STORIE/MARTINEZ di sé tutta l'attenzione. L'ascoltavano pazientemente malgmdo il pesante fetore che aleggiava. Parlav11con sicurezza ed esercitava sui suoi uditori una sorta di dominio. Con una voce antica disse che era il momento di dire alla moglie del sindaco che aprisse la chiesa per inneggiare alla Madonna e chiederle di intercedere per spaventare la pestilenza. Scese un pesante silenzio e si sentiva solo il rumore sordo dell'atmosfera rarefatta. · · La moglie del sindaco accettò la petizione e fece quiridi mille moine per conquistarsi la simpatia della gente. Quando si rese conto che la sua pennanenza nella chiesa dopo averne aperto la porta aveva solo risvegliato antipatie e mormorii, addusse che la pestilenza le aveva sciolto l'intestino e se ne andò. Immediatamente la donna iniziò i preparativi per il canto. 88 Gregorio Martinez è nato a Coyungo nel 1942, un piccolo villaggio della costa peruviana prossimo alla città di Nazca, a circa400 chilometri a sud di Lima. Figlio di padre indio e madre negra è ciò che in Perù si definisce un "zambo". È considerato uno dei più importanti romanzieri peruviani contemporanei. Ha pubblicato: Tierra de caléndula, Lima 1975; Canio de sirena, Lima 1976; La gloria del Piturrfn y otros embrujos de amor, Lima 1985. Da ragazzino si recò a Lima per unirsi al destino comune dei giovani provinciali che giungono nella capitale per dedicarsi agli studi e, per sopravvivere, contemporaneamente lavorano sovente in una delle mille e sempre uguali occupazioni informali che la città "offre". Si laureò in letteratura nella più antica e, forse, più discussa e sofferta università d'America:.l'Università Statale Maggiore di San Marcos. Con il romanzo Canto de sirena vinse nel 1976 il premio José Marfa Arguedas. Egli stesso si definisce un testardo ma, sostiene, proprio grazie alfa sua testardaggine ha potuto dedicarsi, come dimostra in modo proficuo, alla letteratura. A sette anni Javorav~ già nei campi di cotone e, per evadere da una realtà eccessivamente dura, si trasformò in un piccolo e fecondo sognatore. Fu quella realtà a far sorgere in Gregorio Martfaez il bisogno· e l'ansia di sognare a occhi aperti: "Da sognatore a scrittore c'è un passo," dice, un passo tuttavia quasi impossibile da compiere quando si proviene da un settore sociale così estremamente povero. In tali circostanze può unicamente soccorrere un 'irriducibile testardaggine. Le sue opere costituiscono una narrativa vincolata al vasto settore popolare degli emarginati e rappresentano, per la forma linguistico-letteraria e per l'ambiente che descrivono, "un 'espressione popolare" e una "proposta letteraria più democratica", secondo J'autodefinizione dello stesso autore. Con Gregorio Martfnez ci troviamo immersi nell'assolata costa centrale peruviana. Una zona l)!ida e apparentemente infeconda, una geografia fatta di sabbia e sole nel cui territorio, tra il 100 e 1'800 d.C., si sviluppò un'alta cultura preincaica. Gli antichi abitanti di quelle regioni, per combattere la siccità, realizzarono opere di alta tecnologia idraulica. Quali agricoltori in mezzo a terre desertiche, dovettero acquisire conoscenze astronomiche per essere in grado di prevenire gli effetti dei mutamenti climatici sulle coltivazioni. È probabile che le famose linee di Nazca, visibili soprattutto dall' alto, costituissero una sorta di calendario astronomico con finalità pratiche nella vita di quegli antichi contadini. Ma dovevano trascorrere ancora molti secoli prima che, forzosamente, giungessero in quelle terre i progenitori materni di Gregorio Mart{nez. Iniziò quindi per la popolazione afro-peruviana un lungo periodo fatto di schiavitù e sofferenze al quale, nel 1854, pose termine, sulla carta poiché nella pratica gli abusi e i pregiudizi non sono propensi a morire facilmente, un decreto del presidente Ramon Castilla. Quelle popolazioni africane, peraltro molto diverse tra loro dal punto di vista etnico, sicuramente portarono con sé un enorme e sconosciuto patrimonio culturale. Le loro conoscenze scientifiche, filosofiche e magico-religiose si andarono ricreando e rielaborando nella nuova terra; sicuramente vi fu un processo osmotico con I' amCasimiro Reyes senù il coro ed esitò. Posò