Linea d'ombra - anno VIII - n. 55 - dicembre 1990

PICCOLA GIOSTRA DI RACCONTI. CONTEMPORANEI IL PRODIGIO . Vincenzo Consolo ....;. .. - . . ... --•· ; ...... .. -· , ; . ~. .,,. \\ : ' ' . .{):r ~·: "! -~-A.,. •:~- ...,,_ ."·./'i. ' f' . I disegni che illustrano questo sezione sono di Fobion G. Ncgrin. · Immaginiamo ora un teatro, minuscolo, a conchiglia, di quelli di un tempo che il tempo ha tarlato ncllè poltrone di velluto, nelle cortine di damasco, nelle ovatte, nei crini, nel piede cavo d'una obliqua consolle, il teatro d'una corte da o~retta o del palazzo · d'un signore di favola, il principe di Villa Aurata e il duca di Piripipò; immaginiamo il palco ove sfrigolano gli ovi bianchi dietro le ventole_di seta o pergamena: da un fondale in penombra con fuga infinita di archi di glicini, bersò di rose, di gelsomini, avanza al proscenio l'attore, magro, bislungo, cerco nelle mani, nel viso, in frac, naturellement, e in marezzato mantello, doublcface (ondeggia, palpita a ogni passo, gesto, sotto la luce di opale): le dame si fanno vigili, attente, sfoderano occhialini, binocoli di madreperla. Ecco che da qualche piega del manto, da sotto lo sparato o revers, scivola improvviso, fiorisce fra le dita dcli' uomo il disco del gibus: un tocco secco di nocche sull'orlo e subito scattano le molle, si forma il cilindro: lo mostra ali' esterno nel lucido raso, all 'intemo, nel pozzo rosso, vacuo; ora a braccio teso, oltre il proscenio, verso la platea, lo saggia, lo batte con la breve bacchetta di ambra. L'uomo si muove leggero negli scarpini di coppale, ondeggia, danza; si arresta nel centro, ov'è un treppiede vestito d'un nero scialle veneziano a lunghissime frange che toccano il legno del palco, poggia il cilindro sul tondo. Si toglie ora il mantello, lo fa volteggiare nell'aria co~e il torero la cappa vermiglia, lo stringe nel palmo, lo depone spento sopra una seggiola. S'appressa di nuovo al proscenio, si appoggia su un'anca, la mano sul fi.anco(il frac lo stringe, lo allunga come un'ombra al tramonto). Da assorto che era poc'anzi, ac;tratto, diviene presente, si fa ardito, sfidante: fissa negli occhi una per una le dame (non risparmia neanche le nonne, le zie, le zitelle di legno), impercettibilmente sorride, sfiora col pollice e l'indice a lieve carezza le nerissime punte dei baffi sottili. Brividi scorrono per la schiena, anche di fanciulle ancora assonnaté, ignare di tutto. Si gira di scatto, ritorna al cilindro. Studiati gesti, lente movenze: fa cadere dall'alto nel cavo della tuba o cilindro la preziosa bacchetta, copre l'ordegno con un foulard di fiamma sfilato d'incanto da un qualche taschino. Quindi, tra i fiati sospesi, tra i raschi e i fischi di nasi crollati, di gole adipose, ai colpi a cadenza d'un timpano dietro le quinte, s'accende nel palmo dell'uomo l'argento d'un fcmmi- -neo revolver. Il timpano rulla frenetico. L'uomo, col sorriso d'enimma fisso sul labbro, distende ora l'esile braccio, mira: il lampo, il botto; che rimbomba per tutto il teatro, si sperde per la · platea, i palchetti, la loggia. Svelto, fa sparire l'arma, il foulard, alza in alto con le due mani, come un pregiato cratere, il nero , cilindro, lo inclina verso il pubblico.estatico: dalla bocca sgorga un bianco zampillo di perle, -saltella sul palco, scorre in platea. Cortese, l'attore, tra il pubblico, invita signore, signori a ridare ciascuno la perla racco) ta, deporla come un'offerta nella conca delle sue palme diafane: adesso avviene il prodigio.L Risale sul palco, rimette le perle dentro il cilindro. Reclama il silenzio, il buio. Incendia le perle con l'esca d'una eandela: dalle ceneri si sprigiona ora un raggio obliquo d'argento, un raggio di· luna, su fino al cielo dipinto del palco. Gli applausi sono infiniti. - Al riaccendersi dcllc·luci, sparisce quel raggio, riappaiono intatti il cilindro, l'asticella di ambra. Un sorriso beffardo increspa appena le labbra dell'uomo, che elegante s'inchina, s'inchina, indietreggia verso il fondale, dispare dietro il sipario. In platea, nel fondo, la fanciulla sospira. "Fabrizio," sussurra al compµgno "ti amavo, ti amo. Stiamo insieme. Ho lasciato Virginia. Tu lascia, ti . prego, Francesco". ·LA CIFRA Chams Nadir traduzione di Saverio Esposito Diventare "un'iniziata nella scienza dei numeri" sembrava per Gopa un destino ineluttabile, anche se per molto tempo si trallò di una vocazione contrastata. Dovendo trovarmi un angolino nclla'stanzetta riservata, tra le costruzioni dell'ashrarn, sull'insegnamento della scienza dei numeri e dell'astrologia, ella aveva considerato d'istinto i vettori, le rette, le linee tronche e le curve del volume generale, calcolato gli angoli di vista a partire dalle posizioni opposte del maestro e del suo auditorio e definito, con · rigore implacabile, il luogo in cui avrebbe potuto stare al riparo da ogni sguardo, pur non perdendo una parola dell'insegnamento 69

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