CONFRONTI MEMORIA Il rigore di GianniAmico Paolo Mereghetti Il tumore che ha ucciso Gianni Amico venerdì due novembre ha riportato su di lui, nella maniera più tragica possibile, quell'attenzione che non sempre gli era stata offerta. E che invece la sua vita, prima ancora che la.sua carriera, gli avrebbero dovuto far meritare. Perché questo ,Jigure (era nato a Loano nel 1933) trapiantato a Roma e innamorato del Brasile ha rappresentato _nelpanorama italiano una di quelle rare figure di pudico e coerente moralista del cinema di cui non rimpiangeremo mai abbastanza la scomparsa. L'insegnamento di Rossellini, l'amore per il jazz e la curiosità verso quanto la televisione poteva offrire al cinema sono stati i punti fissi di una carriera non ricclùssima ma certamente molto stimolante, i fili rossi che hanno innervato tutta una vita. La lezione di Rossellini, per primo, intesa come respons~ilità morale del cineasta davanti alla materia trattata e allo spettatore, ma anche come rifiuto della mediocrità, del patteggiamento, delle srorciato1e che non sapèssero rispettare la forza, la ricchezza e la purezza delle immagini. "Non si può vivere senza Rossellini" diceva, in una autobiografica partecipazione da attore, in Prima della rivoluzione, e quella battuta non l'ha mai dimenticata. Forse ne è stato anche schiacciato, perché Tropici era un film troppo ricco e troppo sincero per essere apprezzato da un-pubblico che noo fosse al suo stesso livello di cultura cinematografica, ma questa scommessa impari non è mai stata usata da Gianni Amico per giustificare una qualche concessione o un qualche compromesso. C'era una strana generosità nel suo modo di vivere la funzione e il ruolo del cineasta: strana nel senso di inusitata, pochissimo comune, che l'ha spinto a lavorare per altri registi, a tutti (ma soprattutto a Bertolucci e a Rocha) offrendo intelligenza ed entusiasmo nel battere le strade più alte del cinema, quelle più originali e più risclùose. Magari destinate al fallimento (Partner continua a sembrarmi un film troppo ripiegato su se stesso, troppo narcisistico, quantoDer leone flave Sept Cabezasè troppo ideologizzato, troppo programmaticamente "a tesi") ma sempre ricche di originalità e di spunti interessanti, soprattutto nel dramma tra essere e voler fare, tra "impotenza reale e·fantasia della disponibili tà artistica" che rimangono comunque tra i temi forti del cinema post nouvelle vague. Un coraggio e una generosità che, in proprio, l'hanno portato a tentare strade nuove come i documentari sulla Compagnia unica dei portuali genovesi o sui compagni di prigionia di yramsci, dové· l'occasione narrativa lasciava subito il posto a un cinema di idee, di riflessioni sul ruolo del cinema (la ricostruzione storica mescolata con l'attualità cronachistica in lo specchio rovesciato) oppure sulle funzioni della politica e dell'impegno (la testimonianza di chi è stato in carcere con Gramsci e le dichiarazioni di chi studia Gramsci come strumento di lotta politica in Gramsci, io l'ho co,wsciuto), entrambi prodotti da Raitrc e diventati occasione per sperimentare un cinema e una ·televisione capaci di confrontarsi con il sociale senza cadere nella sciatteria e nella semplificazione di tanto gionuùismo. d'assalto. E soprallutto cercando con bella coerenza anche una funzione pedagogica (cosa si può fare con la televisione, quali strade si possono percorrere, come si usa un mezzo "popolare") che molti cineasti, giovani e non, farebbero bene a rispensarc. In Gianni Amico questo rigore morale, che a momenti sembrava rabbia e rivolta (contro la sciaueria del cinema italiano, i suoi compromessi; la sua mancanza di orizzonti) impediva ogni cinismo, ed