Linea d'ombra - anno VIII - n. 54 - novembre 1990

STORIE/CRACE richieste di cibo. Ma non c'erano parole - disse - in questa lingua o in qualsiasi altra, adatte a quello che adesso pretendeva il babbo. Sedici donne e una dozzina circa di feti erano morti ne\ parto. I loro corpi giacevano in un rifugio sotto le foglie umide. Ben presto, a meno che non venissero sepolti o bruciati, la loro carne si sarebbe putrefatta, fornendo un nido per le mosche del bottino o cibo per le termiti. 'Dì loro che voglio una femmina adulta', disse il babbo. 'E un infante e un maschio in età di procreare, se è possibile. Pagherò. Sei capace di spiegare I 'urgenza, che la carne marcisce, che io sono uno scienziato, un uomo saggio?'. Il cacciatqre fece del suo.meglio ed escogitò una frase. Non poteva tradurre' Scienziato', ma sapeva la parola per dire Stregone. 'Corpo' divenne Carne. 'Quest'uomo, grande stregone,' .disse, indicando il babbo che se ne stava eretto con in faccia un sorriso di circostanza e i suoi mediocri genitali ben nascosti nei pantaloni da lavoro. 'Date allo stregone la carne di una donna, di un uomo, di un bambino. Carne morta da quella casa, svelti, svelti'. Indicò il rifugio dove erano state messe le vittime del parto. Quei pochi Uomini che riuscirono a capire le parole del cacciatore scossero la testa, non per l'offesa, ma per lo sconcerto. L'uomo-strizza-testicoli è anche un mangiatore-di-uomini, dissero ai loro compagni. La notizia sembrò causare più ilari ' che ira. 'Cosa dicono?', chiese il babbo. 'Pensano che tu sia un cannibale', disse il cacciatore. 'Vuoi dei cadaveri, cos'altro potresti- essere?'. · "Allora facemmo in fretta i bagagli", disse la mamma. "Il Professore temeva che ci fossimo trattenuti più del necessario, che il popolo insorgesse contro di noi." Ma lui e il cacciatore stavano cospirando. Un cadavere che non si può comprare, fu il loro ragionamento, si può rubare. Si sarebbero accampati a una cauta distanza dal villaggio per tornarci di notte con un asino e delle corde. Tre corpi, era chiaramente troppo ambizioso, ma il corpo di una delle madri avrebbe fornito i dati necessari ... e forse, sotto quelle foglie umide, non se ne sarebbe avvertita la mancanza. "Non volevano ferire i miei sentimenti", disse la mamma. "Il Professore mi comunicò che avrebbero passato la notte a cercare di prendere in trappola le falene aruspicine che da quelle parti abbondavano. Lui e il cacciatore - l'abbiamo mai saputo il suo nome? - se ne andarono al crepuscolo con un asino e un fucile e, questa è una mia supposizione, aggirarono il nostro accampamento finché ripresero il sentiero che portava al villaggio. Come ~te_vo indovinare il loro vero disegno? Dormivo, felice di essermi liberata degli strilli dei bambini e delle attenzioni del Professor~ che, anche dopo il ridimensionamento della sua erezione, ogm notte dormiva contro la mia schiena come se fossi un . cusci_netto.Eravamo accampati al margine degli alberi e c'erano pochi _suonioltre agli schiocchi della cavezza dcli 'asino e un gufo ~as•onale. E sognavo anche. Qualcosa di dolce, di domestico e uon~, con mia sorella e nostra madre riportate dal mondo dei ~ortJ, con tutte noi che mangiamo e io che canto e quella casa di · egno~n. le sue fresche tende svolazzanti." se ~ro•• • 1 SO)itoc~ch~: un ramo secco che si spezza tra gli alberi, ~i~ silenzio d1 un respiro trattenuto. Avrebbe potuto 1 un gufo, appollaiatosi sbadatamente su del legno marcio, o