STORIE/CRACI tumescenza di lui richiedeva l'attenzione di leL "No, non come animali", diceva lui. "L'esatto contrario degli animali, con le loro stagioni, le loro fregole, i loro 'calori', schiavi della chimica. No, è questo che ci distingue dagli animali: là capacità di godere dei nostri corpi quando ci prende il capriccio, sempre disposti al piacere. In qualsiasi luogò, in qualsiasi momento. Adesso, per ~m~~ . "All'ottava settimana ci inoltrammo nella foresta che la popolazione aveva diboscato per coltivare", raccontava la mamma. "Gli abitanti, di giorno, erano tutti nudi (la notte faceva freddo), e il Professore rimase incantato dalla loro innocenza. Prendeva appunti, naturalmente, come se gli abitano del villaggio fossero pipistrelli o scarafaggi, e restò colpito dalla mancanza di giochi o sollecitazioni sessuali. 'Sono impudichi come bambini', annotò nel registro. Ma tutte le nostre osservazioni apparvero irrilevanti non appena gli abitanti si abituarono alla nostra presenza e le loro donne si sentirono libere di badare ai loro affari. Come si può vedere dalla foto, a parte le bambine e le vecchie, erano tutte incinte. li che forse· non era sorprendente in una società in cui c'erano poche li~itazioni alla fertilità. Ma guardate bene le donne. Ecco la stranezza che tanto impegnò il Professore: sono tutte ali' ottavo mese avanzato, sul punto, perciò, di generare prole quasi all'unisono." Questa osservazione mise in moto la mente del babbo. Una nascita all'unisono significava concepimento all'unisono, la fecondazione· delle donne fertili del vìllaggio in un periodo concentrato di accoppiamento comunitario, se non pubblico. Quale poteva essere lo scopo di un simile congresso? E i meccanismi di controllo erano sociali o biologici? "Il Professore, a mie spese, considerò l'argomento assolutamente stimolante", si lamentava la mamma. "Ma lì c'era una lezione anche per me. Decisi che nel momento in cui saremmo tornati in città mi sarei · presa carico delle nostre vite coniµgali. Avremmo economizzato." Adesso ascoltate il seguito. Un cacciatore di pelli della valle, ingaggiato da mio padre per trasportare esemplari e provviste da e a Etar, dichiarò di capire un po' di 'forestese', una lingua così labial-esplosiva che i linguisti l'avevano denominata vabapvabap. Sentirla parlare in una conversazione accesa era come sentire uno stormo di colombe alzarsi in volo. Il cacciatore di pelli già quattro anni prima aveva cacciato fra quegli stessi alberi ed era stato testimone di - o meglio aveva partecipato a - un periodo di rapporto sessuale di gruppo della piccola comunità della foresta nella quale adesso alloggiavano i miei genitori. 'Ci se li immagina semplici e freddi', diceva il cacciatore raccontando i suoi molti tentativi precedenti di trovare o comprare una compagna fra le indigene. 'Fare all'amore, non sembra interessarli. Ma quando viene il loro momento, sembrano cani in calore.' "Non rac~onterò le scene che descriveva né farò commenti sull'opport~ms'!1~del_ca~ciatore di pelli. Ad ogni modo, riferì che dopo tre g!om1 I ecc1taz1one sessuale·cessò tanto rapidamente e, inspiega• bd'!1en~. c~m 'era c~minciata. 'E le donne con cui,ti sei accoppiato? , chiese ti babbo. Posso chiedere quante donne ... tu, persona!- .mente, ... in quei tre giorni?'. La sua risposta è segnata nel registro del babbo e sottolineata con grande rilievo: 'Quattordici!'. 54 "L'interesse del Professore per le più piccole specie non classificate di cui abbondava la foresta, scemò", disse la mamma. "Pospose il nostro 'ritorno a casa di altre sei settimane. Aveva deciso di assistere di persona alla nascita di gruppo. lo venni affidata senza tante storie alle cure di una ragazza che i!_ Profes- . sore soprannominò Pupetta, perché sapeva pronunciare la parola. Era troppo giovane, forse, di un mese o due, poverina, per essere gravida. Era molto contenta di raccogliere e di cucinare il cibo per noi e, soprattutto, di mettersi i vestiti che le prestavo. Non potevo mica farla venire nuda a tavola. Le insegnai a giocare a ripiglino e a campana. Forse era stupido, ma lei era un tal tesoro ~ un cosino ossuto e goffo - e io mi annoiavo a morte. Non avevo niente da fare e anche se il Professore e il cacciatore se ne stavano _ a chiacchierare e sghignazzare fino a tarda notte io venivo esclusa, tranne che da Pupetta. · Nel frattempo, e con l'aiuto del vabap-vabap del cacciatore, il babbo era indaffarato a sorvegliare le gravidanze e a tenere un diario. 'Si parte dalla nozione di sincronia mestruale,' scriveva. 'È confermata anche fra le donne delle famiglie più civilizzate di tutto il mondo. I cicli mensili delle donne in stretta e regolare prossimità fisica si armonizzano e corrispondono. Corrono in parallelo.L'ovulazione è simultanea.L'eziologia di tale fenomeno non è dimostrata, sebbene fattori olfattivi e ghiandolari siano i più probabili. La natura non è né prodiga né gratuita. Il meccanismo della sincronia riproduttiva è latente nell'umanità. Dobbiamo considerarla un'evidenza che tale meccanismo fosse un tempo pienamente attivo con la stessa sicurezza con cui presupponiamo un 'antica coda implicita nel nostro coccige vestigiale o una pelle interamente coperta di peli altrettanto ancestrali di quei pochi ciuffi strategici che ancora ci rimangono. Ogni sincronia di accoppiamento, gravidanza e parto, fra la popolazione della foresta, una comunità altrimenti libera dal libertinaggio o da più ba<;sepassioni, suggerisce una pratica troppo coercitiva e precisa per reggere un'interpretazione antropologica di usi o tabù. Si tratta di ima specie, tagliata fuori dall'umanità per secoli e secoli, . le cui caratteristiche riproduttive sono talmente diverse dalle nostre, quanto quelle del gibbone da quelle dello scimpanzé. Ci troviamo dunque in presenza di un parto umano di massa altrettanto breve e ordinato nella durata di quello osservato dai pastori fra le loro pecore? Che si tratti del modello naturale, primitivo, della riproduzione urriana da cui si è evoluta la nostra stessa intrigante sessualità e che si pensava perduto nei giardini di quello che i cristiani chiamano Eden?'. "Fu un'esperienza massacrante," raccontava la mamma, "Come c'era da aspettarsi, gli uomini facevano un baccano tremendo, per il mal di schiena e le nausee e i ventri gonfi di prole inesrstente. Le donne, naturalmente, stavano zitte e non si vedevano." ricordi della mamma erano amari e, forse, anche distorti. Descriveva un villaggio in fermento per la fine della gestazione. E poi una mattina gli uomini andarono nella foresta a mimare la nascita con pietre dipinte o con bambole intagliate nel legno. E nelle capanne del villaggio si cominciarono a udire i primi striduli vagiti. "Era un coro orfano di gabbiani umani", diceva la mamma, "il tumulto, più che il mistero della .nascita. Il Professore, con calibro, macchina fotografica e taccuino, in quel frangente, natu-
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