Linea d'ombra - anno VIII - n. 55 - dicembre 1990

renti ambiguità, anzi, a fare di questa impresa il nostro tratto peculiare. Ogni osservatore appena un po' intelligente o smagato - per talento o per necessità - se ne accorge. Da qualche anno queste figure - sotto le vesti non più di viaggiatori animati da curiosità intellettuali ma di immigrati costretti per motivi di sopravvivenza ad affinare le loro capacità di osservazione e a derivarne strategia di vita - non mancano. E allora in questo discorso i cosiddetti extracomunitari interessano non tanto comè oggetti di razzismo o di solidarietà ma come soggetti, come osservatori, conoscitori, "esperti" dell"Italia e degli italiani. Quello che da questo punto di vista particolare più colpisce e interessa dei due libri recenti scritti da immigrati (Mario Fortunato e Salah Methnani, Immigrato, Theoria; e Pap Khouma- con la collaborazione di Oreste Pivetta-, Io, venditore di elefanti, Garzanti) è proprio questa capacità di. cogliere rapidamente alcuni tratti decisivi del carattere degli italiani. Per ridurre e semplificare le osservazioni e le riflessioni suggerite da ques~ lettura, l'immagine dell'Italia e degli italiani che ne emerge mi sembra presentare almeno due elementi utili per comprendere la cultura, antropologica ma anche politica, del nostro paese. La prima è una imp~parazione reale a convivere con le differenze, quelle vere, radicali, "culturali". Come è noto, e come ripetono spesso i sociologi, siamo un paese monoculturale. Non siamo abituati a convivere con minoranze etniche o religiose consistenti edi solida identità. Abbiamo convissuto, magari male, ma per secoli, con una miriade di piccole differenze e di diversità anche profonde; sono state per lo più divisioni di campanile, ma con una loro polifonica ricchezza, come si è espressa e depositata nei nostri dialetti. Ma proprio perché così diffuse, non hanno mai prodotto diversità radicali. E soprattutto queste piccole differe~ze sono (sono state) talmente fragili eh~ il loro anche parziale superamento ha prodotto, prima e più che l'unificazione reale, l 'omologaz1one degli italiani. Ossia la sparizione della ricchezza delle loro differenze anche in sopravvivenza degli antagonismi ad esse legate. E ha determinato, quell'omologazione, la fine definitiva di ogni necessità e capacità di tollerare e convivere col diverso, col radicalmente diverso, col diverso per pelle e per cultura. Del resto, la storia della grande Differenza Nazionale, quella traNord e Sud, non ha mai prodotto fenomeni di scambio e ascolto reciproco, ma piuttosto quel colonialismo interno che ha afflitto generazioni di non incolpevoli intellettuali meridionali. Soprattutto perché non è stata la storia di una differenza, ma quella di una superiorità comunemente accettata, benché non sempre esplicitamente e con frequenti rigurgiti sciovinisti e autonomisti, a Nord e a Sud. E ormai la storia del mondo, non solo quella del nostro fortunato stivale, sembra confermare che e' è un modello superiore vetso il quale gli altri devono aspirare, tendere, andare (anche fisicamente, se necessario: e l'emigrazione appare dunque anche come adesione). Questa monocultura si esprime pienamente ne~ carattere totale ossia uniformemente diffuso, vigente, potente, d1 istituzioni quasi tipicamente italiane, come la famiglia e il cattolicesimo (il nostro cattolicesimo, mediato e reinventato dalla cultura e dal potere democristiani). Questa monocultura è il fenomeno di fondo che determina la situazione denunciata di Luigi Manconi nel libro I razzismi possibili (scritto con Laura Balbo ed edito da Feltrinelli): "la società italiana ha incontrato il fenomeno dell'immigrazione exll'acomunitaria in una situazione, alla lettera, di sprovvedutezza, ovvero di assoluta impreparazione" e quindi il cittadino italiano "privo di modelli culturali utilizzabili ... si è misurato con la questione elaborando una propria rappresentazione". Tra disiv O I li A l,(A,\J\ StAMOR.Azi.1s··n, BA~Bo '? Disegno di Altan (Ouipos). IL CONTESTO MACCI-li! i\.JOISFRù11"1AMo CHlùNQU~ Il, BRACCIA APER.1~. abitudine alla.convivenza con la dìversità ed esaltazione della nuova, indiscussa superiorità dei nostri modelli e stili di vita, gli italiani hanno riempito il vuoto mettendo in campo quell'adattamento ai tempi, quella rinfrescatura del loro carattere nazionale. Urisultato è l'amalgama che abbiamo sotto gli occhi: chiusura culturale e sentimentalismo assistenziale, perbenismo piccoloborghese e pi~tismo cattolico - e straccione: non welf~~ ma beneficenza. E del resto in quello stesso volume la descnz10ne che nel suo utilissimo "Vocabolario", Laura Balbo fa dell '"Italia mo~oculturale e biancocentrica" mette in evidenza il punto decisivo: "Siamo dentro un sistema che definisce e privilegia un modello relativamente omogeneo, un tipo 'medio' di italiano (cittadino, lavoratore, cattolico, scolarizzato; bianco) e che tuttora funziona nel senso di ridurre quanto più possibile gli spostamenti di questo tipo medio". Immaginarsi, allora, lo scontro con questa cultura a una dimensione di Salah M~thnani oPa~ ~ouma o mille altri: non cittadini, strani lavoraton, non cattolici, scolarizzati altrove; e irrimediabilmente non bianchi ... Quello che resta da sottolineare è che proprio la recente affermazione dei valori costitutivi di quella monocultura sembra renderla più oppressiva e intollerante (forse perché ~i~ in_sic~, direbbe lo psicologo delle masse). E anzi, tra gh itaham, Il fenomeno razzista si presenta più minaccioso nelle zone dove la conquista di quei valori e quello status "medio" è più vicina nel tempo, più sofferta e dunque più apprezzata - co_me?elle periferie urbane -, oppure dove valori e status sono ~issu~ con tale partecipazione da essere considerati fonte esclusiva di una solida, condivisa, vantata, "invidiata" identità - come nelle valli, e paesi, le città delle varie Leghe nordiste. . La monocultura è qu~sto. È l'incapacità di capire, a~che nel gesto di solidarietà, che si dovrebbe evitare di dar~.? dei ~u~ul~ mani un panino con la mortadella, come accade ai vend1ton di l'ki",1111i" nel libro di Pap Khou·ma. . Il secondo elemento, la seconoa scoperta che Salah M~~~i e Pap Khouma fanno su di noi, è che siamo un paese senza dm~~• dove anche i diritti più elementari e quelli ~'apparenza s~bili, sono in realtà aleatori, mutevoli, incerti. Net due racconb, u~a miriade di episodi conferma questa situazione. E_del resto P~P~? sulla discrezionalità di tutti i diritti - a parure da quelh pi~ elementari: si può stare in Italia? si può vendere per strada?- si fondano le più O meno raffinate e avventurose strategie che 7

RkJQdWJsaXNoZXIy MTExMDY2NQ==