Linea d'ombra - anno VIII - n. 55 - dicembre 1990

STORIE/NADIR • Il sesto, sat; era una trottola che gira su se stessa fino all'estre- ' ma vertigine. prodigato. Le era indispensabile ricorrere a questo stratagemma, perché le lezioni erano strettamente riservate ai bambini, alle per one di sesso maschile. E il maestro non avrebbe derogato allà tradizione neanche per la sua stessa figlia. Mentre le bambine dell'ashram accompagnavano le madri a prender l'acqua e le aiutavano a preparare i pasti quotidiani per conquistarsi così il diritto di sparpagliarsi per i campi circostanti e dedicarsi a quei giochi che ella considerava insulsi, Gopa correva a nascondersi nel suo angolino e aspettava, con il cuore che le batteva forte forte l'inizio delle lezioni. · Imparò presto a contare, e passò il tempo a tracciare sulla . sabbia i nove numeri. Per ciascuno, inventava una raffigurazione e una personalità proprie, una vita particolare. Il primo numero, eka, le sembrava come il primo anello di una catena, saldamente attaccato a una gigantesca colonna, asse primordiale del mondo: il cielo che si spegneva e si accendeva di nuovo, le foreste e le maree, la terra e la successione delle fatiche e dei giorni, gli animali e le piante, i vivi e i morti- la catena infinita che fa sì che il mondo continui. Il ~econdo numero, dvi, le sembrava una corda. Non la stupida corda che sèrve alle bambine per saltare e giocare, ma una corda di seta, soffice e solida, che serve a legare e a sciogliere: la madre e il padre, la vacca e il toro, il sole e la luna, il fiore e il polline. Il terzo numero, tri, conseguiva al precedente: il neonato in fasce, l'agnello sulle zampe, la falce di luna, il germoglio sul ramo. Il quarto, catur, rappresentava ai suoi occhi una nicchia, una capanna nel bosco, un porto: un~ casa che protegge dal monsone, il tetto del ciclo che trattiene la caduta degli astri. Il quinto, panca, era una mano, la mano della madre che le . carezzava i capelli; e un soffio, il soffio della brezza che fa ondeggiare il grano nei campi. 70 Il settimo, sapta, era invece una statua, immobile in un maestoso atteggiamento. Metamorfosi ·in cifra della figura del Buddha, ella vi vedeva la materia pura della perla, la trasparenza dei veli, lo splendore della rosa. L'ottavo, asta, era come lo sdoppiarsi delle cose, una fila di specchi che riproduce all'infinito l'eco dei volti. L'ultimo infine, nava, era come l'altro capo della catena, l'ultimo anello. Ma a quale asse, a quale colonna si poteva ancorarlo? Non riusciva a vederlo, non poteva neanche indovi- · narlo o immaginarlo ... Il padre era inquieto. Gautama gli dava molte preoccupazioni. La scienza cui egli aveva dedicato la vita non sembrava affatto interessare suo figlio: Gli esercizi che il maestro gli assegnava per casa Gautama li faceva in modo impeccabile. In classe però la sua attenzione era scarsa e le risposte buttate lì a caso, molto spesso sbagliate. Il padre non riusciva a spiegarsi la ragione di questa differenza. Accadde poi l'incidente del pallottoliere rubato. Per incoraggiare il figlio a interessarsi un po' di più alla scienza dei numeri; il padre aveva sacrificato denaro utile acquistando, da un mercante che tornava dal Paese della Seta, un magni.fico pallottoliere le cui parti erano di ebano, schegge di giada, topazio, lapislazzuli. Costava una piccola fortuna, ma al maestro sembrò così bello che non esitò. E il bambino accolse il regalo con gioia ma se ne stancò molto presto, a vantaggio di un rozzo bastone rivestito grossolanamente di stracci che gli serviva da cavalcatura quando si lanciava con i coetanei nella simulazione di eroiche battaglie prive di reale pericolo. Un giorno, ai piedi del letto del bambino non si trovò più il pallottoliere. Qualcuno l'aveva rubato. Ogni ricerca fu v,anae il padre dovette accettare, con la morte nell'anima, la perdita di un dono che era stato più caro ed era ora più rimpianto per chi l'aveva fatto che non per chi l'aveva riceyuto. Un altro giorno la moglie si lamentò con lui, molto arrabbiata, della figlia disobbediente, che non voleva imparare ciò che ogni bambina deve pur conoscere per prepararsi alla futura vita di donna di casa. Egli rimproverò la bambina per principio più che per convinzione, e la spedì dalla zia per due o tre giorni, onde far tornare in casa la pace. . Il primo e il secondo giorno, i compiti serali di Gautama si rivelarono disastrosi. E nell'animo del maestro un dubbio cominciò a farsi strada. La terLa sera finse di dormire e non staccò gli occhi da Gopa. La vide alzarsi, accostarsi al letto del fratello, estrarre la tavoletta d'argilla sulla quale erano segnati i compiti da consegnare il mattino dopo, e con una velocità che lo lasciò stupefatto, la vide procedere le varie operazioni senza un'ombra di esitazione. Rimise poi la tavoletta al suo posto e raggiunse il letto in silenzio. Il padre !;osservò a lungo, nel buio, prima di assopirsi a sua volta. La mattina dopo individuò il cantuccio in cui Gopa si nascondeva e, a lezione finita, finse di allontanarsi dall'aula. Si nascose in un angolo in modo da poter sorvegliare fa porta e l'unica finestrà dcli' aula. E non dovette aspettare molto, prima di vedere la· figlia uscire furtiva dall'aula e dirigersi verso casa. Decise di non dire niente, per il momento, prima di aver ben riflettuto a quanto accadeva. Ci fu un grande chiasso. I bambini strillavano eccitati, correndo da una parte all'altra. Due di loro portavano il pallottoliere scomparso, trovato in una capanna abbandonata in mezzo ai campi e due altri bambini portavano un mucchio di tavolette di

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