CONFRONTI Lo scrittore e la critica Incontro con Julien Gracq a cura di A. Coelho, F. Lhomeau, J.-L. Poitevin traduzione di Lanfranco Binni Le interviste non sono mai piaciute troppo a Julien Gracq. Non solo per un atteggiamento dicautadiffidenza verso chi, forse inevitabilmente, tende aripetere da decenni le stesse domande genericamente"totali" (sul reale e l'immaginario, il surrealismo, la scrittura, il tempo, l' attesa ...) a un autore che nel corso di quarant'anni ha scritto opere molto diverse tra loro, e neppure per un rifiuto morale (peraltro praticato con efficacia da Gracq innumeroseoccasioni)neiconfronti di certe usanze dcli' ambiente letterario; per Gracq un'intervista è sempre impura perché lo scriLLore, fuori dal suo personalissimo laboratorio, non può comtmicarc al lellore, occasionale o di. professione, le proprie esperienze frammentarie e contraddittorie. Questa recente intervista, in appendice al volume Julien Gracq écrivain di A. Coelho, F. Lhomeau e J.-L. Poitevin, pubblicato a Parigi nel 1988 da "Le temps singulier", ha il merito di rendere evidenti le ragioni della reticenza di Gracq, il suo onesto imbarazzodi fronte ai tentativid'interpretazioneglobale della sua attivitàletteraria. Unannodopo lapubblicazionediquello studio,che tenta di collocare Gracqnel solito "panorama"della letteraturafrancese contemporanea, in Franciaè uscito il primo volume delle sue Oeuvres complètes nella prestigiosacollanaaccademicadellaPléiade. Nell'introduzione il curatore, BemhildBoie, affrontacon lodevolecautela iproblemi della collocazione storico-critica di Gracq; evita cioè di ricorrere alle classificazioni generiche,insostenibili nel caso di unautoreche ha sempre tenacemente rivendicatou. napropria"libertàsenza limiti"perché "in arte non ci sono regole, ma solo esempi". Le regole, gli schemi classificato6, reggono difficilmente inpresenzadiunautoreche consapevolmente,conoscendo le regoledel gioco, difende lapropriaidentità.Maforsela comunicazione trascrittoree lettore,suun terrenoche non sia quello scelto dallo serillore nelle sue opere, è quasi sempre impossibile. (L. B.) Julien Cracq, che impressione lefa uno studio su di lei? E, in generale, come considera una lettura critica? A uno scriLtore contemporaneo accade-a differenza, credo, di quanto accadeva qualche tempo fa - che mentre sta ancora scrivendo gli vengono dedicati numerosi lavori universitari. Si sviluppa una multiforme attività critic,i senza che lui possa farci niente. Ricevo queste tesine, tesi di laurea, tesi di perfezionamento. È una situazione nuova che costringe a confrontarsi con chi vi sta scrutando dal punto di vista della classificazione e della sche<1atura.Ma il senso clistupore per l'immagine che si ha di voi . si consuma assai in fretta, a causa di questa valanga critica che spesso ripercorre le stesse strade. Ciò che più sorprende (cd è quello che ho provato ancora una volta leggendo il vostro studio) è sempre quell'impressione di forte coesione che il lettore sembra ricavare dai libri di un autore, mentre l'autore non avverte quell'impressione cli unità. Ha piuttosto l'impressione della diversità. Quei libri che vengono letti o rilcui in pochi giorni o in qualche settimana, in realtà sono dispersi lungo un itinerario iniziato mezzo secolo fa. Io non ho affatto il punto di vista critico ciel lettore, che vede tutti quei libri in un colpo d'occhio della durata cliqualche settimana o qualche mese. Ho più l'impressione di un'evoluzione che non quella di una rassomiglianza. Ho assai più l'impressione della diversità. È abbastanza normale. Mi sono dovuto abituare a quello sguardo sintetico con cui sembra possibile guardare i miei libri; ho dovuto accettarlo, dunque oggi mi stupisce assai meno. Ma ali' inizio mi stupiva. Quell'accordo che si trova tra i rrì'icilibri, in una sorta di eco, è per mc meno cviclcnte, 40 perché a ogni libro che inizia lo scrittore ha la sensazione di ricominciare da capo. Altrimenti non scriverebbe. Julien Gracq critico, che inizia con lo studio su André Breton ... qual era per lei, difronte a un altro autore. la sua pos(zione "critica"? E un libro che scrissi con entusiasmo. Da molto tempo pensavo di scrivere su Breton. Iniziato il libro, in due mesi era finito. Senza difficoltà. Avevo l'impressione di aver molto da dire. Quel libro lo scrissi con passione, riconoscenza e ammirazione. E questa è, da ogni punto di vista, una buona condizione di spirito per la critica. Ma non si tratta di un esame complessivo dell'opera di Brcton. Il progetto era assai più limitato; e del resto il titolo era André Breton. Quelques aspects del' écrivain. Era lo scrittore il mio soggello, e nel caso di Breton si trattava di un aspetto molto incompleto del la sua opera dal momento che era soprattutto la vita a interessarlo. Più che la letteratura, voleva cambiare la vita. Il mio era dunque un punto di vista molto parziale e personale, e ne risultò un libro decisamente soggettivo. C'era, mi sembra, una sorta di compenetrazione, di simpatia mimetica. Sì, è un libro di simpatia. Mi sentivo molto vicino, e tuttora mi sento molto vicino a Breton, su molte questioni. In ogni caso ... si evolve, si cambia. Non sono più quello che ero quando scrissi quel I ibro, mi scm bra nel 1946.E il surrealismo conservava ancora una forte presenza nel proprio tempo; non era èonsiderato - come oggi - un episodio interno a una storia caratterizzata dalla continuità. · Mal' altro, colui sul quale si scrive, che allora fosse Breton o lei oggi, come vi vequesta situazione? Il messaggio viene recepito? Certamente, e sempre con interesse. Ma in un modo che nel corso degli anni tende a essere più oggettivo. Trent'anni fa non avrei letto uno studio su di me nel modo in cui lo leggo oggi. Col p,L~sarcdegli anni si tende a mettere in rapporto ciò che si dice di voi e quanto è già stato detto, di analogo o diverso; si arriva a seguire il dibattilo in una posizione di spettatore; ci si sente meno clircttamcntc coinvolti. Ma a parte ilfatto che sia utile o no, e la questione non è senza importanza, anche se il suo atteggiamento è sostanzialmente incredulo ...
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