SAGGI/Pll detrattori. Nulla di più estraneo a Borges della casuistica ideologica dei nostri contemporanei. Ma tutto questo fu accidentale. Altri argomenti lo tormentavano: il tempo e l'eternità, l'identità e la molteplicità, l'uno e l'altro. Era innamorato delle idee. Un amore contraddittorio, roso dalla pluralità: dietro le idee, non ha potuto ritrovare l'Idea (che si chiami Dio, Vuoto, o Principio primo), ma soltanto una nuova pluralità ancora più abissale, quella di se stesso. È partito alla ricerca dcli' Idea e ha trovato la realtà di un Borges che si disaggregava in apparizioni successive. Borges è sempre stato l'altro Borgcs sdoppiato in un altro, e via all'infinito. Al suo interno si sono affrontati il metafisico e lo scettico; in apparenza ha vinto lo scettico,,ma lo scetticismo non gli ha dato la pace, non ha fatto che moltìplicare i fantasmi metafisici. Lo specchiò fu il suo emblema abominevole: lo specchio è la confutazione della metafisica e la condanna dello scettico. I suoi saggi sono memorabili più che per la loro originalità per la loro diversità e la loro scrittura. Humor, sobrietà, finezza e, all'improvviso, una fiammata improvvisa. Nessuno aveva scritto in questo modo in lingua spagnola. Reyes, suo modello, era più corretto e fluido nella lingua, meno preciso e meno sorprendente. ·Diceva di meno con più parole. Il grande risultato di Borges è stato di dire iIpiù con il meno. Non sto affatto esagerando: egli non fissa la frase, come Gracian, con l'ago dell'ingegno, né trasforma il paragrafo in un giardino_ simmetrico. Borges ha onorato due divinità contrarie: la semplicità e la stranezza. Le ha fatte congiungere di frequente, e il risultato è indimenticabile: il naturale insolito, lo strano famigliare. Questo risultato, che forse non si ripeterà mai più, gli dà un posto unico nella storia della letteratura del XX secolo. Ancora giovanissimo, in una poesia dedicata a Buenos Aires, la città molteplice e cangiante dei suoi incubi, così definiva il suo stile: "Il mio verso è d'interrogazione e di prova, pèr obbedire a ciò che è appena intravisto." La definizione si adatta ugualmente alla prosa. L'opera di Borges è un sistema di vasi comunicanti; questi saggi formano fiumi navigabili che sfociano naturalmente sulle poesie e sui racconti. Non nascondo le mie preferenze per questi ultimi. I saggi mi servono non a capire l'universo né a capire me stesso, ma a meglio afferrar~ le sue sorprendenti invenzioni. Benché i motivi delle sue poesie e dei suoi racconti siano molto diversi, il loro tema è unico. Ma prima di parlare di questo, è importante correggere un errore: sono molti coloro che si rifiutano di considerare Borges come un vero scrittore ispano-americano. Lo stesso rimprovero fu rivolto al primo Darfo - e nientedimeno chedaJosé EnriqueRodo. La ripetizione di questo pregiudizio non ne diminuisce la perversità: lo scrittore appartiene a una terra e a un sangue, ma la sua opera non può venir ridotta alla nazione, alla r~za o alla classe. Si può rinviare il biasimo su chi fa questo tipo di oss~rvazione e dire che l'opera di Borges, per la sua trasparente perfe~ione e la sua impeccabile architettura, è il vivo rimprovero alla dispersione, alla violenza e al disordine del continente latinoamericano. Gli europei si sono stupiti dell'universalità di Borges senza prendere in considerazione che questo tipo di cosmopolitismo non era e non poteva essere il punto di vista di un latino68 americano. L'eccentricità propria ali' America Latina consiste nell'essere un-'eccentricitàeuropcll; vogliodirechequesta è un'altra maniera di essere occidentale. Una maniera non europea. All 'interno e al difuori, allo stesso tempo, della tradizione europea, il latino-americano può percepire l'Occidente come una totalità, e non come la visicfne, fatalmente provinciale, di un francese, di un tedesco, di un inglese o di un italiano. È quanto ha saputo vedere meglio di chiunque altro un messicano, Jorge Cuesta; quanto ha saputo realizzare, meglio di chiunque altro, un argentino, Jorge Lufs Borges. Il vero argomento da discutere non dovrebbe essere l'assenza di americanità in Borges, ma il fatto di accettare una volta per tutte che la sua opera esprime un'universalità implicita in America Latina sin dalle sue origini. Borges non è stato nazionalista, eppure chi altri che un argentino avrebbe potuto scrivere buona parte delle sue poesie e dei suoi racconti? Ha subìto, anche Iui, l'attrazione di un'America violenta e oscura. L'ha provata nelle sue manifestazioni menoeroichce più mediocri: la rissa di bassifondi, il coltello del gradasso cupo e arrogante. Strano dualismo: Berkeley e Juan lberra, Jacinto Chiolano e Duns Scoto. La legge della pesantezza spirituale presiede anche all'opera di Borges: il macho latino-americano di fronte al poeta metafisico Macedonia Femandez. La contraddizione che attraversa le sue speculazioni intellettuali e le sue finzioni - disputa tra metafisica e scetticismo - risorge con violenza nel campo dell'affettività. La sua ammirazione per il coltello e la spada, per il guerriero e il magnaccia, è forse il riflesso di una propensione innata. È quantomeno un tratto che ritroviamo qua e là neUe sue storie. E si trattò, probabilmente, di una risposta vitale \ e istintiva al suo scetticismo e alla sua educata tolleranza. Borges non ha voltato le spalle al suo tempo e ha fatto prova di coraggio di fronte alle circostanze del suo paese e del mondo. Ma era, innanzitutto, uno scrittore, e la tradizione letteraria non gli sembrava meno viva e meno presente dell'attualità. La sua curiosità procedeva, nel tempo, dai contemporanei agli antichi, e, nello spazio, dal vicino al più lontano, dalla poesia dei gauchos alle saghe scandinave. Frequentò e assimilò molto presto con sovrana libertà gli altri classicismi scoperti dalla modernità: quelli dcli 'Estremo Oriente e dell'India, gli Arabi e i Persiani. Ma una simile diversità di letture e una simile pluralità di influenze non lo trasformarono affatto in uno scrittore babelico: non è stato né confuso né prolisso, bensì luminoso e conciso. L'immaginazione è la facoltà che associa, che lancia passerelle tra un oggetto e l'altro; poiché essa è la scienza delle corrispondenze. Questa facoltà Borges l'ha avuta al suo livello più alto, unita a un'altra non meno preziosa: l'intelligenza di fermarsi all'essenziale e di tagliar via tutte le fogliazioni parassitarie. La sua scienza non fu quella dello storico, del filosofo o del critico; fu una scienza di scrittore, una scienza attiva che conserva ciò che le è utile e respinge il resto. Le sue ammirazioni e i suoi odi letterari erano profondi e ragionati come quelli di un teologo, veementi come quelli di un innamorato. Non è stato né imparziale né giusto; e non poteva esserlo: la sua critica era l'altro braccio, l'altra ala della sua fantasia creativa. È stato un buon giudice di se stesso? Ne dubito: non sempre i suoi
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