SUL CALORE Jim Crace traduzione di Luisa Saraval Una volta all'anno, nel giorno più lungo, conj'alta marea, i grane hi tigre vengono a terra per accoppiarsi .Arrivano a migliaia, docili e determinati come pellegrini. Oggi il solstizio è una festa nazionale e la costa pullula anche di gente; di gente che ispeziona i ciottoli rigati e sempre in movimento sulla spiaggia e che preleva i granchi più grassottelli per mangiarseli. Ma quando eravamo giovani noi, la spiaggia era libera e vu0ta. Aiutavamo nostro padre a preparare la sua vecchia macchina fotografica a lastre, raccoglievamo campioni di sperma, misuravamo carapaci e chele, segnavamo i gusci degli ·esemplari coh l'inchiostro indelebile. Tutte le volte che gli allevatori di alghe o i pescatori si fermavano a guardarci il babbo ci presentava come le sue "giovani assistenti". Il suo libro venne pubblicato nel 1928, dopodiché, smettemmo di venirci alla spiaggia del solstizio: era troppo preso dall'Istituto e dai suoi viaggi all'estero. Ma nella prefazione ci menzionò per ringraziarci dell "'instancabile lavoro sul campo" e la nuova edizione contiene una fotografia della famiglia, scattata nel 1926. Le mie due sorelle minori, cicciotte e allegre, sventolano i granchi davanti alla macchina fotografica. La mamma, coperta dalla tesia ai piedi da un bandok, che allora era di moda, è seduta a gambe incrociate al centro del telo per il pranzo, un libro in grembo e lo sguardo carico di profonda irritazione. Il babbo, i capelli al vento, gli occhi socchiusi, indica la macchina fotografica e grida, al pescatore ingaggiato per l'occasione, le istruzioni su come mettere a fuoco e cosa schiac-' ciare. lo sono a fianco del babbo: una dodicenne ossuta e goffa, con un vestito logoro e spermatico. Davanti e oltre noi, impietriti dall'istantanea in bianco e nero, i granchi tigre. Uca felix li chiamava il babbo. Granchi fortunati: liberi dalla tirannide del corteggiamento e della concupiscenza. "Qual è il meccanismo che costringe l' Ucafelix ad accoppiarsi en masse in quest'unico giorno?", si chiede il babbo nella prefazione 13Lavitasegretadel granchiotigre. "Qual è la chimica della sua regolarità procreativa?". Il libro non fornisce risposte. Il richiamo per il grande pubblico si trova nei capitoli finali, in cui il babbo paragona il rigido comportamento con cui si riproduce il granchio ali' irregolare libe~tinaggio del genere um~no. La natura è sempre regolata, diceva. La sua teoria..:_ e il suo rammarico - era che la vita sessuale dell'Homo sapiens funzionasse in uno stato di disordine, 'fuori della natura'. Il babbo morì nel 1940. La mamma, con gesto ironico ma anche rispettoso, lo seppellì in una bara zavorrata proprio sopra il segno dell'alta marea e piantò un arbusto salmastro per indicare il luogo. L'Istituto mise una lapide di pietra in rilievo con l'iscrizione · PROFESSOR T.D. ZoEA 1879-1940 SCRITTORE E SCIENZIATO NATURALISTA Nel retro della nuova edizione c'è anche la fotografia della lapide. Una terza fotografia non fu inclusa, malgrado la sua prominenza combattiva nello studio del babbo. Come l'amava lui e come la temevamo noi, quella fotografia. Portava la data del 1912. Lui e la mamma sembravano cacciatori di belve feroci, costretti in posa dalla lunga esposizione della lastra fotografica nell'oscurità · degli alberi. É intorno a loro, sfocate dall'impazienza e la giocosità, un gruppo di donne . della foresta, le braccia reticoFotodi MartinGoddard. late da cicatrici, i ventri bulbosi, un'ilarità che bombarda l'aria arcigna dei miei genitori. ''Tutte incinte e in ghingheri", era il titolo dato da mio padre alla fotografia. Ma la mamma- e anche noi tre figlie- trovàvamo che quel ridanciano armento di donne, con quei petti e quei ventri lucidati che affollavano l'immagine, fosse opprimente. "Quella fu scattata durante la spedizione", spiegava la mamma in quelle settimane in cui la malattia l'aveva resa imprudente. "Il Professore e io ci eravamo appena sposati. A quell'epoca mi piaceva quanto basta per viaggiare con lui. Per otto settimane, dal termine della ferrovia di Etar, ci spostammo su degli asini. Lui classificava le specie e io le riportavo per lui nel registro giallo. Scrivevo "due asini" in cima all'elenco di ogni giorno, e poi i nomi che lui mi diceva a voce alta ogni volta che nel.sottobosco si muoveva qualcosa. Era come se non fossimo marito e moglìe, ma ancora insegnante e studentessa infatuata ... tranne che il Professore voleva accoppiarsi continuamente, coi pretesti più disparati. Non appena smontavamo dagli asini, per riposare o per mangiare, il Professore diventava premuroso in quel modo pressante e mozzafiato che tanto lo trasformava e lo sminuiva." Ricavammo da lei un ritratto del babbo, teso e assorbito dalla presenza della mamma, come se il suo autocontrollo fosse stato scosso dai sobbalzi dell'asino. Di notte, nel loro accampamento, alla fiamma della lucerna acchiappafalene e con i lembi della tenda che battevano il tempo, andava cli nuovo in cerca di lei, sussurrandole: "Lascia che ti scaldi" o "Che bella che sei sotto questa luce" o "Tienimelo" .. Al massimo delle sue moine, le diceva: "Stanotte sono stanco. Prendilo in mano e.strofinamelo, così mi addormento". Quando era audacissimo, lasciava la tenda per un momento; ritornava come se fosse un estraneo 9ualunque, le ficcava dei soldi in mano e diceva: "Fa la sgualdrina per me. Tirati su la camicia da notte." Qualche volta c'erano anche lacrime di vergogna. Ma contro di es~ l'unico ri~~io ~ra un altro accoppiamento. ":"'desso. c~e siamo s~~at1, le ~•ce~~• "possiamo fare l'amore m qualsiasi mo~ent~. Come ammali , diceva lei con l'intenzione di prenderlo m giro, ma, anche, forse, di indurl; ad astenersi e a calmarsi un po', quando di nuovo la 53
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