne scaturire era tale, che poi in effetti .si è trovata una pezza per evitare lo sciopero. Ma nell'ostinazione con cui gli industriali rifiutavano quella riduzione d'orariopressochésimbolica(cheperaltro sarebberoingradodi recuperarea loropiacimentoattraversola sempliceimposizionedi un sabatolavorativo) è facileintravvedereuno sforzoconsapevole volto a ratificare la definitiva non ingerenza di alcuna forma di controllocollettivo sulla prestazione lavorativa subalterna. Comedire: il sindacatopuò contrattaresul salario,ma ormaiha perso il dirittoa occuparsi di com 'è organizzato il lavoroe di qual è il rapportoindividualefra ogni singolo operaio e la sua azienda. Un attaccoche, naturalmente,procede di pari passocon la profonda ignoranza che contrassegna il sindacato medesimo su tali questioni. Nel mentre ancora i mass media - ma con essi buona parte delle organizzazionidella sinistra- non riesconoad andare oltre l'identificazionedi tutti gli operai nello stereotipodeipur splenditi disegnidi Altan (vi rendeteconto che almeno tre titoli suquattro dedicati agli operai contengono la parola "Cipputi"? Con uno sforzo di fantasia pari alla qiriosità di conoscere i soggetti in questione);nel mentre-dic~o - succedeche i padroniabbiano già imparatoa distinguerel'una dal!'altra le esigenzemolteplicidi ogni tipo diverso d'operai, piegandole naturalmente ai propri interessi. Un esempio importante di ciò, è rappresentatodalla seconda novitàchemeritadi esserecommentata.Per laverità,si trattadi una notiziabenpiù rilevanteper il tessutosocialeitalianodi quantonon lo sia la firma del contrattodei metalmeccanici.Parlo dell'annunciodellaFiat, che apriràun nuovo grande stabilimentoautomobilistico a Melfi (Potenza) e amplierà l'impianto di Pratola Serra (Avellino) fino a creare 8.300 nuovi posti di lavoro al Sud. (Neancheil più estremistadei sindacalisti avrebbeosato chiedere tantoalla sua principale controparte.)Che investirà 5 mila miliardi,mausufruirànaturalmentedi formidabilifinanziamentipubblici e sgravi fiscali. Primaancoradi addentrarcinelleconseguenzediun taleevento annunciato,mipremeunaconsiderazionepiùgeneralesulrapporto fra Nord e Sud Italia cui l'iniziativa Fiat indirettamente allude. Mentre politici e opinion leaders si prodigano nell'indicarci la crescita del divario fra Settentrione e Meridione, io ho spesso l'impressione che Nord e Sud si somiglino sempre di più. E che Fotodi J. A. Povlovsky(Sygmo/G. Neri).,
tanto fervore nel raccontarci le disgrazie del Sud (tutte autentiche, per carità) sia piuttosto un espediente per soddisfare in termini puramente suggestivi, ma non rigorosi, il bisogno di conoscenza sulla realtà italiana che cambia. Da Giorgio Bocca agli amici sceneggiatori della Pìovra, da Samarcanda agli inseguitori di microstorie locali, tutti sanno, tutti sappiamo, che al Sud vai a colpo sicuro: dovunque ti muovi becchi un soggetto buono per il tuo articolo, libro, film, scandalo da denunciare, ecc. Non dico che tale produzione non contenga anche deibuoni prodotti. Ce ne sono. Ma resto dell'idea che per capire certi meccanismi essenziali che regolano la vita del Sud, sarebbe opportuno risalire con l'indagine più a Nord, anche a costo di essere meno suggestivi. Benvenuta dunque la Fiat,_che di tale intreccio viene a fornirci concretissima testimonianza (non certo solo con l'annuncio di oggi: al Sud contava già prima 32 stabilimenti). Riesco bene a immaginare l'impatto sconvolgente che il nuovo stabilimento di Melfi (mica una bazzecola: dovrà sfornare 1.800 esemplari al giorno della nuova utilitaria che prenderà il posto della Uno, cioè dell'auto più importante della scuderia Fiat) produrrà sulla gente di quei luoghi, posti al confine fra Lucania, Irpinia e Puglia. Proprio di fonte a Melfi, su un colle appena traversato il Basento, è accoccolato quel paese-presepe di Monteverde da cui presi le mosse un'estate di qualche anno fa per il mio lavoro di ricerca sulla condizione operaia della Fiat. Più di metà della popolazione maschile adulta di Monteverde era impiegata negli stabilimenti torinesi di Agnelli, e più della metà dei monteverdesi si era trasferita a partire del 1957 a Cambiano, un paese alle porte del capoluogo piemontese. Chissà quanti di loro faranno carte false, disposti a tutto pur di essere trasferiti giù a pochi chilometri da casa. In una zona, di questo possiamo essere certi, che la Fiat farà il possibile per non trasformare da rurale in industrializzata, bensì per lasciare immutata. Qualche