IL CONTESTO no, inquietano, suscitano diffidenza e timore. A differenza 4i quasi tutti i paesi occidentali l'Italia si misura con la nuova immigrazione, la più "diversa" fra tutte, dall'interno di questo modello monoculturale (chiamato anche whitecentrism, biancocentrismo ), con possibili esiti di rifiuto e di conflitto. Di qui, l'ipotesi di Balbo e Manconi dei "razzismi possibili" oggi ancora latenti e potenziali per lo più, non sempre classificabili agevolmente, neppure sul versante politico. Più "imprenditori politici" infatti sipropongono di gestire i timori del biancocentrismo, dalla Leghe, più grezzamente ed esplicitamente, alle destre, allo stesso Pri di la Malfa. L'utilità di questo libro consiste proprio nel suo essere una tempestiva e accurata guida nell'Italia controversa di oggi, nel suo rapporto con coloro che ripercorrono, qui, le odissee. altrove (o anche qui, dal sud al nord) già vissute da molti italiani prima del benessere attuale. L'avviso a non gridare al lupo troppo facilmente non nasconde tuttavia i timori per quanto può accadere, per quel che di intollerante già è successo e succede. Pap Khouma,senegalese di Dakar, ha raccontato con l'aiuto di Oreste Pivetta il suo viaggio in quest'Italia in un libro di grande efficacia e di misurata e penetrante sobrietà, lo, venditore di elefanti (Garzanti). "Vengo dal Senegal. Ho fatto ii venditore e vi racconterò che cosa mi è successo". Ne succedono di tutti i colori a Pap Khouma e ai molti compagni che incontra sµlle strade d'Italia (con alcune puntate francesi, parigine). "Come ci si sente da clandestini?" si chiede subito il venditore che ha vissuto la sua -vicendaprima della legge di sanatoria e regolarizzazione: "Male", si r'isponde. "Oltretutto si entra in concorrenza con chi sta male quanto noi. Un immigrato deve subire, tacere e subire, perché non ha diritti. Deve reprimere dentro di sé ogni reazione, svuotarsi di Dal libia di LollaGolderer e Vito Scifo Stranieri a Milano, Mazzotta. ogni personalità, _subire con la consapevolezza che questa è l'unica possibilità". Attenendosi a questa avvertenza il senegalese, come altri di altri paesi, percorre l'Italia, si inventa mestieri, case, ripari. Incontra il razzismo, la diffidenza, incontra anche solidarietà, ne trova ovunque: nei bàr, nelle case, tra le forze dell'ordine a volte. Così come ovunque trova ostilità, anche' fra i suoi stessi compagni di ventura. Le storie sembrano ripetersi sempre uguali, come i rischi: il fermo, 1'arresto, il foglio di via, il sequestro della merce, la rissa fra concorrenti, e il freddo, la solitudine e la disperazione che spinge a vendersi o nella rete di spaccio della droga. Storie che ritroviamo anche in un libro uscito contemporaneamente e che narra ugualmente a quattro mani la vicenda di un immigrato tunisino, Immigrato (Theoria) di Mario Fortunato e Salah Methnani. Pap Khouma, con l'aiuto di Pivetta, spiega benissimo cosa lo spinge a lasciare il suo paese, a tornarvi e a lasciarlo ancora: non solo la povertà, ma anche il fatto che si tratta di "un Paese che ha perso la voglia di sognare". Lui ha sogni che qui chiamer~mmo, in qualche modo, "comunistici" e che solo i s3;zi e ipocriti moralisti ben pasciuti dell'occidente possono irridere - così come gli ipercomunisti nostrani con telecomando e carta bancomat rimproverano ai cittadini dell'est i loro desideri di "bei vestiti e belle scarpe" e "le luci e i cinema" (che sono i sogni di Pap in Senegal). Anche Salah Methani si chiede: "Sto partendo come un emigrante nordafricano o come un qualsiasi ragazzo che vuole. · conoscere il mondo?". Partire è comunque doloroso. Ancor più lo è mantenersi e resistere nel viaggio: "È un mestiere difficile, per gente che ha costanza e una grai:iforza d'animo, perché bisogna usare _legambe e insistere, insistere anche se tutte le porte ti vengono sbattute in faccia"; dice Pap Khouma. E Salah dice di aver temuto sopra ogni cosa di cedere al "grande vuoto dentro di
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