la pietra smeriglio sul muro della cucina e cercò di sgombrare la mente. Gli sarebbe piaciuto camminare fino alla chiesa, contemplare il volto della Madonna, sentire più da vicino le vibrazioni delcanto. Si rese conto che onnai era tardi. Ogni notte era andato a pregare inginocchiato sul retro della chiesa. Un lamento soffocato, agonizzante, che arrivò dalla stanza attigua, lo distolse dai suoi pensieri. Raccolse la pietra smeriglio e prese ad affilare un coltello senza manico. Lavorava concentrato, lontano da tutto, con tesa dedizione come se stesse castrando un toro. Dal mento gli colava un sudore appiccicoso e sudicio, ma continuava a lavorare sulla pietra smeriglio, sfregando il coltello con precisione e rigore e respirando faticosamente al ritmo del suo sforzo. La lama era sempre più brillante. Adesso era nuovamente disteso sul letto, fumava e lei entrò come bicntc umano e geografico del Perù costiero, ma è altresì legittimo supporre che gran parte della ricchezza culturale di quella coartata immigrazione negra fu soffocata dalle violente condizioni sociali a essa imposte che ne annullarono irrimediabilmente la memoria storica. Così profonde, nella coscienza e nel tempo, appaiono le radici dcli' ingiustizia e della sofferenza per il popolo africano che la citazione dell'epilogo di Canto de sirena può essere interpretata come una sorta di significativo ammonimento: "Nessuno sa quanto abbiamo sofferto". Nel breve testo anonimo con cui si apre Tierra de caléndula le dimensioni dell'ingiustizia subita sono tali che neppure Dio sa spiegarne il perché. Al corvo interrogante può essere assegnato un duplice registro simbolico relativo ali' elemento umano negro. li primo fa riferimento ali 'irtfima posizione che a esso viene riservata nella scala sociale; l'altro affonda le radici nel XV U secolo, epoca nella quale gli spagnoli cercarono di utilizzare la mano d'opera degli schiavi negri nelle miniere d'argento delle regioni altipianiche, ottenendo, però, risultati negativi dal punto di vista del "rendimento" a causa del pessimo trattamento loro riservato. Probabilmente come conseguenza di tale stato di cose sorse il detto "Corvo non canta in altipiano", da cui derivò il fenomeno di designare con il termine spregiativo "corvo" (gallinazo ·è la parola utilizzata in castigliano) una persona di pelle nera. Con il libro La gloria del Piturdn y otros embrujos de amor (La gloria dell'uccellino multicolore e altri sortilegi amorosi), Gregorio Martfnez ci consente di penetrare nel sincretico mondo, del quale ha diretta conoscenza, degli abitanti delle assolate terre di Nazca. Anche riel racconto Acqua di calendola viene stabilita una saldatura tra clementi pòpolari e sociali; in esso il ritmo narrativo cresce sino a rivelare al lettore una sconcertante origine del fetore che investe il villaggio: ciò che la morale comune considererebbe il frutto di una colpevole sessualtà. L'intervento del veterinario Casimiro Reyes mostra, invece, un atteggiamento inverso al codice morale comune e agisce in base a un impulso di compassione-comprensione. Casimiro Reyes appare un po' come l'anima "classista" del piccolo villaggio. Quando tutti i paesani, in preda al panico, credono di ravvisare biblici messaggi del sopraggiungere della peste, li richiama alla realtà ricordando loro che l'unica "peste" di cui bisogna aver timore sono la carestia e la fame, evidentemente non aliene alla sua esperienza di andino emigrato fanciullo alla costa. L'autore ci fornisce poi un altro dato del panorama sociale di quel mondo: gli operai estrattori di guano che, abituati, per ovvie ragioni, agli odori poco gradevoli, consumano senza problemi il loro pranzo anche al culmine del fetore che incombe sul paese. 1Questi elementi "sociali" della narrazione di Gregorio Martfnez, unitamente all'"espressività poptilare", rendono le sue opere, come già detto, "una proposta letteraria più democratica"; non costituiscono però trascrizioni cronachistiche o sociologiche di un ambiente, bensì una narrativa in cui, con rispetto e amore, sono raccontate le vicende e le sorti riservate agli abitanti di quelle terre aride e ventose. (NataliaGiannoni)
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