pezzo di Sud a Torino, in effetti, è probabile che faccia ritorno a casa, sotto forma di capireparto o comunque di operai-modello (i paesani che avevo conosciuto, del resto, erano quasi tutti gente esausta per il doppio lavoro praticato IL CONTESTO da sempre per comprare la casa, e dunque gente amante della tranquillità e ben disposta alla disciplina). Ma è certo che la Fiat, piuttosto che puntare su un innesto di classe operaia tradizionale, preferirà applicare anche q~i il metodo felicemente sperimentato a Termoli e Cassino, i due stabilimenti meridionali che non a caso sono i più moderni di tutto il gruppo: far leva sulla disponibilità al lavoro e al compromesso degli operai-contadini; e immettere nei ranghi di giovani addestrati e qualificati, cioè "plasmati" direttamente dall'azienda. Tutta gente con cui si sono fatti patti chiari già oggi, in anticipo di anni sull'apertura del!' impianto: bisognerà che i robot lavorino 24 ore su 24 per sei giorni alla settimana, e che gli operai accettino di ruotare in conseguenza. Non mancherà, in cambio, la comprensione della casa-madre per coloro che dovranno assentarsi nella stagione del raccolto. A proposito d'intreccio fra Nord e Sud: qualche esegeta particolarmente solerte, ha voluto indicare la scelta della Fiat come una testimonianza d'impegno contro l'antimeridionalismo delle Leghe. D'accordo, mettiamola così: la Fiat si batte per restringere lo spazio d'iniziativa degli amici di Umberto Bossi, perché ha deciso di investire al Sud piuttosto che ridursi ad assumere molto presto marocchini e senegalesi alla Carrozzerie di Mirafiori o di Arese. Perché al Nord trovare operai "bianchi" sta diventando sempre più difficile. L'impressione è che stia venendo a maturazione in Italia un processo di radicale ridislocazione della classe operaia dcli' automobile. Davvero, con il salto tecnologico prossimo venturo (derivante dal!' impiego dei nuovi macchinari automatici per produrre le vetture di piccola cilindrata oggi ancora montate con metodi tradizionali), potrebbero spopolarsi alcune concentrazioni operaie a densità particolarmente alta. Non vale certo la pena di vestire il lutto, per il ridimensionarsi di questi pur celebri reparti: si tratta quasi sempre di postacci, benché "carichi di gloria". Semmai vale la pena di indagare e discutere come la discesa al Sud dellaFiat non divenga sinonimo della bancarotta del controllo operaio sulla propria prestazione di lavoro. ' Inchiesta sui 11 desaparecidos'' ormai scomparsi ·davvero Joaquin Sokolowicz AB uenos Aires ti dicono che si vede spesso Harguindeguy al supermercato a fare la spesa, come un qualsiasi buon padre di famiglia. Te lo dicono con un sorriso di simpatia oppure, alcuni, con l'aria dimessa di chi ti racconta tante altre cose strambe ma normalissime in questo paese impazzito (quell'atteggiamento così diffuso nella capitale argentina). Eccolo, Harguindeguy che ci riceve personalmente appena usciamo dal l'ascensore. Cordiale, ci fa accomodare nella stanza illuminata a giorno (gusto americano) in cui faremo l'intervista e collabora premuroso con l'operatore e il ragazzo delle luci perché possano piazzare gli attrezzi. Giacca e cravatta, la pancia appare prominente quando si siede. "Qualcosa da bere?". "No, grazie, generale", dice il giornalista argentino che ci ha fatto ottenere quest'intervista e ha voluto essere presente. "Allora prenderemo qualcosa dopo". Sorridiamo tutti, diciamo battute, l'attesa per poter fare le riprese è interminabile. Come farà il mio amico - mi domando - a vedere senza soprassalti ogni tanto questa faccia larga e queste mani grosse, sia pure per motivi di lavoro? Ma non sto forse io stesso sorridendo e dicendo qualcosa per rendermi simpatico a quest'uomo? - penso subito e continuerò a pensare insonne quella notte. Albano Harguindeguy è stato il ministro degli interni della Giunta militare presieduta dal generale Videla; era già stato prima del "golpe" del 1976, per imposizione dei militari al morente governo di Isabelita Per6n, il capo della Polizia Federale. Insomma uno dei cervelli e dei massimi responsabili della cosiddetta "repressione" che ha fatto scomparire nel nulla 30 mila persone. Il generale Antonio Bussi ritarda all'appuntamento, nella sede del suo Partito al quarto piano di un vecchio palazzo nel centro di Buenos Aires. Sulle pareti ci sono manifesti in cui sotto l'immancabile foto del suo volto serio, l'espressione che sprizza sicurezza e autorità, si promette lavoro e progresso per il paese. Le segretarie sono gentili, ci intrattengono parlando del generale come di un uomo perfino candido per la sua fiducia eccessiva nei vecchi buoni valori dell'onestà, dei meriti conquistati con Io sforzo individuale, dovendo - spiegano- sbrigarsi nelle trame della politica. Bussi è stato, durante la dittatura militare, il comandante che ha liquidato la guerriglia dell 'Erp (Esercito s