era sempre vivificato da un grande amore per le sue storie, per i suoi personaggi, per gli ideali e le idee che professava e da cui si faceva coinvolgere in prima persona. Proprio quell'amore coinvolgente che gli aveva insegnato il jazz e a cui aveva dedicato alcuni bellissimi documentari. Nel 1968 aveva diclùarato in un'intervista: "Il jazz piace a pochi perché la gente pensa di poterlo a~coltare. È assurdo, il jau. bisogna viverlo. Quando sei in un club e il grup1x1suona, tu sci un altro musicista, non un ascoltatore. E i musicisti di jazz giust:unentc disprezzano chi ascolta, perché chi ascolta resta fuori, è come se non ci fosse". E Amico questo rischio non l'aveva mai corso. Forse perché la carriera non era stata particolarmente generosa con lui, aveva sempre lavorato ai suoi film con la stessa passione ~ impegno, si trattasse di cinema o televisione. Lo si vede nei suoi risultati migliori, le cinque stagioni (veramente bellissimo) e le affinità eletlive, come anche in quelli meno riusciti come lo con le non ci sto più, progetto troppo pensato (l'idea aveva almeno 7o 8 anni)pernon soffrire di questa lunga premasticazioncma che _comunquesapeva mantenere "i toni di una lezione di stile che recupera alla dignità del cinema anche l'irrecuperabile di certe commedie italiane costruite sui triangoli sentimentali". Perché in fondo non c'erano tipi di cinema diversi Ira loro per Gianni Amico, film d'occasione o di commissione: per lui il problema era se continuare a fare cinema o piantarla. E mi è sempre piaciuto pensare che la sua parziale inattivit11durante gli anni Ottanta, le difficoltà che aveva incontrato per girare una biografia sul chitarrista jazz Django Rcinhardt fossero dovute a questa indisponibilità al compromesso, a una idea di cinema che il decennio appena trascorso non poteva accettare. Anche questo rifiuto del girare a tutti i costi mi sembra una delle lezioni danon dimenticarceliGianni Amico. Marsilio Letteratura universale Omero ILIADE a cura di Maria Grazia Ciani commento di Elisa Avezzù pp. Il 52, rilegato, L. 60.000 ~ Giampaolo Rugarli L'ORRORE CHE Ml HAI DATO Folle,osceno,sanguinan·o: il mostro che è in noi pp. 184, L. 24.000 Enzo Mandruzzato QUINTO NON AMMAZZARE Un movente che la Leggneon contempla. Un criminaleinquietante. Una soluzione che non si prevede pp. 352, L. 28.000 ~ Stefan Kunze IL TEATRO DI MOZART Dalla Fintasempliceal Flautomagico pp. 678, con 44 ili. b/n, rilegato, L. 60.000 Adriano Chicco - Antonio Rosino STORIA DEGLI SCACCHI IN ITALIA Dalle ongini ai giorninostri pp. xvi - 640 con 130 ili. b/n, rilegato, L. 58.000 STORIA DELL'AGRICOLTURA ITALIANA IN ETÀ CONTEMPORANEA Il. UOMINI E CLASSI a cura di Piero Bevilacqua pp. 1132, con 27 ili. a col. e 96 b/ n, rilegato, L. 110.000 STORIA DI TREVISO I. LE ORIGINI a cura di Ernesto Brunetta pp. 374, con 21 ili. a col. e b./n. rilegato, L. 68.000 ~ STORIA DELLA CHIMICA Dalla ceramicadel Neolitico all'etàdellaplastica a cura di Antonio Di Meo pp. 336, con 214 ili. a col. e 24 b/ n, rilegato, L. 90.000 STORIA DI .RAVENNA 1 I. L'EVO ANTICO a cura di Giancarlo Susini Grandi libri, pp. 688, con I00 ili. a col. e 230 b/ n, rilegato, L. 130.000 Gian Luigi Maffei LA CASA FIORENTINA NELLA STORIA DELLA CITTÀ DALLE 'ORIGINI ALL'OTTOCENTO pp. 384, con 70 ili. a col. e 250 b/n, rilegato, L. 120.000 ·1CAMPI FLEGREI Un itineranò archeologico a cura di P. Amalfitano, G. Camodeca, M. Medri pp. 360, con 254 ili. a· col. e 60 grafici, rilegato, L. 90.000 IL LEONE DI VENEZIA Studi e ricerchesulla stàtuadi bronzo della Piazzetta a cura di Bianca Maria Scarfì pp. 256, con 300 ill.b/n e a col., rilegato, L. 64.000
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