Linea d'ombra - anno VIII - n. 54 - novembre 1990

L'ARCIERE, LA FRECCIA E IL BERSAGLIO Un ritratto di Borges Octavio Paz traduzione di ~averio Esposito Octavio Paz in una foto di Giovanni Giovannetti. Anche quello di Octavio Paz, come accadde per Borges, rischiava di essere un Nobel sempre annunciato e mai conferito. Sarebbe stata una conferma di molte cose: che l'Accademia del nord ragionapiù in termini politici che letterari, e questo nel bene e nel male (male per la letteratura, bene, c'è da augurarselo, almeno per la politica), che l'Accademia deve rispettare le esigenze della propria "cerchia" internazionale o che intende il proprio lavoro non come la sanzione ufficiale di risultati indiscutibili, ma come avanguardia della ricerca che, per parte sua, è immancabilmente sempre aliena e lontana, in campo letterario almeno, dall'ufficialità delle istituzioni, e così via. Forse per un c~so, invece, il Nobel di quest'anno a Octavio Paz è un premio gzusto (preciso, voglio dire, esatto: l'autore merita il premio e il premio merita l'autore). L'intellettuale Octavio Paz è un personaggio estremamente complesso, che ha preso parte o è stato testimone di alcuni degli avvenimenti politici (Guerra di Spagna) e culturali (Surrealismo) più importanti, in questo secolo, dell'occidente, che ha ricoperto cariche ufficiali (missioni diplomatiche in India e in Oriente) e si è esposto in attività pubbliche (trasmissioni televisive, direzione del mensile di cultura e analisi politica "Vuelta") in nome del proprio paese. Il percorso della sua attività lo porta ora a essere considerato in Messico un uomo di centro destra, definizione forzata e che, inoltre, per il lettore europeo dovrebbe essere tradotta con un'impossibile formula ossimorica: Octavio Paz è un democratico aristòcratico.Comunque, egli è una personalità che, ben oltre i confini nazionali, è rappresentativa, senza estremi alla Gabriel Garda Marquez, ma neppure alla Mario Vargas Uosa, di tutto il lungo travaglio di autocoscienza dell'America Latina nel Novecento. Octavio Paz scrittore è ben di più di tutto questo, cosa per nulla scontata, dovendo lo "scrittore" tener testa a un "intellettuale" così prepotentemente sulla scena. In saggi e poesie, Octavio Paz, in modo analogo, è •riuscitoa trasformare il cosmopolitismo-aurea condanna e, alternativamente, angusto limite teoretico - in visione universale in via d'accesso totale alle cose del mondo e degli uomini. Ali;no dai vezzi dell'erudizione e della filologia, ma in grado di esercitare una rara padronanza su un vasto arco di conoscenze e di culture, Octavio Paz propende per una visione sintetica dei problemi che, apartire dalla singola occasione concreta ( un libro, una poesia, un viaggio, un volto, ecc.), cerca sempre di riportare alla loro dimensione più generale e storica. Diffidente della fotografia e della microscopia, Paz, come ogni grande ritrattista, pone nel proprio quadro senz'altro l' oggetto su cui sifissa la sua attenzione, ma vi mette pure sempre in questione le metamorfosi del proprio punto di vista, la sua connotazione storica epersino iparticolari della propria vicenda individuale. Il quadro, così concepito, non importa tanto per ciò che, comunque sempre con grande ricchezza, rappresenta, ma per l'esperienza storicamente individuata che del rappresentato vi si racconta. Le occasioni, insomma, fanno brillare (come si dice delle mine) la scrittura e il pensiero di Paz che attraverso di esse reinventano ogni volta il loro metodo. forge Luis Borges e Octavio Paz si incontrano sulla soglia del Nobel; entrambi gli uomini lo desiderano, con eleganza ma inevitabilmente: il maestro difinzioni, che non lo otterrà mai, trasforma questa assenza in una silhouette in più della propria metafisica immaginaria; il corsaro delle culture userà forse un giorno questo segno in più nella propria esperienza per raccontarci un movimen,to (una piega?) della nostra storia. (Ernesto Franco)

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