IL CONTESTO Rivoluzionario del Popolo) nella regione nordoccidentale del Tucuman, usando allo stesso tempo per la popolazione locale, in quanto "interventore federale" (governatore imposto dalla Giunta militare), gli stessi brutali metodi repressivi applicati nel resto del paese. Finalmente arriva. Non è né cerca di mostrarsi simpatico; occhi celesti, di rado un sorriso peraltro forzato, naturalmente non fuma. L'ufficio di Rico, in Avenida C6rdoba, è tutt'altra cosa: moderno, con gente che va e viene, un'adolescente alta in minigonna e calzettoni piegati in modo da far risaltare le belle gambe mentre si aggira attraverso le stanze come per casa sua. Lui, più alto della figlia, corporatura atletica, pantaloni aderenti, in maniche di camicia corte,, si affaccia per vedere se è tutto pronto per l'intervista televisiva e siccome manca ancora qualche minuto va di nuovo a rinchiudersi nella sua stanza perché non può perdere tempo. Sempre seguito a vista da due "gorilla" fermi nella saletta d'ingresso, quando torna riportato dal giovane consigliere politico (!'"intellettuale" che gli scrive i discorsi da lui poi imparati brillantemente a memoria), chiede che gli diano il mate: sui teleschermi ama apparire come il macho che è, sì, ma succhiando dalla cannuccia metallica come fa la gente del popolo. Sono queste le cose che fanno guadagnare voti, dopotutto, e non l'espressione di rabbia aristocratica che aveva .ai tempi in cui giovanissimo militava nel raggruppamento filonazista Gmu-dia Restauradora Nacionalista. Con la notorietà acquistata quando, tenente colonnello dell'esercito, capeggiò due degli ammutinamenti durante la presidenza di Alfonsfn per ottenere l'interruzione dei processi contro tanti militari per violazioni dei diritti umani, Aldo Rico ha ora aspirazioni politiche. (Sono suoi segua- . ci i giovani ufficiali che qualche,settimana fa si sollevarono nel fallito tentativo d'imporre la nomina alla testa dell'arma del fanatico colonnello dell'estrema destra Seineldfn.) Prima di sedersi per l'intervista contro la finestra che dà sulla strada ordina di abbassare la tenda. "È una mia mania", dice, "non mi piace avere la'finestra scoperta alle spalle". Harguindeguy, Bussi e Rico rispondono con le stesse parole alla domanda riguardante gli "eccessi" - per usare il termine con cui Videla ammetteva davanti a qualche impertinente visitatore ufficiale straniero che purtroppo potevano accadere talvolta fatti incontrollati in quella da lui battezzata guerra sucia (guerra sporca)-: "Ma quali eccessi! La guerra è in sé un eccesso". Ecco cos'è stata quella cosiddetta guerra: vediamo scorrere le immagini filmate del processo pubblico contro i capi della dittatura, gli ex comandanti delle Forze armate, svoltosi pochi mesi dopo il crollo del loro regime. Una vecchietta racconta che in prigione era costretta a fare flessioni per ore e ore ogni giorno, a volte anche nel mezzo della notte dopo essere stata buttata giù dal letto apposta, oltre a subire regolarmente le sedute di tortura con la picana elettrica, perché volevano sapere da lei dove si nascondeva il nipote ricercato ... Una donna che subito dopo aver partorito su un tavolo è stata obbligata a pulire inginocchiata ·il pavimento sporco dei suoi liquidi; mai saputo più nulla della creatura nata in quella circostanza ... La zia del ragazzino di 14 anni torturato in una stanza attigua a quella in cui veniva tortura~ la madre nei momenti durante i quali lo lasciavano in pace, in modo che ciascuno dei due sentisse meglio le urla dell'altro, e il cui cadavere con chiari segni di sodomizzazione fu poi trovato mentre galleggiava sulle acque del Rfo de la Plata vicino alle coste uruguayane: volevano così mettere le mani su suo padre, militante politico. Alcuni dei testimoni non si fanno quasi capire perché piangono senza sosta, altri parlano freddamente perché non ce la fanno a piangere. Non è stata una repressione come quella scatenata più o meno 6 negli stessi anni in altri paesi latinoamericani, quella dell 'Argentina tra il 1976 e il 1982. Diversa non