Linea d'ombra - anno VIII - n. 55 - dicembre 1990

p 11·1 ~ ■ i ;l•I ~i••-_~_-_- ____ · Storie inconsuete La rivoluzione, la morte,. la festa per Michel Vovelle Antonella Tarpino Usando il linguaggio del folclore si potrebbe definire Miche) Vovelle uno storico "alla rovescia" impegnato com'è a cercare la storia, secondo le sue parole, "dove è più improbabile che si. nasconda": nelle immateriali pieghe della mentalità rivoluzionaria, il tempo in fuga dell'89, o nelle anse quasi immobili del comportamento funebre o, ancora, nell'incrocio sconcertante delle durate, lente e insieme effervescenti, attive al di sotto della festa· rivoluzionaria istituita in nome della Dea Ragione. Così, dietro il volto collettivo, pubblico per eccellenza, del cataclisma rivo! uzionario, Vovelle riconosce i segni dirompenti di forti mutamenti, in atto a partire dalla seconda metà del Settecento, nella sfera privata, dei valori e dei sentimenti. Di più, seguitando in queste antinomie solo apparenti, è Vovelle stesso ad ammettere, sulla scia di Picrrc Chaunu, che l'interesse per lo scandalo del macabro e della morte non muove in realtà che dal suo opposto speculare, la "speranza di vita". O, infine, nel.descrivere il fuoco di farandole e di parate, di banchetti. e di giochi che accompagnano gli anni nuovi della rivoluzione,Vovelle si sofferma ancor più sui retaggi antichi, carichi di passato, solo in superficie cancellati dagli spasmi efnmeri della festa, Non stupisce quindi che l'evocato déplacement dell'oggetto d'indagine, secondo.un percorso che procede al più per scarto dall'invisibile al visibile, oltrepassi la soglia·astratta delle opzioni teoriche: induca l'eclettico storico a rintracciare spie oblique, asimme~iche, sottratte all'evidenza dello sguardo, a frugare negli ambiti più reconditi, impudichi sovente, dell'esistenza, per poi, con repentini capovolgimenti, tradurre ciò che egli stesso è tentato più volte di definire "l'ingombrante patetico", il mondo dei sentimenti più forti attinenti alla vitae alla morte, nel rigore gelido dei numeri: finiscono così in cifre i defunti giacenti o inginocchiati nella statuaria dei cimiteri, censiti gli stendardi, gli alberi del maggio, i templi della Ragione, classificati nell'ordine gfi eroi mitici cari ai rivoluzionari: in testa Ettore seguito dagli Orazi, Bruto, Enea e Priamo ... seguono a distanza Alessandro, Romolo e Remo, Mario. Fedele-a quesio impianto, Vovelle assume la rivoluzione del 1789(un libro per tutti: La mentalità rivoluzionaria, Bari, La terza 1987,seguitoai più tradizionali La Francia rivoluzionariaeBreve storia della rivoluzionefrancese, sempre per Laterza) come banco di prova su cui misurare l'operatività delle sue categorie storiografiche: l'evento per antonomasia viene così letto e interpretato alla luce di indicatori che vivono nelle volute di un tempo lentissimo, le strutture: degli affetti, il sentimento della morie, la ritualità festiva, e questi a loro volta si rigenerano di una temporalità nuova al contatto con un precipitato storico spettacolare e.convùlso, la rivoluzione. La sintesi è data dal ritmo sul quale giungono per rapportarsi · le divergenti durate della percezione del sacro, della violenza, dellagiustizia,della virtù o della felicità: in una parola i grandi temi dell'esistenza che per una sorta di magia combinatoria si trasformano nelle indagini di Vovelie in veri e propri test. Decadi ficati a misura di ogni tempo storico, comparati e raffrontati attraverso i r~di codici delle cifre, dei diagrammi e delle tabelle, finiscono per d1svelare quasi naturalmente l'immagine corporea degli scenari del passato. · 32 Per catturare e fissare i tratti fluttuanti dell'immaginario rivoluzionario del 1789, Vovelle predispone un laboratorio storico mobile e ingegnoso: le canzoni, i dipinti, le vignette satiriche, gli oggetti d'uso quotidiano assllfgono a osservatori privilegiati. Preziose· tracce della visione del popolo (popolo/fratello in opposizione a popolo/figlio propria dell'antico regime) sono derivate dall'analisi dei ritornelli in voga tra gli insorti e delle strofe cantate dai controrivoluzionari; è La Carmagnolè a mostrarci il senso degli ideali egualitari e di sovversione dell'ordine sociale ("llfaut raccourcir /es geantsl Et rendre /es petits plus grandsl Tous à la meme ·hauteurl Voilà le vrai bonheur") mentre una suggestiva simbologia della violenza giustiziera si ritrova nelle incisioni dcli' epoca e sui piatti dipinti: la picca, la folgore, la lanterna, alle cui fioche luci vengono spesso impiccati gli aristocratici; o, ancora, le immagini ingenue e feroci dei corpi mutilati proprio dcli' iconografia rivoluzionaria rivelano i segni ancora attivi di un universo rabelaisiano, à la Bachtin, dove la crudeltà si unisce al riso e alla festa. Il corpo grottesco .impiegato per designare l'avversario viene aggredito da tutte le parti: lo si rimpinza fino al vomito o al contrario lo si costringe a svuotarsi. Le pance abnormi dei prel~1tiillustrano gli incontinenti appetiti del clero; mentre è l'animalità dei sovrani a clipingere Luigi XVI nelle forme di un maiale che si voltola nel letame è Maria Antonietta in quelle di una gallina che iRgoia collane e tesori ma non può digerire la rivoluzione. Analogamente, interrogando il tempo all'apparenza immemorabile del la festa, Vovelle prende l'avvio da un enigma il cui senso sembra irrimediabilmente smarrito, quello della vecchia Riquelle che nel 1848 ricordava con nostalgia e rimpianto il "tempo delle mele rosse": erano, precisa in seguito-Vovelle, gli anni del Terrore in cui, ragazzina, Riquelle aveva interpretato la parte della Dea Ragione, seduta sull'altare maggiore e con in capo il berretto della libertà. La f est.asi colora così nelle pagine di La metamorfosi della festa (Il Mulino, Bologna 1986) delle tonalità di una temporalità in divenire: dai riti stagionali della festa antica, ancien régime, con la'sua carica intatta di ritualità magica: i bagni collettivi sul litorale della Provenza a protezione dalle febbri, o la raccolta di erbe nella

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