RACCONTI-ITALIAN.I ANDIAMO A SPASSO? Maria.Viarengo aTeru Ero Abbebù. Figlia di Noritù Faissà e dell'unico uomo bianco che viveva a Ghidami. Un italiano, Oreste Viarengo. Diventai Maria Viarengo. Ero diversa dai bambini che nascevano a Ghidami. Ero due ... Lo sarò sempre? Mamma era morbida; l'aria tiepida come il suo corpo. Mi portava stretta sulla schiena, correva giocando nell'ampio spazio davanti a casa. Abbandonavo il mio corpo sulla sua schiena, nella corsa le mie gambe vibravano mollemente. Ridevo a squarciagola. Lei mi diceva "Ridi come una piccola iena". Di notte sentivo le worobèssa intorno alla nostra casa, erano loro che ridevano come me. Per spaventarmi, quando ero mitmittà, lei mi diceva "Stai brava altrimenti arrivano le iene". Avevo vent'anni. Era il 1969, il giorno dopo la festa del Maskal il 28 settembre partivo dall' aereoporto di Asmara. Venivo definitivamente in ~~ . Nel 1964 e nel 1966 papà ci aveva portate in Italia. Scorrazzammo per quattro mesi. Roma, Firenze, Torino, Asti, Mongardino, Venezia, Alassio. L'Italia era terra di vacanze. Mia sorella e io non riuscivamo a capire come era questa società, coglievamo il sapore di vivere momenti che ad Asmara sognavamo. L'Italia, allora, era la nostra America. Durante la nostra prima volta a Roma, ci sorpres~ il rapporto tra le persone di pelle bianca e le attività che svolgevano. A Fiumicino i facchini avevano la pelle bianca, nelle toilette i garzoni erano bianchì, in albergo le signore delle pulizie, i camerieri, i lustrascarpe, gli spazzini avevano la pelle bianca. Che sgomento! Ad Asmara ogni signora bianca aveva almeno due letté nere (donne di servizio). Sul treno che ci portava a Torino, scrutavo questi nuovi italiani, mai visti sotto questa veste prima di allora. Asmara per la maggior parte degli italiani era un'isola felice, avevano tutti una attività che rendeva bene. Mia sorella e io vivevamo ad Asmara per motivi di studio. finite le scuole, Torino doveva diventare la nostra nuova casa. Mi accorsi ben presto, ma faticosamente, che vivere in Italia era molto diverso che fare ]a turista da un albergo all'altro con i soldi di papà. Papà ci acquistò un alloggio_dove mia sorella e io ci sistemammo. · ATorino a poco a poco traducevo il significato di parole e frasi che mi avevano accompagnata per tutta la vita. Scoprivo il piemontese parlato. Papà, quando ero in pericolo, da bambina, mi diceva, "Attensiun ca d roche" oppure quando lo facevo disperare diceva "Fa nen la fola" o "Tses propi un bastian contrari", e quando con la manina attaccata al fondo largo dei suoi pantaloni gli chiedevo "Come si chiama quella stella piccina piccina che sta sempre attaccata alla luna?" lui mi rispondeva "Qual_aas ciama Bun Ben Ansù", per trent'anni ho pensato che questo fosse 11 vero nome di _quellastella. . "Dui puvruun bagnà nt l'oli" è il battesimo della lingua per chi viene a vivere aTorino. Sento spesso chiedere "vairi a custa?", nella mente mi rimbalza la frase scritta sull'arcata di un ponte situato sulla strada che porta a Massaua "Ca custa !on ca custa viva l'Aosta" sorridendo a denti stretti, pggi traduco il significato di quella frase. Sembra che agli altri piaccia il diverso e nello stesso tempo faccia paura. 74 Si vuole la mia diversità, il mio nome così banalmente piemontese delude, "pensavo che tu avessi un nome più esotico", in molti casi l'essere figlia di un astigiano fa quasi salire l'indice di gradimento nei miei confronti. · La lingua è il mezzo che mi lega molto a:Hacittà "Oh, ..madam in, ma clùla a lu capis il piemunteis, e lu parla co. Chila, a le mei che i nustri napuli" Ma oggi a Torino i "Napuli" si sono integrati, a subire tocca al "marocchino" e se prima era "tetrun" tutto ciò che era da Torino in giù ora è marocchino tutto ciò che è da biap.co in giù. · Non ha importanza la tua storia, chi sei, se sei colorato tu sei diverso. Imiei lunghi dialoghi con imiei amici africani si assomigliano molto. Mi ha raccontato Mambo che lo hanno fer.matodavanti a una vetrina solo per sentire come lui si esprimeva in italiano. Mi ha raccontato Ghidei che l'hanno fermata solo per chiederle di poter toccare i suoi capelli crespi e sentire se erano duri o morbidi. Mi ha raccontato ldris che lui potrebbe avere dieci, venti, quaranta, sessanta anni, molti negozianti gli danno tranquillamente e immancabilmente del "Tu". Io, dalle persone di colore vengo descritta come un individuo con la carnagione clùara, capelli castani e occhi marroni; dalle persone prive di colore, come una moretta dai capelli crespi e due oèchi neri. Mi sono sentita definire, hanfez, klls, meticcia, mulatta, caffelatte, haf-cast, ciuculatin, colored, armusch. Ho imparato l'arte di sembrare, sembravo, sempre chi volevano gli altri. . Sono stata indiana, araba, latino-americana, siciliana. Uno solo dei cassetti della scrivania delle mie figlie può essere llltilizzato per mettere dentro tutto ciò che vogliono, ci sono topolini, figurine,·babacetti, manifesti di tutti gli attuali personaggi del mondo cinematografico e della canzone. Dalla mente salta fuori il mio cassetto dei giochi a Karthoum. Abbondava di "fitigrifie" - immagini dei santi. Le più ricorrenti rappresentavano un uomo dal volto sereno, gli occhi azzurri e i capelli biondi. - Quando sono,grande lo sposo - Chi ti sposi? - Questo signore con gli occhi blu grandi, grandi Gli adulti si divertivano a farmi ripetere questa mia convinzione, e più loro ridevano più la mia convinzione si rafforzava. Mi dicevano che quel signore si chiamava Gesù, frugavo tra le mie "fitigrifie", quel nome apparteneva anche a un bambino che stava in braccio a una signora che aveva tanti nomi, Maria, Beata, Vergine, Assunta, era lui da piccolo, ~ . Nella villetta dove abitavo a Karthoum dagli zii, con noi viveva Boj, aiutava nelle faccende domestiche, ma soprattutto si occupava di noi bambini quando la zia usciva, Ero la più piccola e spesso rimanevo a casa con Boj . - Guarda questo è lui, ti piace? • - È lui che vuoi. sposare? - Sì - Non lo puoi fare - Perché non ti piace? - La:h,la:h!Questo è Allah dei cattolici, non lo puoi sposare Boj diceva spesso "Allah Akbar" e pregava accovacciato sulle ginocchia.
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