soltanto per il numero enormemente superiore dei "desaparecidos" ma anche perché. quei 30mila di questo paese (al processo contro gli ex comandanti venne provata la soppressione di circa una terza parte) sono stati il risultato di un lavoro "scientifico", progettato e applicato meticolosamente in ogni angolo del paese; secondo i capi di Buenos Aires, i nemici da abbattere non erano soltanto i "sovversivi" armati o disarmati: i militari avevano deciso di far fuori un'intera generazione, quella dei giovani e gli adolescenti che, se non erano attivisti politici, rappresentavano in ogni caso un campo inquinabile dalle idee politiche. Un generale fu allora esplicito in pubblico: "Liquideremo prima i militanti, poi i loro simpatizzanti, infine gli indifferenti". I grupos de tareas (gruppi di lavoro, com'erano formalmente chiamati gli squadroni che irrompevano nelle abitazioni per sequestrare qualcuno o più di uno) si portavano via il più delle volte anche la rubrica dei numeri telefonici deBa vittima per andare in un secondo tempo a cercare uno per uno coloro i cui nomi figuravano in quelle pagine semplicemente perché amici o compagni di studio o di lavoro e magari più di uno non sentito né visto da anni. Il terrore era costantemente rinnovato nelle città dalle Ford-Falcon verde chiaro, senza targa, che giravano per le strade con a bordo due o tre uomini armi alla vista, spesso con uno sportello aperto appena in modo da far spuntare la bocca del mitra; era su quelle auto che quasi sempre si portavano via i sequestrati. Le telefonate minacciose nel mezzo della notte svegliavano anche famiglie i cui ragazzi non si sognavano nemmeno di occuparsi di qualcosa che potesse essere considerato politico. In giro circolavano numerose liste di "condannati a morte", persone note e meno note, perfino tecnici e maestranze del cinema che avevano prestato l'opera per qualche film ritenuto ora "sovversivo"; nomi diversi in ciascuna lista mischiati ad alcuni che apparivano nelle altre. "i militari fomentarono nella popolazione uno stato permanente di soprassalto, di paura", dice la psicologa Eva Giberti. · Migliaia di prigioni clandestine si riempivano continuamente di nuovi sequestrati in sostituzione dei chupados (risucchiati, era la designazione coniata dai militari) già portati al macello, uccisi con un colpo d'arma da fuoco o gettati vivi da un aereo nelle acque del fiume o dell'Atlantico. Prigioni installate all'interno di caserme o in qualsiasi zona urbana dietro facciate che indicavano invece la presenza di un'officina o di un laboratorio, alcune all'interno di parcheggi di autobus frequentati durante il giorno da migliaia di persone, altre in cantine di luoghi pubblici nel centro stesso delle città (come, fra le altre, sotto le.Gallerie "Pacifico", a Buenos Aires, note per gli affreschi dei più importanti pittori argentini del secolo). Nella regione di çordoba, in provincia, gente che abitava vicino a "La Perla", campo di concentramento e sterminio appartenente all'esercito, ha testimoniato di aver sentito spesso in quegli anni odore di carne umana bruciata ... Le leggi cancellatorie dei crimini, varate sotto le pressioni dei militari dai governanti eletti in seguito, quindi la fine dei processi, l'amnistia mascherata d'altro, l'indulto, hanno bloccato ogrii ulteriore indagine .. "Il fatto che già all'alba del 24 marzo 1976, giorno del colpo di stato che rovesciò Isabe1Pcr6n, ci fossero stati numerosissimi arresti di persone mai più ricomparse indicà che tutto quello faceva parte di un piano preparato accuratamente", dice Horacio Verbitsky, giornalista che è probabilmente il miglior conoscitore delle vicende interne alle sfere militari. Preparato a partire da quando e in che modo? "Non lo si sa con esattezza. Ci sono testimonianze sulla predisposizione durante i mesi immediatamente precedenti al golpe della politica economica e dei pro-