di un calice di campanula che si spaccava e inondava d'acqua il suo seme. Ma svegliò mia madre di botto come un colpo di fucile. Per quel che poteva vedere nell'oscurità, con la luna dietro gli alberi e gli occhi ancora sorpresi nel sonno, l'a<;ino, l'equipaggiamento, le scatole degli esemplari, le razioni essiccate, erano ancora dove le aveva la<;ciateil babbo. Pensò a un ladro o a un villico che stesse liberando l'asino tagliando la cavezza. O a un cane selvatico in cerca di cibo. Sembrava più sicuro abbandonare la tenda e acquattarsi vicino all'asino. Percorse i pochi metri a piedi nudi, portandosi dietro una ciotola di ferro per picchiarla su una pietra se c'erano animali da spaventare. Poi una timida colomba prese il volo quando una vocetta si rivolse a lei dal buio e una figura uscì dagli alberi verso l'accampamento, sempre parlando: 'Viper-biper-parb ...'. 'Chìè?' ,chiese la mamma. Ma lo sapeva già. Era la ragazzina, Pupetta. Il diario del babbo passa sotto silenzio gli avvenimenti di quella sera, ma queste sono le possibilità. Quando lui e il cacciatore erano arrivati al villaggio, forse i morti erano già stati sepolti. Avevano trovato il luogo dello scavo recente ma, siccome il loro equipaggiamento consisteva solo di un pezzo di corda, una lanterna e una rete per falene, cosa potevano fare? O forse, il popolo della foresta lo stava aspettando. Avevano previsto che il babbo sarebbe tornato. E lo avevano cacciato via. O il babbo si era spaventato. A metà strada, in mezzò agli alberi, trasalendo per un ramo spezzato, mentre, forse, Pupetta passava accanto a loro nel buio, lui eilcacciatoreavevanoperso il gusto di trafugar cadaveri. Oppure avevano raggiunto il rifugio dei m0rti e rimuovendo le . foglie avevano trovato tanfo e rancidume. Le termiti e le mosche del bottino erano già al lavoro. Ma quando il babbo tornò, senza l'ombra di una falena amspicina, la sua irritazione lasciò presto il posto a una allegria cui la mamma non poteva credere né capire. Lei e Pupetta sedevano ali' ombra con le gambe incrociate, come i sarti, mentre il babbo e il cacciatore inventavano il loro racconto di disgrazie, di falene che scappavano dalla rete, di occasioni frustrate da un sottobosco troppo fitto per il lepidotterologo notturno. 'E perché lei è qui?', chiese il babbo indicando la ragazza. In risposta Pupetta stessa fece un gesto in direzione della pianura che portava a Etar. 'Mi ha seguita', disse la mamma. 'Vuole venire con noi. Pensa che lì fuori ci sia il paradiso. Vuole un vestito come il mio. Ma è assolutamente impossibile. La devi riportare indietro.' Il babbo non era d'accordo: non poteva tornare indietro, disse. Non era il benvenuto. 'Allora cosa vuoi fare?', chiese -la mamma. 'Lasciarla qui? È poco più di una bambina. Cosa avrà, dodici, .tredici anni?'. 'Può venire con noi', disse il babbo, 'avrai bisogno di un aiuto in casa. Hai detto che lei ti piace. Secondo la mamma c'era poca diff~renza dal rapimento di bambini, dallo schiavismo. Ma il babbo era determinato. Se fossero partiti, la ragazzina li avrebbe seguiti, disse. Era come una pupattola di pezza - sì, il nomignolo le si addiceva - che avesse trovato un focolare. Voleva venire. Era quasi un'adulta, a presciridere dai suoi seni minuscoli e dai fianchi stretti. Era un individuo libero. E questa era l'occasione per farqualcosadellasua vita. Bisognava lasciarla venire. E farle sentire che era la benvenuta.

RkJQdWJsaXNoZXIy MTExMDY2NQ==