Linea d'ombra - anno VIII - n. 54 - novembre 1990

SAGGI/PAZ Borges: "Il tempo è la sostanza di cui sono fatto. Il tempo è un fiume che mi trascina ma io sono questo fiume, è un fuoco che mi consuma, ma sono io il fuoco." gusti sono coincisi con il suo genio, né le sue preferenze con la sua vera natura. Borges non somiglia a Dante, a Whitman, a Verlaine, ma a Gracian, a Coleridge, a Valéry, a Chesterton. No, mi sto sbagliando: Borges somiglia soprattutto a Borges. Egli ha praticato le forme tradizionali ed è stato appena appena tentato, meno che nella giovinezza, dai cambiamenti e dalle violenti innovazioni del nostro secolo. I suoi saggi sono stati davvero dei saggi; non ha mai confuso questo genere, come è ormai il caso, con il trattato, la dissertazione o la tesi. Nelle sue . poesie ha dominato ali' origine il verso sciolto; in seguito, le forme e i metri fissi. Come poeta ultraista fu alquanto timido, soprattutto se si paragonano le poesie un po' lineari dei suoi primi libri con le costruzioni audaci e complesse di Huidobro e di altri poeti europei del periodo. Non ha modificato la musica del verso spagnolo né sconvolto la sintassi: né Gongora né Dario. Non ha neanche scoperto qualche sottosuolo o supercielo poetico, come alcuni dei subi contemporanei. E tuttavia i suoi versi sono unici, imparagonabili: poteva scriverli lui solo. I suoi versi migliori non sono parole scolpite: sono lampi o ombre improvvise, i doni di un potere sconosciuto, vere illuminazioni. I suoi racconti sono insoliti per la felicità della fantasia, non per la forma. Scrivendo le sue opere d'immaginazione, Borges non si era sentito attratto dalle avventure e dalle vertigini verbali di un Joyce, di un Céline o di un Faulkner. Quasi sempre lucido, non si e mai lasciato trascinare dal vento passionale di un Lawrence, che talvolta alza turbini e altre libera il cielo da ogni nube. A uguale distanza dalla frase serpentina di Proust e dallo stile telegrafico di Hemingway, la sua prosa mi sorprende per il suo equilibrio: né troppo laconica, né prolissa, né languida, né spezzata:Virtù e limite: con questa prosa si può scrivere un · racconto, non un romanzo; si può disegnare una situazione, lanciare un epigramma, afferrare l'ombra di un istante, ma non raccontare una battaglia, ricreare una passione, penetrare in un'anima. La sua originalità, in prosa come in poesia, non risiede nella novità delle idee e delle forme, ma nel suo stile, lega seducente del più semplice con il più complesso, nelle sue ammirevoli invenzioni, nella sua visione. Visione unica, non tanto per ciò che vede, quanto per il collegamento a partire dal quale egli vede il mondo e vede se stesso. Un punto di vista piuttosto che una visione. Il suo amore per le idee fu smodato e più assoluti l'hanno affascinato anche se ha finito col non credere in nessuno di essi. Come scrittore, al contrario, ha sentito una diffidenza molto istintiva nei confronti degli estremi e non ha quasi mai rinunciato al senso della misura. Certo le dismisure e le enormità lo hanno abbagliato, come le mitologie e cosmologie indiane o nordiche, ma la sua idea di perfezione letteraria rimane quella di una forma chiara e iimitata,con un inizio e una fine. Ha pensato che leeternità e gli infiniti potevano venir contenuti in una pagina. Parlava frequentemente di Virgilio e mai di Orazio; e tuttavia egli non somiglia al primo ma al secondo: non ha mai scritto né tentato di scrivere un poema· e si è sempre mantenuto nei limiti della convenienza oraziana. Non voglio dire che Borges abbia aderito alla poetica di Orazio ma che il suo gusto lo portava verso forme misurate. Nella sua poesia come nella sua prosa, non c'è nulla di ciclopico. Fedele a questa estetica, egli ha seguito senza esitare il consiglio di Poe: una poesia moderna non deve superare le cinquanta righe. Curiosa modernità: quasi tutte le grandi poesie moderne sono poesie lunghe. Le opere caratteristiche del ventesimo secolo - penso per esempio a Eliot e a Pound - sono abitate da un'ambizione: quella di essere le divine commedie e i paradisi perduti della nostra epoca. La convinzione che presiede a queste poesie è la seguente: la poesia è una visione \otaie del mondo o del dramma dell'uomo nel tempo. Storia e religione. Ho già detto prima che l'originalità di Borges si collocava nella scoperta di un punto di vista; è la ragione per la quale certe delle sue migliori poesie adottano la forma di commenti a proposito dei nostri classici: Omero, Dante, Cervantes. Il punto di vista di Borges è un'arma infallibile: egli sconvolge tutti i punti di vista tradizionali e ci costringe a vedere in un altro modo le cose che noi vediamo o i ·libri che noi leggiamo. Certe delle sue storie sembrano racconti delle Mille e una notte scritti da un lettore di Kipling e di Chuang Tzu; certe delle sue poesie fanno pensare a un poetadell'Anto/ogia palatina che sia stato amico di Schopenhauer e di Lugones. Egli ha praticato quei generi che vengono detti minori - racconti, poesie brevi, sonetti - e, cosa ammirevole, è riuscito con essi in ciò che altri si erano ripromessi per la strada del poema e del ro~anzo. La perfezione non ha formato. Borges ha saputo, molto spesso, raggiungerla inserendo l'insolito nel prevedibile, per al- . leanza della forma data e di un punto di vista che, seguendo le apparenze, ne scopre di altre. Nei suoi racconti e nelle sue poesie Borges ha interrogato il mondo, ma il suo modo di dubitare fu creativo e ha suscitato l'apparizione di altri mondi, di altre realtà. Attraverso le variazioni prodigiose e le ripetizioni ossessive, Borges ha esplorato instancabilmente questo unico tema: l'uomo perduto nel labirinto di un tempo fatto di cambiamenti che sono altrettante ripetizioni, l'uomo che si abolisce contemplandosi nello specchio dell'eternità senza volto, l'uomo che ha trovato l'immortalità e vinto la morte, ma non il tempo né la vecchiaia. Nei saggi, questo tema finisce per risolversi in paradossi e in antinomie; nelle poesie e nei racconti, in costruzioni verbali che hanno l'eleganza di un teorema e la grazia di esseri viventi. La discordia tra il metafisico e lo scettico è irrimediabile, ma con essa il poeta ha costruito trasparenti edifici di parole intrecciate: il tempo e i suoi riflessi danzano sullo specchio della coscienza stupefatta. Opere di una rara perfezione, oggetti verbali e mentali costruiti in accordo con una geometria contemporaneamente rigorosa e fantastica, razionale e capricciosa, solida e cristallina. Ciò che ci dicono tutte queste variazioni su tema unico è anche qualcosa di unico: le opere dell'uomo e l'uomo stesso non sono che le configurazioni di un tempo che svanisce. Borges l'ha scritto con una impressionante lucidità: "Il tempo è la sostanza di cui io sono fatto. li tempo è un fi urne che mi trascina ma io sono questo fiume, è un fuoco che mi consuma ma io sono il fuoco." La missione della poesia è di portare alla luce ciò che si nasconde nelle pieghe del tempo. Era necessario che un grande poeta ci ricordasse che noi siamo, tutto insieme, l'arciere, la freccia e il bersaglio. Copyright Octavio Paz 1986. 69

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