grammi in diversi settori d'attività governativa che sarebbero stati applicati dai militari una volta al potere, ma non ne esistono praticamente altre sull'elaborazione del piano repressivo. È naturale, perché in questo campo la solidarietà tra i militari è forte e non ha consentito che trapelassero informazioni precise." E quanto ai ruoli assegnati alle singole Forze armate nell 'attuazione di quel piano? "La responsabilità primaria toccava all'esercito, sia per la storica tradizione di assolvimento di compiti da polizia, che invece la matjna e l'aviazione avevano svolto solo occasionalmente in passato, sia perché in possesso di una struttura tanto più ampia rispetto alle altre armi. Le cosiddette "zone di sicurezza" in cui venne diviso il paese coincidevano con le aree della mappa interna dell'esercito e ciascuna di esse era comandata da un generale dell'esercito. L'organigramma fu concordato con la marina e l'aviazione, che pure s'impegnarono a operare con i rispettivi uomini e a mettere a disposizione loro installazioni. La polizia svòlgeva compiti subalterni, come fornire le forze d'urto e i commissariati per rinchiudere provvisoriamente i detenuti quando ce n'era bisogno; i poliziotti facevano insomma il lavoro più sporco." Si manifestarono in qualche modo le differenze esistenti nell'esercito fin dagli anni Sessanta tra il settore chiamato "liberale" e l'altro "nazionalista"? "No, per quanto riguardava l'azione repressiva ci fu un·accordo pieno nell'esercito così come nel resto delle Forze armate." Si registrano casi isolati di ufficiali che hanno tentato di opporsi ali' opera omicida. Quattro gatti, che naturalmente dovettero lasciare il servizio o che furono costretti a lasciarlo da minacce e persecuzioni. Ancora in questi anni di ristabilita normalità istituzionale, la sede del "Cemida" (Centro dei militari democratici argentini) è stata fatta bersaglio di qualche attentato BuenosAires, Avenida De Mayo {foto di Roberto Koch/Contrasto). IL CONTESTO dinamitardo.L'ex capitano Federico Mittelbach, che già se n'era andato dall'esercito alcuni anni prima ma che continuò a frequentare ambienti militari in quanto docente del Colegio Militar de la Naci6n (la scuola allievi ufficiali), dice che fino al momento iri cui s'insediò la Giunta capeggiata da Videla "la maggioranza degli ufficiali e sottufficiali non sapeva esattamente quale sarebbe stata la metodologia della repressione; non erano state date indicazioni precise dall'alto della gerarchia. Era noto qualche precedente di sparizione di uomini catturati dai militari nei primi anni Settanta ma non mi risulta che nelle caserme si sia parlato di un'applicazione generalizzata di tale metodo a partire da quel momento". C'era tuttavia in molti la predisposizione necessaria a ubbidire anche agli ordini più terribili: "Io sono stato professore al Colegio Militar nel periodo immediatamente precedente al colpo di stato del '76. Ricordo che una volta, primo giorno di lezioni, mentre mi accingo a cominciare, vedo tutti gli allievi con un rosario in mano e che a un certo punto, evidentemente già d'accordo, all'unisono tirano fuori da sotto i tavolini una cartolina con il ritratto della Madonna di Lujan insieme con una svastica. Rimasi inorridito. Quei futuri ufficiali venivano indottrinati da alcuni superiori perché sapessero agire con crudeltà nel nome di Dio." Come mai, Verbitsky, talvolta sembrava che ci fossero contrasti fra i repressori di diverse armi o anche di settori di una stessa arma? "Non c'erano contrasti sui metodi, ma rivalità per motivi politici fra aree interne, ciascuna con tanto di servizi segreti. Per esempio l'ammiraglio Eduardo Massera, allora comandante in capo della marina, fece di tutto per sfuggire a quello che per lui erano le strettoie dell'organigramma perché •personalmente aveva ambizioni politiche. Così la Scuola di Meccanica della Marina, nella capitale, diventò un importantissimo enorme campo di concentramento. In parole povere, chi più gente sequestrava 7
IL CONTESTO e torturava e assassinava acquistava di fatto un maggiore peso, nel caso di Massera al vertice del regime. Quando lui rilasciava qualcuno fra i prigionieri, era perché tentava di stabilire un ponte con il movimento peronista al fine della sua progettata scalata al potere: Lo stesso discorso va fatto per le liste di condannati che circolavano pubblicamente: gruppi concorrenti che si nascondevano l'uno all'altro le informazioni raccolte e che diramavano quelle liste per mostrare di sapere di più-oltre che di essere più attivi, tutto per guadagnarsi un pezzettino maggiorç di potere ... Insomma la centralizzazione dell'intera "guerra sporca" e le forme di decentramento convivevano perfettamente. La struttura portante era comunque verticistica, copiata dai francesi in Algeria." Non furono forse gli americani a istruire i militari argentini? "L'influenza predominante è stata quella francese. È vero che funzionavano scuole per ufficiali di tutto il continente gestite da Washington e che da esse erano uscite direttive generali sempre in vigore per