IL CONTESTO generico, disinvolto. "I detenuti cercavano qualche volta di fuggire?" "Sì, spesso." "E in questo caso, che facevate?" "Gli sparavamo addosso, naturalmente." "Lei ha letto cosa ha scritto Solzenicyn sull'Ozerlag?" "Chi? Stalin?" L'ex tenente diventa ogni tanto duro d'orecchio ... Un po' più tardi racconta però con orgoglio di aver visto Stalin da vicino, durante la guerra, "non più distante di quell'isba laggiù ..." Più sobriamente, i nostri amici Genia e Lionia lo interrogano sulla topografia del capo, fanno degli schizzi. Poi, prima di risalire in jeep, ci si mette tutti insieme a coglier lamponi, more e altre bacche sconosciute sotto i nostri climi ... Un po' più tardi, con meno bonomia e giovialità, "Diadia Vassia'! ci ha portato in un "campo-maternità", come lo chiamava, in cui venivano raccolte le detenute incinte, che ci restavano un anno col loro bambino, prima che questi venisse affidato a dei parenti o messo in un istituto. Anche lì non c'era che taiga, una radura, e delle betulle che ci siamo accaniti a fotografare come per esorcizzare il mutismo di questo non-luogo, di questo campo scomparso come l'Atlantide. "L'entrata era qui", dice l'ex guar- . dia con tono sicuro indicando un quadrato d'erba sul quale l'occhio esercitato di un archeologo distinguerebbe forse le tenui tracce di una civiltà scomparsa. E fu tutto, con qualche solco semicoperto dalla vegetazione, che seguiva pare i sentieri del· campo ... Eppure pochi giorni più tardi, a Taiset, una ex zekdoveva confermarci tutta la descrizione di "Diadia Vassia": è per l' appunto in quel campo che lei ha partorito nel 1949 la prima figlia. E ci hamostrato commossa le foto della bambina quando le venne restituita, già grandicella, al momento della sua liberazione. Quando ci siamo mostrati sorpresi della sua decisione, presa allora, di restare nella regione dopo un decennio di lavori forzati nell'Ozerlag, ha alz~to le spalle e ci ha detto: "Che volete, mio marito - un armeno sovietico che aveva conosciuto nel campo, arrestato nel 1945 a Irkutsk per aver criticato il modo di condurre la guerra da parte dei sovietici dopo l'invasione nazista - era uscito dal campo un anno prima di me. Aveva trovato lavoro a Taiset, e anche una casa, e aveva recuperato la bambina ...". Ha tenuto a mostrarci il certificato di riabilitazione del marito (morto qualche mese fa), e le sue medaglie e decorazioni.Nell'album di famiglia, l'ex zek mostrava un volto energico e severo da cittadino sovietico modello, di quelli di una volta, col suo giaccone carico di medaglie da veterano della "grande guerra patriottica" e da udarnik. È stato in questo modo che un gran numero di ex zek, le radici tagliate dalle bufere congiunte del terrore e della guerra, sono rimasti nella regione dell' Ozerlag di cui erano stati i pionieri involontari e che era diventata loro familiare; e dopo la liberazione hanno così continuato a fare i pionieri, e a far nascere dalla terra città e fabbriche ... L'album fotografico di "Tiotia Lisa", la ex zek, doveva riservarci altre sorprese, e due istantanee hanno messo in crisi le nostre certezze: sulla prima, tre ragazze in abito estivo posavano sedute su un tronco d'albero in una radura, e sorridevano, pacifiche - una banale immagine di vacanze o di domenica in campagna. "Questa sono io", dice "Tiotia Lisa". "Sì, dove?" "Nel campo." "Nel campo???" "Sì, nel campo, nel '53 ..." Un momento cruciale nella nostra inchiesta, lo scontro tra il nostro libresco immaginario del gulag e i dati della rilevazione empirica ... Ci tornarono alla men~ le descrizioni di Salamov sui relitti della Kolyma condannati al diboscamento o ali' estrazione dell 'oro ... E ci avvenne di pensare un po' scioccamente: come approfitterebbe di questa foto uno dei tanti "farisei" sovietici che si trovasse qui nei paraggi!, dimenticando che sono ancora molti in Urss quei riegatori del crimine che, come il colonnello Ignaseev e gli staliriisti francesi degli anni Cinquanta, vedono ancora nei campi l'universo severo ma giusto della "rieducazione col lavo26 lionia, militante di "Memoria!", tra i resti di un cimitero di deportati. ro". Naturalmente l'invasione del nostro spazio mentale da parte di un'immagine così incongrua non pote.va che essere sa1utare, e costituì in effetti un perentorio invito a liberarci della metafisica del gulag, delle sue immagini semplicis~che e d~i suoi "assoluti", per entrare davvero sul ter-. reno dello storico. Il gulag si presenta come un arcipelago di situazioni diverse, anche contrastanti. Lo sa bene chiunque abbia letto attentamente Salamov e la BuberNeumann, Herling e, Siniavski: a Karaganda,durante gli anni terribili, non si moriva in massa di freddo, di fame-edi maltrattamenti come alla Kolyma o nella regione di Vorkuta e il gulag descritto da Siniavski in Buona notte è molto diverso da quello rievocato dalla Ginzburg in La vertigine. Ma paradossalmente la rimozione o la strumentalizzazione della parola dello zek hanno fortemente contribuito alla semplificazione del quadro, alla "de-storicizzazione" del gulag a vantaigio di una allegoria del Male che trova la sua ispirazione nelle narrazioni "estreme" diArcipelago Gulag o della trilogia di Salamov. A Vikhorievka, una cittadina edificata dagli zek lurigo la "traccia", abbiamo incontrato Vladimir Ablamski,un russo originario di Harbin (Manciuria) che, una volta scontati i suoi undici anni di gulag, decise anche lui di fermarsi nella regione. Quando venne liberato apprese che la moglie, credendolo morto, si era risposata, e che la zona di Harbin faceva ormai parte della Cina di Mao. L'amministrazione del campo propose a questo detenuto molto esperto di dirigere una segheria e un suo amico, zek come lui, era pronto a combinargli un matrimonio con sua sorella ... Ablamski dunque rimase, e i suoi racconti sui suoi primi anni di Ozerlag non sono certamente meno orribili di quelli di Salamov: tortura del freddo in inverno e delle zanzare in estate, sadismo dei guardiani che sparano senza intimare l'alt su un detenuto che si allontani dalla zona di lavoro, senza dimenticare la posta regolarmente confiscata, le mutilazioni volontarie, i tentativi di evasione destinati al fallimento ... Pochi anni di tale regime e quest'atleta (era, ci dice con fierezza, "il miglior pattinatore di Harbin" e si guadagnava la vita come istruttore di tennis), colpito da distrofia, diventò fisicamente un rottame che non poteva più farcela a lavorare al diboscamento. Ma tanto q1:1esterievocazioni confortavano la nostra immagine "letteraria" del gulag, tanto Vladimir Ablamski metteva l'accento sulle trasformazioni progressive del regime penitenziario a p3rtire dalla morte di Stalin, o forse anche appena prima: l'enorme numero di matricola cucito sul petto e sulla coscia degli zek viene abolito; possono andare e venire senza scorta nella "zona" cui sono assegnati, e in certe sere di festa sono perfino autorizzati a lasciarla; guadagnano qualche soldo epossono così migliorare le loro condizioni di vita; gli stranieri vengono liberati; nei villaggi e nei borghi si stabiliscono relazioni
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