STORIE/MAcANNAIDH · L'uomo senza una gamba guarda alcuni uomini gesticolare nello specchio e si mette a canticchiare una specie di litania monocorde in cui sono racchiusi tutto il suo amore e tutta la sua inquietudine per i fondi marini. Le onde si sono zittite sotto l'ira del sole e vanamente io attendo gli irmi orgiastici · èanterò per esaudire l'implorazione dei granchi i cantici afasici dei funerali stellari? limerò ancora · su questo specchio di sabbia il mio corpo scampato ai peripli-suicidioe crivellerò il cielo con i dardi fulminanti che mi strappa la-rabbia di zoppicare ancora sul mio scheletro bacato . nel mio cranio scavato va perpetuo il puzzo delle meduse. Lo specchio, ora globuloso, trabocca di un formicolio di occhi e di appendici filiformi e articolate.L'altro-vecchio tenta dei gesy che sembrano venire da molto lontano e che all'uomo senza una g~ba sembrano anormalmente lenti e maldestri, gesti incerti come quelli dei neonati che provano a ca_mminare. D'altronde tutto il bar gli sembra ormai un immenso macchinario isolato dal mondo, dove le braccia si alzano, si abbassano, si clistenclono,si protendono, si inarcano, si avvolgono come inquietanti tent:1coli. Volti-pergamene !;pente e tannate spaccate da bocche sorprendentemente aniolari - appaiono nello specchio. L'uomo senza una gamba all'improvviso sente nascere un .miracolo nel suo corpo. Un'ondata. E il mare si~ portato nella sua scatola cranica. Le difese crollano e le onde riversano. la loro schiuma nei suoi polmoni. Embolia, pensa. Prova per un attimo a reprimere il movimento irresistibile dell'ondata che lo trascina verso gli'astri. Si sforza persino di agglutinarsi come un geco ai velieri di fumo che salpano l'ancora verso il ciclo. Ma il viticcio nato dal suo corpo alla commessura dove i I moncone ciella gamba si appoggia su unpezzo di legno loproiett.i inesorabilmente verso la volta cangiante. Guarda gli astri che brillano intensamente e dice al suo compagno "Ti ricordi in inverno gli assalti astiosi del mare che con rabbia rotolava le rocce tra le sue mascelle? - Mi piacciono soprattutto i mazzi interminabili dei gabbiani attorno alle barche che si avvicinano al porto scalcinato. 11 vento Tahar Djaout (Algeria 1954) è giornalista e romanziere, autore de Le chercheur d'or (Seui! 1984), L'invention dn désert (Seuil 1987). Di lui abbiamo pubblicato il racconto Lo sbarco nel n. 38/1989 di "Linea'cl'ombra". oB e li sospinge come foglie morte strappate dalla faccia lanuginosa del ciclo. · - Tempo benedetto. Ero- ti ricordi- il migliore nuotatore di tutto il gruppo. Nessun pescatore poteva seguire sottacqua il sentiero delle canesche quanto me. · - Sono sempre stato primo in tutti gli sport acquatici. - Mai quanto me, vecchio mio. - Mi stupirebbe assai. I tuoi ricordi devono essere confusi. - Come confusi? Vuoi provare? · - L'acqua non deve essere molto calda. Ma non è questo comunque che mi fermerebbe." · Adesso sono davanti alla taverna, guardando l'orizzonte e i flutti agitali che battono con frenesia i terrapieni, sbattendo e poi rimbalzando iT\colonne di schiuma, prima di ritirarsi per preparare un nuovo assalto, Vanno. E la strada scende, cintura polverosa conficcata tra i denti serrati delle onde che come cavalcature imbrigliate si inarcano contro la facciata del parapetto. ODIO Seamas MacAnnaidh traduzione di Bianca Saglietto e Maria Nadotti Aveva delle galline, un migliaio e mezzo, magri pennuti bianchi quaggiù al mondo per ingollare da un capo cereali sminuzzati e far uscire clall'altro bianche uova senza vita. Vivevano in strette celiette chiusè, accovacciate mezze nude nel buio, ton la nausea del la propria esistenza. Due volte al giorno faceva loro una visita, prendeva le uova e controllava che avessero granaglie secche a sufficienza. Facevano un baccano incredibile non appena lo udivano Ìnollare il catenaccio di fuori, e quando accendeva la luce elettrica tulla quella massa di posauova scoppiava in strilli e strepiti. Erano come bambini. Un volatile non poteva emettere un solo ansito senza che un altro migliaio e mezzo si strozzasse a forza di chiocciare. E agitati a quel modo ci sarebbero voluti secoli prima che si chetassero di nuovo. Forse gli restav.a qualche memoria ancestrnlc clcljavoi pc, attraverso le galline selvatiche delle passate generazioni da cui cliscenclevano. Era un uomo che si era sempre nutrito bene e lo rivelavano le guance rosse e paffute di uno a cui piace rimpinzarsi. Mercoledì mattina, nel cuore dell'inverno, con la brina che scintillava sul mucchio di letame fuori sulla strada e lo stomaco affamato dopo la notte a digiuno, fu sorpreso di sentire le galline lamentarsi incessantemente da dentro, prima ancora che avesse tolto il catenaccio. Forse una gatta era entrata nottetempo e ora stava passeggiando elegantemente tra le gabbie, altezzosa e possente, spargendo ten-oreal suo a,i-ivoo mangiandosi le uova adagiate innocentemente nei loro cartoni. Si ricordò di una volta che un volatile era scappato clalhi sua celletta svolazzando nel buio e assaporando
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