combattere la guerriglia ma, a parte gli screzi tra gli americani e il regime argentino per via della politica dei diritti umani del presidente Carter, i militari del nostro paese hanno avuto per principali maestri quelli francesi, presenti qui con istruttori già da parecchio tempo prima della dittatura. Detto per inciso, gli stessi americani hanno imparato molto dai francesi quando li sostituirono in Vietnam. In Argentina, se andiamo a vedere la collezione della rivista "El circulo militar", troviamo nei numeri degli ùltimi anni prima del golpe del '76 numerosi articoli illustrativi sul tipo di guerrasucia che infatti poi sarebbe stata applicata. La divisione delle forze armate in zone, subzone, aree operative, era stata suggerita dall'esperienza francese nelle guerre coloniali. I pezzi scritti dopo la caduta della dittatura su qualche giornale dal generale Camps, l'uomo che in un 'intervista si vantò di aver personalmente ordinato l'uccisione di cinquemila sovversivi, sono pieni di citazioni di militari francesi. All 'origine di quest'influenza sugli ufficiali c'era una forte incidenza degli insegnamenti della controrivoluzione francese sugl1 intellettuali dell'estrema destra locale; qui il fascismo italiano e il falangismo spagnolo sono penetrati ma una vera e propria radicazione l'hanno avuta le idee dell' Action Française di Charles Maurras. Tutto con il supporto, in Argentina così come era avvenuto in Francia, di una Chiesa identificata con le dottrine controrivoluzionarie". La Chiesa argentina è stata al fianco del regime militare, inaugurato del resto dall 'ùltracattolico generale Jorge R. Videla. "Non è la Chiesa ma il suo vertice", corregge monsignor Miguel Esteban Hessayne, un vescovo del Sud argentino che personalmente si è sempre battuto per fermare i crimini, rischiando la vita; un prete che ama ricordare quei "fratelli", secondo lui non pochi, che mai hanno smesso di denunciare la barbarie, a cominciare dal vescovo Angelelli, di Le Rioja, ammazzato dai sicari del regime. Quando gli si ricorda che però è stato nientemeno che il cardinale Aramburu, primate della Chiesa argentina oggi e già in quegli anni, a dichiarare a un giornale italiano che i "desaparecidos" non esistevano, che si trattava di persone forse introvabili perché impegnate in viaggi turistici, Hoccoyne dice: "Ma uno solo, anche se cardinale, non è la Chiesa. Fra noi vescovi in parecchi siamo stati molto chiari". Ammette subito, però, che "da parte di alcuni c'è stata ambiguità, sì, diciamo comprensione nei confronti dei responsabili di ciò che stava accadendo. Uno scandalo, è vero ... La Conferenza episcopale ha ricevuto i militari ma mai le Madri di Plaza de Mayo, che pure sollecitarono ripetutamente un incontro. Spesso tra i vescovi si era a parole d'accordo tutti o quasi tutti con il bisogno di denunciare ma poi ci si comportava in modo diverso". Forse la paura fisica? Semplice dissociazione tra la difesa generica, teorica, dei principi cristiani e una solidaa li presidente Menem ~ i suoi collaboratori !foto di Donatello Bragioni/Contrasto). rietà che di fatto si manifestava verso quella "guerra sporca" considerata dopotutto il prezzo da pagare per la restaurazione dei valori cari alla Chiesa? La paura fisica c'era in tutti. "S'era generata la cultura della paura", secondo la psicologa Giberti," e quindi nacquero meccanismi di autoprotezione. Per prima cosa la paura fa tacere, produce silenzio. Diventò normale il far finta di non sapere. Salvo, è chiaro, per i parenti degli scomparsi". E nemmeno per tutti fra questi, quando il sequestro avveniva in località della sterminata provincia argentina dove ci si sente ancora più indifesi di fronte all'arroganza del potere. E gli altri, quelli delle famiglie non colpite, quando appena qualcuno se la sentiva di accennare al rapimento di cui era venuto a conoscenza nelle ultime ore, la battuta comune che bloccava sul nascere qualsiasi eventuale discorso era "algo habra hecho" (qualcosa avrà fatto). Era il modo più facile di evitare rischi, poiché non si poteva mai sapere se qualche orecchio indiscreto stesse ascoltando. "Far finta di non sapere" ... Come si poteva altrimenti vivere tranquilli (?) sapendo che quel vicino o conoscente o compagno di lavoro era stato preso e caricato su una Ford-Falcon anche se non sembrava un "sovversivo" o anzi si sapeva benissimo che non lo era? Questa gente, stragrande maggioranza della società argentina, aveva accolto con un sospiro di sollievo