IL CONTESTO impensabili, ora vengono fatte. E tuttavia non dovremmo commettere l'errore di credere che gli effetti della rete occulta si siano esauriti. Chi governa oggi l'Italia è il diretto erede di quella esperienza. Anzi, governa proprio in quanto diretto erede di quella esperienza. Non vogliamo dire con questo che l'unica legittimazione dçll'attuale gruppo di potere sia quella di aver fermato i movimenti degli anni Settanta autorizzando o coprendo stragi. Indubbiamente esso ha rinnovato la sua legittimità anche con altre risorse, più o meno nobili. Ma la sua partecipazione alla rete occulta ne costituisce una componente essenziale e imprescindibile. La trama di potere che Sofri denùnciava nel 1970 è fondamentalmente ancora lì. Ne abbiamo respirato l'aria il giorno della sentenza del processo Calabresi. La avvertiamo nelle stanze del palazzo ogni volta che si manifesta qualche intoppo o qualche crisi.La vecchia trama riaffiora nei rapporti tra le forze politiche sotto forma di ricatti e di complicità. È il pane quotidiano delle relazioni interne alla Dc. È uno degli assi portanti di quel patto di regime che si è costituito tra Craxi e Andreotti. Da questo punto di vista è stato un capolavoro far firmare· al presidente del consiglio Craxi quel foglio che comunica va vagamente l' esistenza di un servizio parallelo. Così il Psi, che aveva recentemente mostrato qualche velleità autonomistica, è ricacciato- tramite la complicità - in una posizione subalterna. Il patto di regime riprende vigore. I vecchi complottatori, liberati da una "piena confessione", vestono ora i panni delle vittime. Distribuiscono accuse di "brigatismo" a tutti coloro che non si accontentano delle versioni ufficiali: ai giudici veneziani, a Occhetto, ai giornalisti di Samarcanda. Il riferimento all'antica contrapposizione (ormai anacronistica) stato-brigate rosse, non è casuale. La società italiana è ormai lontana arini luce da quelle esperienze. L'assetto del potere no. Esso continua a fondarsi in gran parte sulla cruenta vittoria degli anni Settanta. È lì - in quelle macerie - che dobbiamo ancora frugare se vogliamo capire le logiche di chi ci governa. Note 1) Sitlf,azionepoliticageneralee i nostricompiti, Relazione al convegno nazionale di Lotta continua, Torino, 25 e 26 luglio 1970, in "Comunismo-Materiali di lavoro di Lotta continua", n. 1, autunno 1970, p. 41. 2) Ibidem. 3) Dichiarazione riportata da" La Stampa", 7 novembre 1990. Impegnoe professionalità nel giornalismo. Generazionia confronto:K.S. Karoldall'Urss, LuciaAnnunziatadal Salvador· terpretazione, vuol dire semplicità nell 'esternare i propri sentimenti senza nasconderli dietro una professionale aridità. Nel Salvador, Lucia Annunziata ci presenta un quadro assai più composito e articolato di quello cui eravamo abituati, tanto nel campo del governo e delle squadre della morte che in quello della guerriglia e dei movimenti rivoluzionari, per non par lare della presenza americana, dell'ambasciata, dei berretti verdi, degli analisti della Cia, degli ufficiali della guerra psicologica o di controinsorgenza. In ognuno di questi tre campi (il governo, la rivoluzione, i consiglieri americani) esistono strategie differenti, si fronteggiano e si intrecciano opzioni diverse, che si precisano, rafforzano o indeboliscono nel mentre procede la contrapposizione ai nemici e la ricerca della neutralità o dell 'appoggio degli alleati. L'attenzione·al conflitto, che rimane armato ma sempre più si fa politico e diplomatico, non impedisce di gettare sguardi attenti e partecipi alla vita del popolo salvadoregno, vittima di violenze diverse e non omologabili, reticente 9 imprudente nell'accodarsi all'uno o all'altro dei combattenti. Marcello Flores Ci sono cose che uniscono le generazioni. E cose che le separano. L'impegno le unisce e le separa al tempo stesso, come unisce e separa donne e uomini di una stessa generazione. Mi è venuto naturale pensare all'impegno e al confronto tra