l'ennesima irruzione dei militari al potere: la presidenza della vedova di Per6n aveva portato il caos in tutti i settori, anche dopo che proprio i capi delle Forze amiate avevano costretto a lasciare il paese José L6pez Rega, l'ex caporale di polizia divenuto il potente e terribile "Rasputin" della signora presidente grazie anche ai tanti soldi accumulati dopo aver introdotto la P2 italiana nei più l,lltilivelli del paese, il fondatore degli squadroni della morte arruolati sotto la sigla AAA (Associaci on Anticomunista Argentina). Era ormai diventata vera ansia in quasi tutta la popolazione l'attesa di un governo capace di farla finita con gli anni di piombo che insanguinavano sempre di più il paese, con i trotzkisti dell'Erp, con i peronisti di sinistra Montoneros - che spesso sparavano sul mucchio e talvolta incomprensibilmente ammazzavano anche personaggi per nulla sospettati di çonnivenze con settori "antipopolari" -, i gruppi vari di assassini che agivano con giustificazioni di estrema destra o senz 'àlcuna giustificazione. Finalmente, dopo il golpe, l'ordine sarebbe stato imposto. "Assumemmo il potere perché nel paese c'era una totale assenza di potere", spiega il generale Harguindeguy. "Per quanto riguarda la lotta contro la sovversione, si trattò soltanto di conti-
nuare con le operazioni eh' erano scaturite da decisioni del precedente governo, un governo costituzionale. Ci venne infatti ordinato dalla legge di annientare i sovversivi. Per noi militari, che non siamo filologi né abbiamo il tempo per andare a consultare il vocabolario della Reale Accademia spagnola, la parola "annientare" ha un unico significato: liquidare il nemico. È in questa direzione che abbiamo condotto la guerra. E poi le guerre, come è risaputo, non si fanno con il codice in mano." "Non è vero che quello fosse l'ordine!", reagisce in un'altra intervista l'uomo che firmò il decreto in questione come capo dello Stato ad interim (durante un periodo di vacanza di "Isabelita"), Italo Luder, esponente peronista e illustre avvocato, che ricoprì brevemente la carica in quanto era presidente del Senato. "Il decreto ordinava di 'annientare l'attività dei sovversivi', vale a dire la loro capacità operativa, e non di annientare loro fisicamente." Dietro le contrastanti versioni di oggi, c'è verosimilmente una finzione rappresentata a suo tempo da entrambe le parti; i militari, che allora controllavano ormai ogni mossa del governo, sapevano cosa stavano imponendo ai civili a cui concedevano ancora per poco di occupare la Casa Rosada e questi a loro voi ta erano consapevoli dell'intenzione degli uomini in divisa. Dichiarò una volta la pur sprovveduta Isabelita, evidentemente rivolta ai politici che spingevano i militari verso il colpo di stato: "Se i militari prendessero il potere, i crimini che ci colpiscono oggi diventerebbero una politica sistematica". Adesso dichiara Harguindeguy: "Ogni guerra ha un solo scopo: distruggere il nemico ... Cosa vuol dire 'eccessi'? Semplicemente è molto difficile dosare l'applicazione della forza da parte di uomini che sono addestrati per combattere, per ammazzare e per morire". E il tenente colonnello Rica: "È stata una guerr~ inevitabile, giusta, necessaria". Ecco le parole del generale Bussi: "In guerra la vittoria va generalmente a chi compie il maggior numero di violenze. Una volta scatenata la guerra, beninteso perché i ·politici non sono stati capaci di evitarla, noi militari siamo chiamati a mettere in campo tanta violenza quanta sia necessaria per piegare la volontà di combattere del nemico. In sostanza la guerra è la somma dei morti di un campo e di quello nemico. Chi provoca più morti all'altro ha più possibilità di vincere la guerra". Ma tutti gli atti puramente criminali emersi durante il processo contro gli ex comandanti, generale Harguindeguy? "Per nessuno dei casi affrontati, ripeto per nessuno, ci sono state le prove. E secondo i codici argentini, del resto ispirati dal Diritto romano, si può parlare di assassinio soltanto in presenza del corpo del delitto". Macabro scherzo: gli scomparsi non si possono certo far vedere ai giudici e per quei pochi le cui ossa sono state identificate non è poi così facile riunire in tempi brevi tutti gli elementi d'accusa. Ci si sarebbe potuto arrivare, poco a poco, se i governi seguiti alla dittatura non avessero fermato la macchina della giustizia. "Noi abbiamo affrontato la guerra contro le bande di delinquenti marxisti-leninisti", spiega il