generazioni leggendo due libri, usciti contemporaneamente presso lo stesso editore (Feltrinelli), di due "giornalisti" fuori dall'ordinario: Bassa intensità di Lucia Annunziata e Due anni di terremoto politico di Karol S. Karol. L'argomento di questi due agili volumetti, a metà tra il reportage e l'autobiografia, è già sufficiente a incuriosire e a porre il lettore in una situazione di particolare attenzione•. n Salvador e l'Unione Sovietica sono simboli diversi e contrapposti, concretissimi e imbarazzanti, di quella che è stata un'identità di sinistra (comunista?rivoluzionaria?) fino anon molti anni fa sufficientemente organica e forte. Lucia Annunziata racconta la guerra civile salvadoregna e la presenza americana a fianco del governo durante gli anni Ottanta, Karol le vicende della perestrojka nell'ultimo biennio, anche se i continui riferimenti ci offrono un quadro esauriente dell'intero ultimo quinquennio. Nel primo caso, quello che appariva un classicò scontro tra rivoluzione e controrivoluzione si trasforma in un conflitto più moderno, dove tutte le parti in campo cercano di inventarsi una politica più nuova ed efficace. Nel secondo la rivoluzione dall'alto gorbacioviana appare in difficoltà di fronte alla crescente influenza del binomio anarchia/corruzione sia nel mondo politico che nella società civile, su uno sfondo di dilagante penuria. 10 Pur con alle spalle uh' esperienza assai diversa, la passione civile e politica fa tutt'uno, sia in Annunziata che in Karol, con una costante attenzione alla realtà, colta nella sua complessità ma trnsmessaci con sintetica abilità giornalistica. Non è comunque sulle capacità professionali dei due autori che vorrei insistere, ma su come esse amplifichino e diano corpo e robustezza al loro particolare tipo di impegno, un impegno politico che appare alquanto sbiadito in questo decennio ormai terminato. È un impegno, il loro, che si coniuga con una partecipazione umana alle sofferenze e alle iHgiustizie, e che non impedisce giudizi controcorrente e analisi sostanziate di una approfondita conoscenza storica: Se dovessi riassumere con un termine l'impegno di Annunziata e di Karol, utilizzerei senza dubbio quello di ingenuità. Non suggerisco questa categoria perridimensionare in alcun modo la loro capacità di comprensione e giudizio, né per connotare di passatismo un po' sentimentale la passione che questi due giornalisti prolungano dal decennio (o dai decenni, nel caso di Karol) precedente. Ingenuità, in questo caso, vale come contrario di cinismo, che sembr!l essere stato uno dei valori più cari ai giornalisti degli anni Ottanta. Ingenuità vuol dire candore nell'ascoltare e dare credito a chi si intervista e si ùtilizza come fonte privilegiata, vuol dire stupore se la realtà appare diversa dagli stereotipi e dai pregiudizi correnti, vuol dire sincerità nel dar conto delle proprie convinzioni e valori, vuol dire schiettezza nel presentare tutto· ciò che potrebbe mettere in discussione la propria inAntico conoscitore della realtà sovietica, Karol racconta la vita quotidiana della gente attraverso incontri casuali o riallacciate amicizie, e ne fa lo specchio che continuamente riflette gli umori e le scelte del gruppo gorbacioviano, i timori e le resistenze dell'apparato del partito e della burocrazia statale, le forzature tra il lungimirante e il demagogico dei radicali, i paradossi e gli estremismi verbali dell 'intellighenzia. Come in un caleidoscopio che muta continuamente il proprio paesaggio pur mantenendo pressoché immutate le figure e i · colori che ne sono alla base, la storia sovietica degli ultimi anni appare drammaticamente appe~a a quei medesimi tre-quattro problemi di fondo che avevano spinto Gorbaciov ad aprire la crisi per anticiparla e risolverla. Il paradosso apparente di una realtà sociale ed economica che peggiora costantemente e sensibilmente mentre gli spazi di democrazia si allargano e si
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