generale Bussi senza curarsi delle distinzioni ideologiche tra i "sovversivi", "su due fronti contemporaneamente: quello militare e quello politico, quest'ultimo diretto a sradicare le cause che generarono la sovversione". Bussi intende per "sradicare le cause" ammazzare tutti quelli anche minimamente sospetti, "simpatizzanti e indifferenti", mentre coloro che lui definisce "marxisti-leninisti" sono non soltanto i guerriglieri trotzkisti dell 'Erp schiacciati dalla sua artiglieria ma anche altri raggruppamenti armati a cominciare dai Montoneros. Per questi è d'obbligo una parentesi nel resoconto dell'inchiesta. Cosa si proponeva in effetti il vertice di questa che è stata l'organizzazion~ più numerosa dell'opposizione di sinistra, sia IL CONTESTO durante il governo lsabelita-L6pez Rega che in seguito sotto la dittatura militare? Senz'alcun dubbio le migliaia di giovani che a quest'organizzazione aderirono puntavano alla realizzazione della "patria socialista" proclamata negli slogan; insomma vedevano nel peronismo la via argentlnti verso il socialismo. Ma i capi, quei 3 o 4 del ristretto comando superiore della struttura rigorosamente verticistica? Volevano anch'essi effettivamente quello che dicevano? Lasciano quanto meno perplessi diversi fatti. Vediamo. . 1) Questi capi erano stati tutti militanti della destra ultracattolica prima di fondare l'organizzazione. 2) Diversi personaggi nel caso attendibili sostengono che l'uccisione dell'ex presidente Aramburu, leader del settore "liberale" dell'esercito, a cui era attribuito un patto con l'allora esiliato Per6n per una transizione negoziata verso la democrazia contro la volontà dei militari "nazionalisti" al potere a quel tempo, non è stata opera dei capi Montoneros - come invece il "numero uno" dell'organizzazione, Firmenich, proclamò-ma dei servizi segreti di questi militari che dal successo di quel patto sarebbero stati scalzati. 3) Gli ordini imp~titi dal vertice dei Montoneros per azioni che di volta in volta costarono parecchi morti tra i militanti dell'organizzazione potevano essere addebitati all 'in.izio alla scarsa esperienza, in seguito ad errori di valutazione, poi però non potevano che via via suscitare sospetti; nel 1979, quando il regime di Buenos Aires esercitava ormai un saldo controllo su ogni settore della vita nazionale, i capi Montoneros esiliati in Europa lanciarono l'ordine della "controffensiva" perché a loro dire i militari erano divenuti debolissimi e quindi bisognava che i propri dirigenti ali' estero rientrassero in patria per mettersi alla · testa dell'attacco decisivo: naturalmente tutti quelli che ritornarono furono uccisi appena sbarcati sul suolo argentino. 4) Più o meno in quella stessa epoca, il "comandante supremo" Mario Eduardo Firmenich accettò di trattare e stabilì delle intese non meglio precisate con l'ammiraglio Massera; diversi dirigenti intermedi decisero di lasciare l'organizzazione per protesta. 5) Quando Firmenich fu estradato dal Brasile, una volta caduta la dittatura, sua madre dichiarò davanti ai giornalisti: "La pagheranno quelli che avrebbero potuto impedirlo e non l'hanno fatto". Chi? 6) Da un'inchiesta giudiziaria si seppe che la casa in cui Firmenich convocò durante gli anni di piombo una conferenza stampa per rilasciare nel modo più clamoroso possibile l' imprenditore Jorge Born - per cui era stato pagato un riscatto di 60 milioni di dollari - apparteneva a un agente dei servizi segreti dell'esercito; puro caso, dichiararono gli amici di Firmenich, perché quella casa era data in affitto a chiunque ne fosse interessato. 7) Un'altra scoperta: il nome del "comandante supremo" figura parecchie volte nel registro dei visitatori, nei primi anni Settanta, del ministro-generale Imaz, un militare di quelli "duri". 8) Alcuni capi della disciolta organizzazione armata "di sinistra" lavorano attualmente per Seineldin, il colonnello di estrema destra che fu ufficiale di collegamento tra l'esercito e gli squadroni della morte dell' AAA, ieratico militare che quando ha avuto il comando di truppe salutava i soldati con le parole "Dio, Patria e famiglia!" "Certo che facciamo l'autocritica", risponde alla domanda l'ex "numero due" dei Montoneros, Fernando VacaNarvaja, "ma è tutta la società argentina che dovrebbe farla". Ma perché con tutti quei soldi del riscatto dell'imprenditore, che come si sa fruttarono abbondanti interessi essendo stati versati in banche 9
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